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Le auto che non sono mai nate

I fiori mai sbocciati dell’automobilismo mondialeNo, loro non ce l’hanno fatta. Non sono riuscite ad arrivare in produzione, perse nei meandri delle logiche commerciali, del marketing, degli eventi globali o, semplicemente, dell’indecisione dei costruttori. Sono quelle centinaia di concept car – o prototipi che dir si voglia – realizzati in piccolissimi numeri, quando non come esemplari unici, e mai convertiti in modelli di serie. Auto spesso avveniristiche, rivoluzionarie, ardite sia nelle linee sia nei contenuti tecnici, ma destinate comunque all’oblio senza aver mai avuto una chance. In un oceano di prodotti non sempre razionali o indovinati, con il senno di poi è possibile individuare alcune perle che avrebbero meritato maggiore fortuna. Sono i fiori mai sbocciati dell’automobilismo mondiale e appartengono a ogni epoca. Anche ora che state leggendo questo articolo, da qualche parte, in un garage polveroso o in un ufficio pettinato, vengono decise le sorti di un’auto; magari quella che voi avreste sempre sognato. E che forse non esisterà mai. Abarth MonotipoRealizzata nel 1998 dall’atelier Stola, era basata sulla Fiat Barchetta, fatta eccezione per il motore di nobili origini. Si trattava infatti del 4 cilindri 2.0 turbo benzina della Lancia Delta Integrale, portato a ben 330 cv. Complici il cambio manuale a 5 rapporti e il peso di 900 kg, scattava da 0 a 100 km/h in meno di 5 secondi, mentre i freni erano addirittura di derivazione Ferrari F50. La carrozzeria, interamente in fibre composite, richiamava alcuni modelli Abarth del passato. Esteticamente, sarebbe una vettura terribilmente attuale ancora oggi. Alfa Romeo ViscontiOpera della Italdesign in collaborazione con la Casa di Arese, venne presentata nel 2004. Il progetto prevedeva un’ammiraglia con una linea da coupé… Un concetto di lì a poco sviluppato dalla Mercedes-Benz con la berlina CLS. Lunga quasi cinque metri, era basata sul Pianale Premium di derivazione GM e adottava un V6 3.2 biturbo benzina da 405 cv chiamato a lavorare in abbinamento a un cambio automatico Aisin a 6 marce del tipo mediante convertitore di coppia e alla trazione integrale. Disegnata da Giorgetto Giugiaro, poteva contare su soluzioni tuttora moderne come l’impianto frenante carboceramico della Brembo e le sospensioni anteriori a triangoli sovrapposti e posteriori multilink. BMW Z29S’ispirava esteticamente alla Z4, ma sottopelle era decisamente più raffinata. Votata alla massima ricerca della leggerezza, adottava una monoscocca in carbonio, riservata all’abitacolo, e due semitelai in alluminio. Le portiere ad apertura verticale erano in fibre composite. Il motore, di derivazione M3 E46, era il classico 6 cilindri in linea 3.2 benzina aspirato da 343 cv e 365 Nm di coppia. Grazie a una massa contenuta in 1.160 kg, scattava da 0 a 100 km/h in 4,4 secondi. Selvaggia nelle linee e nel comportamento stradale, nel 2001 si credeva avrebbe tracciato la rotta per una nuova famiglia di sportive. Così non fu. Purtroppo. Chrysler AtlanticIspirata alla Bugatti Atlantique degli Anni ’40, e alla coeva Talbot Lago, secondo indiscrezioni venne disegnata su di un tovagliolo da Bob Lutz, allora presidente della Chrysler, per poi essere affidata al responsabile del design, incaricato di realizzarla. Rétro nelle linee e nella meccanica, adottava un 8 cilindri in linea di 4,0 litri creato accoppiando due quadricilindrici 2.0. Nata nel 1995, poteva contare su 360 cv e un interasse chilometrico (3,25 metri). Citroën Berlingo BulleBasata sulla prima generazione della multispazio francese Berlingo, venne realizzata quale provocazione stilistica dal carrozziere Heuliez, da sempre legato alla Casa del Double Chevron. Presentata nel 1996, poteva contare su di un’eccezionale abitabilità posteriore, complice il “prolungamento” della carrozzeria al retrotreno. Adottava un 1.8 benzina aspirato da 103 cv. Ferrari ModuloSconvolgente. Sviluppata sulla base del prototipo da competizione 512 S, la Modulo venne disegnata da Paolo Martin e realizzata da Pininfarina con l’obiettivo di scardinare il linguaggio stilistico degli Anni ’60. Proposito pienamente soddisfatto grazie alla carrozzeria monovolume composta da due gusci sovrapposti. Frontale, padiglione e cofano si raccordavano in un’unica curvatura ad arco. L’accesso all’abitacolo avveniva facendo scorrere l’intera cupola, parabrezza incluso. Era mossa da un V12 5.0 48V da 550 cv collocato centralmente e il telaio, secondo tradizione per l’epoca, era tubolare in acciaio. Fiat TurbinaNata nel 1954, sotto alcuni aspetti – specie aerodinamici – sarebbe ancora attuale. Fu il primo prototipo europeo azionato da una turbina a gas, in grado di erogare ben 300 cv a 22.000 giri/min. Raggiungeva la straordinaria, per l’epoca, velocità massima di 250 km/h, complice il coefficiente di resistenza aerodinamica di 0,14. Al telaio a struttura tubolare e alle sospensioni indipendenti sia all’avantreno sia al retrotreno si abbinava un peso contenuto in 1.000 kg. Lamborghini RaptorProgettata da Zagato e presentata al Salone di Ginevra del 1996, era basata sulla supercar Diablo e destinata a essere prodotta in 50 unità. In seguito il progettò si arenò e ne venne realizzato un unico esemplare a trazione integrale. Sottopelle pulsava un V12 5.7 da 492 cv che consentiva alla Raptor di raggiungere una velocità massima di 330 km/h. Non era dotata di ABS e controllo della trazione; in compenso, poteva contare su di una carrozzeria integralmente in carbonio che, insieme a una nutrita serie di interventi “dimagranti”, rendeva la concept 300 kg più leggera della Diablo VT. Lancia Fulvia Coupé ConceptRemake in chiave moderna della fortunata coupé degli Anni ’60 e ‘70, era basata sul pianale della Fiat Barchetta. Disegnata da Flavio Manzoni, arrivò a sfiorare la produzione di serie, tanto che ne vennero realizzati una decina di prototipi in vista dell’industrializzazione. Abbandonata a causa delle traversie affrontate dal marchio, avrebbe potuto riscrivere il destino della Lancia, complici il nome altisonante, la linea mozzafiato, la configurazione a due posti secchi e la meccanica affidabile. Forte della carrozzeria in alluminio, pesava solo 990 kg. Era mossa da un 1.8 da 140 cv e scattava da 0 a 100 km/h in 8,6 secondi. Non produrla è stato uno sbaglio. Maserati KubangIn un certo senso è l’antenata della Levante, vale a dire la prima SUV della storia Maserati. Presentata nel 2003 e realizzata dalla Italdesign, era una via di mezzo tra una sport utility e una granturismo. Il frontale s’ispirava alle sportive del Tridente di allora, mentre sottopelle pulsava un V8 da 390 cv abbinato alla trazione integrale e a un cambio automatico a 6 rapporti. Gli interni, in anticipo sui tempi, erano concepiti per ospitare quattro, cinque oppure sette passeggeri. Una modularità ancor oggi difficile da replicare. Otto anni dopo è stata seguita da un prototipo dal nome identico che, di fatto, ha tracciato la rotta per il debutto della Levante. Opel TrixxDurante i primi anni del 2000, andavano di moda le piccole city car dotate di portiere scorrevoli, come la Peugeot 1007, entrata in produzione nel 2005 e abbandonata nel 2010 a causa dello scarso successo. La Opel, che rimase alla finestra, pescò un vero e proprio jolly non commercializzando la Trixx. L’utilitaria tedesca abbinava a uno sportello scorrevole sul lato sinistro due ulteriori porte scorrevoli sulla destra, rinunciando al portellone. Una soluzione fuori dagli schemi. Forse troppo. In compenso, il portabici estraibile, oggi disponibile per quasi tutti i modelli Opel, venne presentato per la prima volta proprio in abbinamento alla Trixx. Peugeot 607 FelineCondivideva il nome con l’ammiraglia dell’epoca – era il 2000 – con la quale, però, non aveva nulla a che vedere. Era infatti una roadster dal tetto apribile in cristallo, forte di una carrozzeria in pezzo unico, integralmente in carbonio. Il motore, centrale, era disposto longitudinalmente così che il cambio manuale a 5 marce si trovasse dinanzi a esso, in direzione delle ruote anteriori. Dotata di un V6 2.9 da 210 cv, poteva contare su di una perfetta ripartizione dei pesi (50/50) tra avantreno e retrotreno. Per accedere all’abitacolo, le portiere scorrevano quasi interamente all’interno dei passaruota, il parabrezza si muoveva di 50 cm e la “bolla” posteriore arretrava di 12,5 centimetri. Porsche 989L’antenata della Panamera. Dotata di quattro porte e quattro posti, venne sviluppata dal 1988 al 1991, per poi essere abbandonata. La Casa tedesca ritenne infatti che il pubblico non fosse ancora pronto per accettare di buon grado una berlina sportiva Porsche. Considerata un’alternativa confortevole alla 928, era caratterizzata dalla collocazione anteriore del motore, dalla trazione posteriore e da un V8 4.2 da 300 cv. Renault AlticaUna linea da far girare la testa. Ancora oggi. Nel 2006, la Renault realizzò la concept Altica; un prototipo che avrebbe dovuto anticipare una shooting brake dal design mozzafiato, diversa da qualsiasi altra auto esistente. Gli interni erano minimalisti, la carrozzeria a tre porte e il motore… indegno del modello. Si trattava infatti di un modesto 2.0 turbodiesel da 170 cv che consentiva alla Altica di scattare da 0 a 100 km/h in 7,5 secondi. Venne “dimenticata” dalla Renault, fatta eccezione per il design del frontale che ispirò la Mégane III Coupé del 2009. Volkswagen BulliRecentemente riproposta in chiave elettrica, denominata I.D. Buzz, la concept Bulli s’ispira al mitico minivan Transporter T1 – soprannominato appunto Bulli – degli Anni ’60, divenuto uno dei modelli più celebri e apprezzati mai prodotti dalla Casa di Wolfsburg. Quando venne presentata, nel 2011, sembrava imminente la commercializzazione, anche sull’onda dell’entusiasmo suscitato dal prototipo. Inspiegabilmente, la Casa tedesca ha preferito soprassedere. Una decisione comprensibile per quanto riguardava la versione a batteria – nel 2011 la propulsione elettrica era ancora un orizzonte remoto – ma non altrettanto condivisibile per le varianti a benzina e gasolio.

 

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