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Soleil, la 2CV mai nata

Il progetto stava nel cassetto della scrivania di Serge Gevin da 25 anni perché il presidente non amava il giallo, ma ora la Soleil esiste, è bellissima ed è destinata a splendere a lungo

“Se Van Gogh l’avesse vista l’avrebbe dipinta sicuramente in un campo di girasoli”. A dirlo è Serge Gevin, pittore e designer francese che ha legato il suo nome e i suoi colori ad alcune delle più fortunate serie speciali realizzate da Citroën nella sua storia quasi centenaria. “Quando guardo un’auto mi sembra di guardare una tela e la 2CV era la tela perfetta sulla quale stendere i miei colori”.Colori che per 30 anni, dal 1960 al 1990, hanno rappresentato la creatività e la gioia di vivere cui si ispirava Citroën, dando vita a modelli che hanno contribuito in modo fondamentale al successo delle 2CV nel mondo, su tutti la Spot e la Charleston. La prima andò esaurita nell’arco di pochi giorni, mentre la seconda, declinata in tre versioni cromatiche, fu ininterrottamente prodotta per dieci anni, dal 1980 al 1990.2CV Spot_1E a 25 anni da quando l’ultima “Deuche”, proprio una Charleston disegnata da Gevin, ha lasciato la catena di montaggio di Mangualde, in Portogallo, Citroën ha deciso di rendere omaggio al geniale artista prestato all’auto, realizzando quel progetto che da sempre giaceva in uno dei cassetti della sua scrivania. Si chiamava “Soleil” ma, per un gioco del destino, la luce non la vide mai. Il motivo? L’allora presidente di Citroën non sopportava il giallo che Gevin aveva invece deciso essere il segno distintivo della sua creazione.”Non ne potevo più di macchine blu, beige, nere, tutte uguali e tristi – dice Gevin. La mia auto doveva essere bianca e gialla. La scocca bianca, i parafanghi gialli come il cofano posteriore e la capote. I paraurti devono essere bianchi, così le scocche dei fari (rotondi, mi raccomando), bianchi anche i cerchi delle ruote. Sul bagagliaio il disegno di un salvagente e sulle portiere un cappello da marinaio e una pipa. Guardandola si doveva pensare al cielo, al mare, al sole e alla gioia di vivere”.Ad avere l’idea è stata Citroën Italia e a portare in vita la 2CV mai nata è stato  Guido Wilhelm, forse il più rinomato restauratore di Deuche sulla Terra. Questo connubio tutto milanese – l’Atelier 2CV di Wilhelm è a Bareggio -, chiude il cerchio di una storia con un forte sottofondo meneghino, che risale ai primi vagiti del marchio. A Milano, infatti, nell’anno in cui dalla linea di montaggio uscì la prima autovettura, si apriva una concessionaria. Era il 1919 e quattro anni più tardi Monsieur Citroën venne ad acquistare dall’amico Nicola Romeo (si, quello dell’Alfa Romeo…) un terreno per tirar su una fabbrica e costruirvi le sue automobili per l’Italia: in via Ulpio Traiano, ora Gattamelata, nel 1925 cominciò la produzione.Si era già sotto il regime fascista e il forte protezionismo aveva convinto i francesi a produrre in Italia piuttosto che continuare a importare. I motori arrivavano dalla Francia ma tutto il resto era realizzato qui, in gran parte nell’hinterland milanese. Si giunse così fino al 1933, dopodiché la sede italiana fu staccata da quella francese e, nel 1941, sequestrata come bene appartenente al nemico.A conflitto terminato, Citroën riprese l’attività commerciale e aprì a Milano una “outillage”, ossia un’attrezzeria nella quale produceva le attrezzature per le fabbriche in Francia e formava i tecnici specializzati che le avrebbero poi usate.Passarono dieci anni e arrivò la DS19. Il suo successo fu enorme, Citroën tornò alla sua vocazione commerciale e tirò dritto fino agli anni ’70; fu allora che una nota pubblicitaria milanese, Titti Fabiani, con lo slogan “Dyane, auto in jeans”, creò il fenomeno Dyane; in un anno le vendite decuplicarono e l’Italia superò persino la Francia!La Deuche si prese però la rivincita e nel ’76, grazie alla cura Gevin, tornò a far innamorare i ragazzi, in modo particolare i più fighetti: la Charleston divenne auto di culto, simbolo di libertà e indipendenza. Il resto è storia recente, con la parola fine scritta nel 1990.2CV Charleston_2La 2CV Soleil è figlia del restauro di un “relitto” del 1982 (l’anno esatto in cui nacquero nella testa del pittore francese l’idea e il progetto), durato solo due mesi invece degli otto che ci vogliono di solito per completare un lavoro di questo genere.Guido Wilhelm, che viaggia in 2CV da quando era ragazzo e conosce il modello nei minimi dettagli, non solo ha riportato l’auto all’antico splendore, riuscendo a recuperare circa il 50% delle sue parti, ma l’ha allestita in ogni particolare seguendo le indicazioni di Serge Gevin. Dapprima lo è andato a trovare nel suo atelier parigino, per conoscerlo meglio e capire a fondo la filosofia che ha ispirato il suo progetto, guardando e discutendo insieme i disegni di 25 anni prima. Poi, tornato nel suo di atelier, ha cominciato il taglia e cuci sull’auto, ridotta a un ammasso di lamiere arrugginite montate su un telaio anch’esso con evidenti problemi di corrosione. Il lavoro è stato eseguito seguendo i metodi utilizzati all’epoca, come la saldatura a punti, rigorosamente a vista, e la verniciatura con smalto a brillantezza diretta. I colori sono anch’essi originali, Bianco Meije e Giallo Mimosa, così come l’idea della tappezzeria che doveva rivestire i sedili, realizzata con stoffa blu da giacca da marinaio e cucita con filo giallo. I disegni sulle portiere e sul cofano posteriore sono stati eseguiti da Gevin e riprodotti fedelmente.

 

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