Quando Kawasaki lanciò la Versys 650 furono in molti ad essere scettici. Con quella faccia un po’ così, la seiemmezzo Kawasaki era molto originale, forse troppo per piacere veramente. Uno scetticismo smentito dal mercato: la crossover Kawasaki con motore 650, alla fine, è piaciuta molto. Senza mai mostrare ambizioni fintamente avventurose, è riuscita a soddisfare molti mototuristi “asfaltati” grazie a una posizione di guida comoda, alla buona capacità di carico e anche alla guida molto divertente.LIVEKawasaki, quindi, ha deciso di riproporre il concetto “in grande”, aggiungendo due cilindri e adottando l’ottima unità quattro in linea derivata dalla Z1000. Perché questa scelta? Finiti i tempi d’oro in cui i giapponesi potevano permettersi di costruire un motore ad hoc per ogni moto che producevano, oggi si fa con quel che si ha in casa (lo fanno tutti, e gli europei lo fanno da sempre), adattando i motori alle varie destinazioni d’uso. Questo non deve necessariamente essere inteso come un ripiego, ma di sicuro consente di contenere il prezzo a vantaggio anche del cliente.Se la scelta di adottare un quattro in linea su una moto come la Versys ha fatto storcere il naso a più di un purista che vede le crossover come territorio esclusivo dei motori bicilindrici, la Versys 1.000 ha però il prezzo dalla sua. Gli 11.990 euro di listino sono il classico “all inclusive” che comprende: doppia mappatura, controllo di trazione, presa di corrente, ABS. Soldi che per come va la Versys sono spesi piuttosto bene.Parlando del motore è ovvio che il fatto che sia derivato da quello della Z1000 non significa che sia lo stesso. In effetti, il lavoro è stato notevole, con lo scopo di trasformare un motore piuttosto rabbioso in un mansueto “pacioccone” (per modo di dire visto che la Versys passa i 240 km/h di tachimetro…), addolcendone l’erogazione in vista di un uso più turistico. Per questo il rapporto di compressione cala da 11,8:1 a 10,3:1, ci sono valvole più piccole e alberi a camme con profili meno spinti. Così riconfigurato, il 1.043 di Akashi eroga 118 cv a 9.000 giri, con un picco di coppia di 102 Nm a 7.700 giri.Due le mappature disponibili: la “Full Power” eroga il 100% della potenza, la “Low Power” taglia la potenza del 25%. Le mappature si scelgono con un pulsante piazzato sul blocchetto sinistro del manubrio, lo stesso che consente di selezionare il livello di intervento o escludere completamente il KTRC (Kawasaki Traction Control). Assieme al KTRC è offerto di serie anche l’ABS, che agisce su pinze assiali e dischi da 320 mm; il disco posteriore, sempre a margherita, è da 250 mm, con pinza a pistoncino singolo.Restando in tema di ciclistica non si può non parlare del telaio in alluminio (sono poche le crossover a utilizzarlo) a cui è ancorato un telaietto posteriore a traliccio di acciaio; come per la sorella minore da 650 cc le ruote sono ancora da 17 pollici, calzate Pirelli Scorpion Trail ovvero il prodotto perfetto per una moto come la Versys, che durante la sua vita vedrà correre sotto le sue ruote asfalto nel 99,9% dei casi. Volendo andare oltre si può attingere agli accessori originali, equipaggiando la Versys con paramani, bauletto da 47 litri, borse laterali da 35 litri, manopole riscaldabili. Per togliervi il problema Kawasaki ha già in catalogo la versione Grand Tourer con il kit delle tre borse in tinta a un prezzo di 1.034 euro superiore.RIDEPotremmo discutere a lungo dell’estetica della Versys 1000, oppure dell’opportunità di montare un quattro cilindri in linea su una crossover (ma un tempo, molti anni fa, si disse lo stesso della CB750 che fece debuttare un quattro cilindri su una moto). La cosa certa, però, è che quando la guidi la Versys 1000 riesce a mettere tutti d’accordo. Perché questa moto si guida bene, molto bene. La base di partenza (quella della Z1000) era già buona, ma il lavoro dei tecnici di Akashi è realmente apprezzabile perché sono riusciti a trasformare un motore molto sportivo in uno perfetto per un modello turistico. Parto dal motore perché è stato uno dei temi su cui gli appassionati hanno discusso di più.Ha senso un 4 in linea (ma il discorso vale anche per il V4 della Honda Crosstourer) su una Crossover? Ancor prima sarebbe opportuno farsi un’altra domanda: che moto sono le crossover? Se cerchiamo un inevitabile parallelo con le auto o con quanto esiste sul mercato mi trovo a riportare parole già scritte in passato provando altri modelli di questo macrosegmento. Un segmento di cui ogni costruttore può dare una sua interpretazione senza timore di andare “fuori tema”. Un esempio? Sono crossover tanto la Range Rover Discovery quanto la BMW X6. Sono crossover la Yamaha TDM e la Multistrada, la NC700X e appunto la Versys.Moto, queste, che non si spacciano per fuoristrada, che non fanno nemmeno finta di voler andare sullo sterrato (anche se nelle cartelle stampa la foto sulla stradina bianca non manca mai, ma io su quelle strade ci andavo anche con la VFR…) ma che rappresentano la new age delle moto turistiche. Alte da terra, comode da guidare, protettive, ospitali con il passeggero, quasi più belle con le borse che senza, divertenti quando vuoi guidarle sportivamente. Logico che abbiano successo anche in un Paese dove fino a pochi anni fa se non avevi un manubrio basso tra le mani eri considerato un pensionato.Guidando la Versys scopriamo che sì, questo motore ha senso, anche perché dai suoi 1.043 cc Kawasaki ha spremuto coppia e tiro ai medi che più non poteva. Il risultato: un motore “piccolo” – per modo di dire – ha un’erogazione che fino a oggi ho trovato solo sui 4 cilindri di cilindrata ben maggiore (dai 1200 cc in si per intenderci), per intenderci su quei motoroni che troviamo sulle maxi naked stile anni 80. Kawasaki, con questo quattro cilindri, ha fatto davvero un ottimo lavoro senza ricorrere ad escamotage come la rapportatura corta, ad esempio.I controlli funzionano bene, ottimo il traction control; la doppia mappatura consente di ammorbidire il carattere già burroso del quattro cilindri (si può partire al minimo rilasciando semplicemente la frizione e viaggiare a 1.000 giri, provate a farlo con una bicilindrica) che ha solo come contropartita la comparsa di vibrazioni ad alta frequenza sulla sella oltre quota 6.000 giri. Una moto che si lascia guidare in modo facile e intuitivo, sostenuta da sospensioni di qualità, tarate tendenzialmente sul morbido (i trasferimenti di carico sono evidenti) ma regolabili per poter adattare l’assetto al meglio. Nel misto la Versys dice la sua, è agile, ben appoggiata a terra, e con freni adeguati, che però accusano un comando anteriore un po’ spugnoso. Non è leggerissima, ma rispetto a certi bisonti del segmento crossover i suoi 239 kg in ordine di marcia fanno un figurone, inoltre il baricentro è basso e guidandola i kg sembrano meno. Di buono la Versys ha anche il comfort, con una sella (845 mm da terra, non troppo bassa ma nemmeno troppo alta) ampia e ben imbottita per il pilota e un vero e proprio divano per il passeggero. La protezione offerta dal parabrezza regolabile meccanicamente non è affatto male, peccato solo restino un po’ esposte le spalle; in ogni caso si passano i 200 km/h con il casco jet senza problemi di sorta…Il capitolo consumi fa segnare un altro punto a favore della maxi crossover di Akashi: il serbatoio è abbastanza generoso per capienza (21 litri) ma per svuotarlo occorre guidare per parecchio tempo, con le tacche che si spengono molto lentamente. Durante il test la spia della riserva si è accesa dopo 285,5 km, con 16,74 i litri per ripristinare il pieno: ciò significa aver percorso in media 17,05 km/litro, meglio di quanto indicato dal computer di bordo che segnava 6,6 litri per 100 km.Alla fine sono sceso dalla Versys soddisfatto (mi manca solo un piccolo vano sulla carena per metterci qualche oggetto), il che dimostra che non conta che tipo di motore stia lavorando in mezzo alle nostre gambe ma come questo motore lavora. Kawasaki mi ha sorpreso: la Versys è un moto azzeccata: va provata prima di esprimere un giudizio, che fidandosi degli occhi o delle sensazioni potrebbe essere superficiale. Cosa che a dire il vero sarebbe da fare sempre ma che per moto come la Versys 1.000 diventa quasi obbligatoria.