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TEN, anche RED tra i ferragli

Partenza alla “Le Mans” e poi dieci lunghissime ore tra la polvere: una vera e propria gara di durata…. E di simpatia, con altri 139 motorini

Non c’era il fango della Uinter Edition (leggi qui il nostro resoconto) ma aveva comunque le sue belle insidie il campetto da cross che ha ospitato l’insolita gara di endurance tra motorini, con al via, naturalmente, anche un equipaggio targato RED. E pure noi avevamo il nostro Piaggio Sì…truccato ovviamente, dalle mani sapienti del benevolo Max Motors, che prima di montare il 65 cc Pinasco e le gomme artigliate VeeRabber, aveva penato non poco per ripulire il serbatoio dalla miscela marcia di qualche liceo fa.  

Nella squadra RED anche una debuttante, Chiara, che ci racconta com’è andata…

La premessa. Mi sono auto-candidata a far parte del team di RED con entusiasmo: trovato originale l'idea di una competizione goliardica tra appassionati, geniale il nome ed esilaranti racconti e foto delle edizioni precedenti. 

Domenica mattina, però, ho dovuto constatare la mia completa impreparazione. Il luogo, trasformatosi in una sorta di free camping o accampamento pre-concerto, invaso da camper, tende, gazebo e postazioni grill, vedeva sfrecciare una miriade di motorini di ogni colore; molti mi sembravano, da perfetta profana, dei mezzi da motocross. Così quando mi hanno presentato il nostro fido “ronzino”, il mio occhio inesperto l'ha catalogato sbrigativamente come un Sì originale. Invece, come mi hanno spiegato i compagni di avventura, è stato preparato e infatti la nostra categoria è TRUCCATI. 

Avvisto il circuito e la mia volontà vacilla: le previsioni erano rosee ma distanti dalla realtà. Anche il circuito mi sembra aver a che fare con il concetto del motocross: saliscendi, curve, paraboliche e tanta sabbia! Nel frattempo noto che il serbatoio del nostro Sì sgocciola, e non mi sembra un segnale incoraggiante. I compagni improvvisano un rattoppo con un ritaglio di camera d'aria fissato con nastro adesivo. “Si viaggerà leggeri e si faranno pochi giri” è il commento serafico di due; “Prenderemo fuoco” è il pronostico del quarto uomo. Mi sento una totale sprovveduta e non capendo a chi dare retta, tento la mossa della ritirata… Ma purtroppo la mia partecipazione non è in discussione. Dopo il turno del Sormani e del Banano tocca a me. I compagni decidono di bardarmi con ogni protezione immaginabile, il risultato? Antiestetico ma sicuro!

Mi disegno l'immancabile baffo, indosso casco e mascherina sudaticci di chi mi ha preceduta. Sono in pista: vorrei tenermi sulla destra per non fare da tappo ai compagni/avversari, ma il mio spirito di sopravvivenza mi fa procedere zigzagando sulla traiettoria che mi sembra più facile. Vado piano ma riesco a non cadere, in discesa freno senza inchiodarmi, ogni tanto entro in qualche nuvola di polvere e grido al vento in cerca di conforto, benché gli altri riders non condividano la mia preoccupazione, “non si vede nulla!” e riesco miracolosamente a proseguire. Spesso mi tocca smontare e spingere, ma sono in buona compagnia, anche se ho molti problemi con la ripartenza. Il mio punto preferito è l'ultima curva, dove riesco a stare sulla parabolica e c'è un tifo esagerato, soprattutto per noi partecipanti femminili. Tre giri completi e tre mezzi giri: contributo decisamente troppo modesto il mio, anche se alla fine abbiamo portato a casa un ottimo 27° posto assoluto!

Ma, cronaca a parte, ecco dieci motivi per cui è valsa la pena partecipare alla TEN:

1 Monferraglia style Il mondo è bello perché è vario. Così come nella migliore tradizione monferraglina, estremamente diversificate, se non addirittura agli antipodi, le interpretazioni della Monferraglia, delle strategie, dello spirito e, non meno importante, del look con cui affrontarla! Sombrero e kimono le mise più eccentriche che ho avvistato, per il resto i partecipanti si polarizzano in due versioni: gli easy in maglietta, jeans e scarpe da tennis e i safeties con protezioni integrali. Mio malgrado sono finita nella seconda categoria ma simpatizzo per la prima!

2 Paolo, Antonio, e il “Califfo”

 

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