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Chaz, un ragazzo educato

Con una doppietta ad Aragon Chaz Davies ha mostrato a tutti il suo talento. Ma dietro alla cattiveria agonistica si nasconde un ragazzo dalla gentilezza davvero d’altri tempi. Conosciamolo meglio

Spagna, tracciato di Aragon. È domenica sera, sono circa le nove e mezza e la sala stampa si sta svuotando. Giornalisti e fotografi sono “in carena” sui propri computer per finire al più presto il lavoro: le temibili “dead line” imposte da giornali e siti si stanno avvicinando. Poi a un certo punto sbuca lui. Chaz Davies. Il due volte vincitore del round spagnolo della Superbike. Ha un mazzo di fiori in mano. Saluta tutti i superstiti della sala stampa e lo consegna a Britta, l'addetta stampa del team ufficiale BMW. «Chaz» gli dico io «da quando frequento il Mondiale Superbike non ho mai visto un pilota fare doppietta e la sera salire in sala stampa». Lui sorride. E dice: «Pensa che non mi volevano nemmeno far salire, perché sul pass non ho la M di Media». Chaz Davies è così. Un ragazzo normale. Educato. Non è certo una superstar.

Persino un fenomeno di cordialità come Troy Bayliss ha sempre bazzicato poco la sala stampa dei circuiti. Perché il rischio di dover rilasciare qualche intervista è troppo elevato. Ci si butta nella tana dei leoni. E dopotutto, la domenica sera, quello che dovevi fare lo hai già fatto. Pensi solo alla prossima gara… e a tornare a casa. Pensieri che non ha mai Chaz Davies, gallese di 26 anni. Una delle scoperte più belle delle derivate dalla serie. Sotto certi aspetti ricorda un po' James Toseland, col suo essere tanto garbato nel paddock quanto un osso duro in pista. Davies è uno di quei piloti ai quali fai fatica a non affezionarti. Perché ha una parola per tutti. Anche solo un saluto.

È arrivato da lontano. Dopo una lunga gavetta nel Motomondiale, tra 125 e 250, è riuscito a correre tre Gran Premi in MotoGP, con la Ducati. E nel primo al quale ha preso parte, quello di Laguna Seca del 2007, in molti si erano accorti di lui. Solo che, evidentemente, non era abbastanza per il mondo dei Gran Premi. Perché nel 2008 è stato costretto a ripartire da zero, dal campionato americano. Poi, grazie ad un giovane imprenditore lombardo, molto appassionato di moto, è approdato alle derivate dalla serie. Giuliano Rovelli, che ora guida il team ufficiale MV Agusta nel Mondiale Supersport, aveva visto lungo. Dopo due stagioni a “far gavetta” con la Triumph, Rovelli lo ha messo in sella alla Yamaha R6 ufficiale che fu di Cal Crutchlow. E Davies non ha sbagliato, vincendo il titolo iridato della 600. Era il 2011. Nella storia mai nessun campione della Supersport ha vinto un titolo anche in Superbike. Ci hanno provato Pitt, Vermeulen, Muggeridge, Sofuoglu e Foret, giusto per citarne alcuni.

Lui invece ha tutte le carte in regola per riuscirci. E, soprattutto, adesso ha squadra e moto che glielo possono permettere. Al suo fianco, oltre a tutti i “ragazzi”gestiti da Serafino Foti (gli stessi con cui Stefano Cordara ha corso la gara del CIV), ha uno dei capi tecnici storici delle derivate dalla serie: Alberto Colombo, detto “il Moro”. Uno che ha lavorato con piloti del calibro di Troy Bayliss e Carl Fogarty. Come pilota la dote principale di Chaz è che quando riesce a fare un tempo in pista, poi è in grado di replicarlo a ogni passaggio. Ossia il suo miglior crono è anche quello “di passo”. Mentre il suo difetto, come dice lui, è che ha bisogno di tempo per imparare.

È un pilota che deve fare piccoli passi, uno alla volta, dormirci su la notte per assimilarli e poi ripartire da dove ha lasciato. Infatti nei test invernali prendeva oltre un secondo dal suo compagno di squadra Marco Melandri. Poi, test dopo test, ha iniziato a prendere sempre più confidenza con la S1000RR del team GoldBet. E in Spagna è arrivata la doppietta. La prima della sua carriera, che vale anche la terza vittoria da quando corre in Superbike. Perché Chaz ha debuttato lo scorso anno con un'Aprilia, salendo quattro volte sul podio e vincendo una gara al Nurburgring. «I test a Jerez prima di venire ad Aragon mi sono serviti tanto» aveva detto il gallese il venerdì prima della gara spagnola. «In due giorni avrò fatto un click alle sospensioni. Ho solo girato e preso confidenza con la moto». D'altra parte, in inverno, il meteo è stato davvero poco clemente. Lui ha lasciato la Spagna al secondo posto del Mondiale e, indipendentemente da come andranno le prossime gare, sa di non avere sulle spalle il peso di dover vincere per forza. Per questo motivo potrebbe essere davvero un pretendente al titolo. Un pilota da tenere d'occhio. E anche se la pressione dovesse salire, lui sa bene come reggerla. D'altra parte un Mondiale lo ha già vinto. E ci è riuscito quando se lo giocava con uno dei pretendenti al titolo nel box. Guardacaso proprio come sta accedendo ora.

Giulio Fabbri è inviato di Motosprint al Mondiale Superbike. Pochi come lui riescono a entrare nei meandri e nei segreti del campionato delle derivate di serie. Giulio è pilota e motociclista ancor prima che giornalista ed è riuscito a instaurare un rapporto speciale con chi lavora al Mondiale. A RED racconta storie di piloti, ma soprattutto di uomini. 

 

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