fbpx

Andrea Buzzoni: vi racconto la Triumph che verrà (e non solo)

Triumph ha un potenziale ancora inesplorato, le nostre moto piccole cambieranno le regole del gioco. I cinesi? Non sono un problema ma un’opportunità, sportiva stradale carenata? Perché no. Ecco il Buzzoni pensiero nel faccia a faccia con Stefano Cordara
Non hai tempo di leggere? Ascolta l’intervista in audio

Faccia a faccia con Andrea Buzzoni, amministratore delegato e direttore generale di Triumph Italia: un passato in BMW e Ducati, Andrea sa come ci si muove nel mondo premium della moto. Sportivo “dentro” adora la guida pista – non a caso è stato lui a creare il team BMW Motorrad Italia SBK – e conosce molto bene il mercato. A lui abbiamo fatto un po’ domande su Triumph e sulle tendenze che si stanno delineando per gli anni a venire. Non si è tirato indietro e ne è nato uno scambio di battute su sportività, premium, moto piccole, cinesi e off road.

SC – Più che un’intervista è una chiacchierata, visto che non imposto mai le domande prima ma seguo le risposte di chi ho davanti per porre altre domande.

AB – Con le tue domande è impossibile che sia un’intervista in senso classico.

SC – Che 2022 ti aspetti, innanzitutto per il mondo della moto con i primi buoni segnali, e nello specifico per Triumph.

AB –
Partiamo da noi: stiamo andando bene, siamo soddisfatti, contenti perché stiamo riuscendo a far capire quanto le moto Triumph siano uniche sotto molti punti di vista, a partire dalla qualità delle finiture, dall’affidabilità, dal tipo di performance. In realtà le Triumph sono tanti anni che sono moto che in queste caratteristiche eccellono, ma in un modo o nell’altro non eravamo riusciti ad attrarre a sufficienza il cliente italiano.

SC – Hai lavorato per 3 brand, top brand del mondo della moto: Triumph, BMW e Ducati. Io ho sempre visto Triumph come un marchio premium, ma spesso non è identificato così… farlo comprendere ai motociclisti è un lavoro duro. No?
AB –
 Possiamo dire che in realtà il posizionamento premium è anche generato dal tipo di gamma che sviluppi. Parlando di noi mi piace definirci, in alcuni casi più di altri premium brand, dei traghettatori verso il mondo premium. Faccio un esempio: con le cilindrate minori e parlo di moto naked sportive o dual, quindi motorizzazione 660 per capirci, noi spesso siamo traghettatori dal mondo “value for money” al mondo premium. Sempre parlando delle 660, il nostro è un prodotto che strizza l’occhio al cliente delle medie giapponesi, un cliente che però è interessato a un prodotto diverso, un tre cilindri e, diciamo, da un brand più identificante… Ecco spesso facciamo da traghettatori, quindi siamo sia premium su alcuni segmenti della gamma, sia traghettatori. Raccogliamo clienti da un mondo che non è premium di partenza ma grazie a noi porta il cliente nel mondo premium. Dove rimane.

SC – E questo non è potenzialmente un problema di posizionamento? Penso ad esempio a KTM, loro sono ready to race: arroganti, hanno moto sportive, appuntite eccetera. Ducati è premium, BMW anche. E Triumph? Tu vi collochi un po’ come marchio “traghettatore”, magari qualcuno non lo identifica bene come quello che è veramente.
AB –
Ok, tranne quando l’identità diventa un eccesso di polarizzazione. Credo ci sia una differenza di posizionamento e di grado di polarizzazione, che non è sempre un vantaggio, nei brand che tu hai appena citato. Il brand Ducati è estremamente polarizzato sulla sportività e la sua cultura aziendale sul prodotto. Qualsiasi prodotto Ducati tendenzialmente ha un carattere molto sportivo, il che da un lato crea una forte identità di brand e di prodotto ma dall’altro polarizza molto il marchio. Per semplificare, non tutti quelli che amerebbero il brand Ducati si ritrovano in sintonia con un prodotto così polarizzato e così sportivo.

SC – Vale anche per KTM, che fa “paura” a molta gente
AB –
Esatto, vale anche per KTM, con una origine diversa (fuoristrada), ready to race, con un tipo di aggressività nel modo di comunicare (nel senso buono del termine) diverso da Ducati, ma comunque polarizzato e polarizzante. Poi c’è BMW che è un brand che non ha questa forte polarizzazione ma un’identità made in Germany; trasmette in automatico l’idea di qualità e affidabilità ma non è un brand così eccitante per sua natura. Penso che il brand Triumph sia perfettamente in equilibrio: da un lato è un brand razionale, un brand britannico dal quale ci si aspetta una certa affidabilità e una certa qualità; dall’altro ha valori intangibili di lifestyle, emozionali o di heritage. Chiamiamola eleganza o stile, elementi che riescono a trasmettere una forte identità emozionale, che non è quella racing del brand arancione o del brand rosso, ma è un’identità unica che non ha nessun altro. Secondo me in questo senso non è che l’essere premium si sovrappone con un’identità polarizzata, un brand premium può avere varie sfaccettature, e in questo secondo me Triumph ha un ottimo equilibrio, offrendo un buon compromesso tra la parte razionale e la parte emotiva, senza essere polarizzato verso nessuna delle due.

SC – Anticipi un po’ una mia considerazione. Quello che si è visto chiaramente durante l’ultima EICMA, e in generale nell’ultimo anno, è l’arrivo in massa dei cinesi, che nel segmento del “value for money” possono fare male. Devo dire che purtroppo vedo i giapponesi un po’ in difficoltà, perché non hanno una forte identità di marca e ecco in questo caso forse Triumph può giocare una carta migliore. Quando vai a lottare nel “value for money”, i cinesi sono pericolosi. E forse in una certa fascia di prezzo, in questo momento, non è più così importante avere un brand, è importante andare in moto.

AB – Ti contraddico su quest’ultima affermazione. Questo nuovo trend va analizzato perché, secondo me, uno scossone così non c’è mai stato negli ultimi anni, l’ultimo fu il movimento tellurico che ha cambiato la geografia dei brand con la crisi del 2009, quando il mercato si è più che dimezzato. Però in tutto questo i volumi dei marchi premium sono rimasti più stabili dei volumi dei marchi value for money. Sì comunque è in atto una piccola rivoluzione.

SC -Neanche tanto piccola in realtà…
AB – Esatto, probabilmente non è piccola ed è solo all’inizio. Però non è vero che il brand non è importante.

SC: Attenzione, io ho detto che forse non lo è in una certa fascia di prezzo
AB –
Appunto, e aggiungo che anche nella fascia di prezzo bassa il brand è fondamentale se guardi al successo, per esempio, dei cosiddetti “Italian Sounding”, “British sounding”, che sono fondamentalmente prodotti cinesi o indiani value for money ma sul serbatoio portano nomi importanti: Benelli, Moto Morini, Royal Enfield e qualche altro. In questo senso il successo dell’offerta cinese è arrivato probabilmente grazie al branding: non che CF Moto non venda, anzi, tuttavia Benelli e Morini hanno avuto una accelerazione straordinaria.

SC – Adesso Morini vuole anche crescere e posizionarsi più in alto.
AB –
 Sì, fanno prodotti con molto appeal dal punto di vista estetico, poi lì bisogna introdurre una serie di distinzioni. La prima è che dietro a un prodotto da 5.000 euro c’è un valore motociclistico dinamico da 5.000 euro, cioè quando guidi quelle belle accattivanti moto cinesi con brand italiani, ti accorgi che l’esperienza motociclistica e dinamica non è la stessa di moto che appartengono ad altre categorie di prezzo. Secondo me queste moto allargano il mercato motociclistico, e lo dicono i dati a cui poi torniamo, nel senso che alla fine è un prodotto appealing, accessibile, molto facile e che fa “entrare” nel nostro mondo motociclisti che magari prima non l’avrebbero fatto. Potrebbero essere quelli che prima compravano l’usato, e che ora prendono il nuovo: parlo di un pubblico che magari è attratto dalla motocicletta ma in qualche modo non ha un livello di passione così alto, indipendentemente dal fatto che abbia o meno la disponibilità economica. Quando io ho iniziato a fare downhill all’inizio ho preso una front suspended con il classico pensiero “per quel che devo fare va più che bene”. Il venditore però mi ha detto: “Guarda che tu fra sei mesi torni”. Mi sembrava l’avesse sparata grossa. Poi diventi più competente, prendi la mano e a quel punto sono tornato da lui dopo quattro mesi e non sei. In questo senso, per il nostro mondo, è un’occasione per allargare il mercato e accrescere il numero di clienti, che poi crescendo di competenza e di maturità motociclistica possono scegliere prodotti un po’ più sofisticati.

Triumph Rocket III

SC – Meglio dunque stare un po’ più “alti”, se fai la battaglia sul prezzo non puoi vincere
AB –
 Non è una battaglia sul prezzo questa, è una lotta che attraverso il prezzo propone un prodotto da un punto di vista dinamico molto modesto e quindi adeguato al prezzo. Non c’è niente di male, ma prima tutti questi prodotti modesti non c’erano. Non c’era questo tipo di prodotto con quel prezzo, non c’era nemmeno quel tipo di prodotto con quella modesta ma comunque gradevole esperienza dinamica. Secondo me questo fenomeno ha fatto crescere il mercato Italiano, che è uno dei pochi mercati europei in crescita. Naturalmente quell’Italian sounding di cui ti parlavo da noi ha dato un’accelerata alle vendite molto importante, senza dubbio più importante di quanto sia successo sui mercati europei. Perché in Europa quei marchi devono costruire la rete, trovare gli importatori e tanto altro. Farlo in Italia in questo senso è molto più facile.

Vuoi un esempio? Tra il 2021 e il 2022 questo segmento di mercato dove metto i marchi “British sounding” , e gli “Italian sounding” – parliamo di moto sopra i 500 cc perché sotto i 500 è un altro sport – in questo segmento questi marchi, più altri come CFMoto, Voge eccetera, sono passati dallo 0.9% di quota di mercato che avevano nel 2021 all’8,7-8,8% di quota di mercato. In Italia questa è una quota da top 5, pensa noi di Triumph siamo all’8% (quarta posizione), davanti a noi c’è Ducati che è al 12-13%. Questi marchi in un solo anno sono stati protagonisti di una crescita che se la metti in qualsiasi business plan ti dicono “sei pazzo”. Quindi è evidente che hanno cambiato le regole del gioco con un’offerta di valore e prezzo inedita, e non solo hanno fatto questo balzo ma senza di loro il mercato sarebbe sceso. Quindi hanno generato anche la crescita del mercato.

SC – Quindi la vedi come un’opportunità. Nel senso: questi mi portano nuovi motociclisti e poi al “secondo giro” possiamo entrare noi.
AB –
Lo vediamo già, perché il TRK è da un po’ che si vende. Tanti clienti della TRK, e questo lo rileviamo nelle nostre conversazioni nei panel, una volta che hanno dentro “il virus della moto” lo lasciano sviluppare. La conseguenza è che vengono da noi, come da altri produttori di moto un po’ più sofisticate e con un po’ più di tecnologia.

Triumph Speed Triple RR

C’è anche un altro aspetto da non sottovalutare, ma questo lo pongo a te sotto forma di domanda. Finché mi metti su una moto un motore tendenzialmente poco performante, un po’ obsoleto, pensato per durare tanto e fare un mestiere che è a cavallo tra il leisure e il trasporto, posso attingere a una produzione cinese o indiana, godendo di una economia di scala sconosciuta fino a oggi nel mercato motociclistico. In quei Paesi magari costruiscono e vendono 4-500.000 moto con quel tipo di motore. Quindi quando quel motore lo metto su un prodotto pensato, costruito, designato, brandizzato per il mercato europeo, ho un vantaggio straordinario di costi.

Ora però la sfida è un’altra e lo vedremo a breve perché il movimento è già in corso. Quando io, produttore cinese, devo creare un prodotto specifico per il mercato occidentale, un prodotto che sia tecnologico, sofisticato, performante, dinamico, a quel punto devo attingere alla stessa componentistica a cui attingono gli altri costruttori. E quindi non ho più quell’economia di scala che mi permette di fare una proposta inedita. Per questo sarà un po’ più difficile fare questo passaggio ulteriore. Qualcuno questo passaggio lo ha già nelle sue corde: ci sono già due o tre produttori che si stanno muovendo in quella direzione, saltando a piè pari l’offerta value for money e cercando di andare subito a livello alto.

SC – Secondo me in quel segmento si gioca un altro sport
AB –
Eh sì, quello è proprio un altro sport. E non è così scontato riuscire nell’impresa, perché ci vuole competenza. Però la competenza la puoi comprare. E parlo di competenza ingegneristica o di design. Ad esempio se prendi i designer italiani sono tutti sparsi per il mondo, tra quelli che conosco personalmente e quelli che ho sentito sono tutti in India, in Cina… Quindi come ti compri la competenza sullo stile ti compri anche la competenza ingegneristica, non è che in giro manchi.

Triumph con ruota anteriore da 21"

SC – In effetti è proprio così: i marchi del Far East fanno lavorare aziende italiane o europee, perché molti cinesi per accreditarsi sulle loro moto montano Brembo, Pirelli, Bosch, e quindi alla fine lavora per loro anche l’Europa. A noi torna indietro qualcosa a livello di produzione e vendita di tecnologia. Quello che ho visto è che i vari marchi stanno reagendo in modi differenti. C’è ad esempio chi vuole alzare ancora il livello e dice: ok, io con questi non voglio avere niente a che fare, faccio solo moto premium, partirò da un certo livello di cilindrata e non mi metto neanche a giocare con loro. Quindi seguendo il tuo discorso di prima arriverai dopo due o tre giri a prendere le moto di quel brand. Oppure non ci arriverai mai. E poi c’è chi, come fa qualche costruttore giapponese, li sfida apertamente, vedi ad esempio Honda, che con la Hornet gli è andata addosso.
AB –
Il tema della strategia dei giapponesi è interessante perché effettivamente loro in una maniera diversa sono sempre stati i player che hanno offerto al mercato motociclistico un prodotto Value for Money

SC – Già, però adesso non sono più da soli.
AB –
Adesso sì, può darsi che in prima istanza i costruttori giapponesi siano quelli che devono ridisegnare la loro strategia in funzione di questa novità. Va detto anche che il triennio Covid in qualche modo li ha un po’ penalizzati, perché sono quelli che hanno sofferto più degli altri nella disponibilità prodotto e nella supply chain. Diciamo che hanno avuto più difficoltà degli altri a reagire in modo veloce al cambiamento di scenario. Cambiamento di scenario che invece ha facilitato noi, perché comunque se torniamo al 2019 quello italiano era un mercato molto solidificato nelle posizioni. Parlando di quote di mercato era molto difficile e costoso guadagnare posizioni, proprio perché c’era una lotta molto serrata. Il terremoto del Covid in qualche modo ha reso più liquido questo mercato e lì se sei veloce, intraprendente e agile, guadagni. E noi abbiamo fatto un po’ questa cosa.

Triumph Tiger Nights

Per spiegarmi meglio: avevamo già un’ottima gamma, un ottimo brand, un ottimo prodotto ma tutto questo non esprimeva ancora le sue potenzialità commerciali in Italia. Noi dal punto di vista della rete, del marketing, di tutto quello che abbiamo fatto nel triennio del Covid, siamo in qualche modo riusciti ad approfittare, e infatti dal 2019 al 2022 siamo cresciuti del 60% di volume, abbiamo aumentato del 60% i clienti italiani di Triumph e siamo a metà del guado delle nostre misurate e legittime ambizioni, cioè non quelle propagandistiche “noi arriviamo, faremo, diventeremo…” Diciamo che entro metà del 2024 noi vorremmo trasformare questo +60% rispetto al 2019 in un +100%. E abbiamo gli ingredienti per farlo, poi se ce la faremo dipenderà da mille cose. C’è un potenziale di Triumph che non era sfruttato e che adesso stiamo mettendo a terra, anche perché adesso abbiamo l’8% di quota nel mercato over 500, che è esattamente la quota media che ha Triumph nel mondo. Abbiamo colmato il gap rispetto ai mercati mondiali. Adesso dobbiamo fare lo step per eccellere.

SC – E quell’accelerazione? Parliamo del fuoristrada, arriva anche da quello?
AB –
Arriva anche da quello seppur in modo marginale. Se pensiamo ai volumi in senso stretto arriva dallo sviluppo della gamma sopra i 500, quindi nei tre segmenti in cui siamo presenti: Naked, Dual Adventure e Modern Classic. Renderemo l’offerta più fitta e quindi più verticale e orizzontale, sia in termini di motorizzazione sia in termini di funzione. Abbiamo cose interessanti che, secondo noi, sono una buona interpretazione dei trend di mercato in quel segmento. Arriveranno soprattutto le piccole cilindrate, moto sotto i 500 cc, dove abbiamo l’ambizione e la presunzione di cambiare un po’ le regole. Oggi le moto di piccola cilindrata, su cui potremmo intrattenerci un’ora perché c’è un’esplosione, sono raddoppiate nel giro di un anno e su questo potremmo discutere su come l’industria ha in qualche modo fallito nella sua convinzione che il cliente diventava sempre più vecchio. La verità è che l’industria non si è accorta di non aver creato un’offerta. Non c’è il cliente e quindi non faccio una moto.

SC – Esatto, ma se non offri niente al cliente nessuno viene.

AB – E la prova è in questo mercato che è raddoppiato. È un mercato da 30.000 moto quello sotto i 500 fino, qualche anno fa era un mercato da sette, otto, novemila moto… Però tornando a bomba al tema, noi abbiamo la presunzione e l’ambizione di arrivare nel segmento delle moto di piccola cilindrata e di cambiare le regole del gioco. Non è scontato che su una moto di piccola cilindrata ci si debba per forza sentire su una moto piccola. Potresti avere l’opportunità di sederti su una piccola cilindrata ma avere un’esperienza da moto grande, un’esperienza più competente. È un termine un po’ strano ma credo renda l’idea. E questa è un po’ la sfida che ci poniamo con le piccole, che a livello di volumi, per tornare alla tua domanda, fanno più del mondo Enduro e Offroad che in Italia non è un mercato enorme, è un segmento che vale tra le cinque e le seimila moto. Tra le cinque e le seimila perché la parte cross è stimata. Tra quelle cinque-seimila moto di tutte le cilindrate dai 250 ai 500-510 con quello che ci sta in mezzo, noi abbiamo visto che c’è più o meno il 45% di cross e un 55% del resto. Secondo me l’occasione che Triumph ha con il segmento del cross e delle enduro, con tutti i campionati mondiali AMA e americani che ci portiamo dietro, è un’occasione di immagine. Secondo me abbiamo l’occasione di evolvere il brand in una direzione sportiva, dinamica, più giovane e quindi è un’ottima occasione per aggiungere a questo brand un po’ di grinta che oggi non abbiamo più di tanto. Vero è che nel racing forniamo i motori per la Moto2 ma non siamo direttamente coinvolti. Non è decisivo in termini di volumi ma lo sarà in termini di immagine, perlomeno per il mercato italiano. Parlando di mondo, invece, è decisivo per il mercato americano, per i mercati anglosassoni, per la Germania. In Italia Cross/Enduro non sono un segmento che ti cambia.

Triumph Cross enduro Ricky Carmichael

SC – Ok, però da niente ad averle cambia, o no?
AB –
Certo che cambia, è aggiuntivo, è sicuramente aggiuntivo però nel balzo che noi abbiamo in mente la quota parte dell’offroad è significativa ma non decisiva.

SC – Argomento a te caro: cordoli e asfalto. Ti manca un po’ la pista?
AB – Tu adesso parli a livello personale…

SC – Certo, so quanto sei appassionato e scommetto che a te piacerebbe avere un prodotto Triumph che permetta se non di correre almeno di girare in pista
AB –
Diciamo che in modo diverso la Street Triple che andremo presto a provare è una moto che in pista può dare molte soddisfazioni. Mi dispiace che non proveremo la Moto2, perché i semi manubri su quella moto secondo me sono una bomba, in pista la guida cambia tanto. Secondo me abbiamo moto sportive adatte al momento, come le Street Triple, le Speed Triple e aggiungo la Speed Triple RR che abbiamo provato insieme a Ronda. Sono moto che pur non essendo supersportive specialistiche sono abbastanza specializzate per dare soddisfazione a utenti sportivi competenti e mediamente abili, senza darti quella montagna di cavalli, di elettronica e di sofisticazione che ogni tanto è un po’ ridondante e si rivolge solo a una nicchia di clienti.

SC – Tendenze che stanno arrivando e che noto parlando con alcuni tuoi colleghi: tornerà il custom. E sicuramente, ma questo si sta già vedendo, torneranno le sportive carenate più semplici. Parlo di Yamaha R7, Aprilia RS 660, KTM 990. Sembra che si stia andando in quella direzione. Pare che le superbike replica, moto estreme, ormai lo siano troppo (oltre a essere costose) e quindi siano destinate anche per motivi di omologazione ad andare solo in pista. Però i motociclisti hanno ancora voglia di semi manubri e carena. Voi potreste avere una buona base per fare una moto così che, attenzione, non è la Sport Touring.


AB –
Sulle sportive piccoline sono d’accordo con te e con quello che dicono i miei colleghi: sono convinto che stanno tornando e devo dire che Aprilia con la RS660 ha dimostrato che il mercato di queste moto esiste. Lei è stata un po’ la prima, ha rotto il ghiaccio; in questo senso sono stati anche audaci perché non era detto che i numeri dei file Excel giustificassero quegli investimenti, invece hanno fatto un bel prodotto, che ha molto appeal e appunto è una sportiva semplice, accessibile, facile. Una moto che non richiede un corso di ingegneria per regolarla.

SC – Esatto, se vuoi andare a fare il Track Day vai e ti diverti.
AB –
Questo in fondo è un ciclo: siamo arrivati con le supersportive vere a un livello tale, lo sai perfettamente, che oggi compri in concessionaria una moto che sei anni fa poteva partecipare al mondiale Superbike. Quindi è evidente che un prodotto del genere sia diventato troppo specialistico. La naturale conseguenza di un eccesso di polarizzazione, tornando al discorso iniziale, apre il campo a un ritorno della semplicità. Sono abbastanza d’accordo che nel segmento delle sportive easy c’è potenziale e lì noi potremmo arrivare con una eventuale proposta. Sul custom onestamente no, non ho indizi sul fatto che il custom torni, del resto non è mai stato un segmento significativo in Italia.

SC – Non negli ultimi anni di sicuro ma in passato lo è stato eccome. E io c’ero
AB –
E quando è stato significativo in Italia?

SC – Anni 90, fine anni 80. Honda Shadow 600, Yamaha XV535 Virago, ce ne erano in giro tantissime, le vendevano come le patatine. Parlo di quel genere di custom, attenzione, non delle maxi cruiser, un segmento un po’ lasciato “vuoto” dalla dipartita della H-D 883. Infatti non credo sia una caso che Royal Enfield abbia scelto il mondo cruiser per la sua Super Meteor 650. Poteva fare una naked ma ha fatto una cruiser. Poi c’è Morini che sta lavorando a una piccola cruiser. Honda CMX 500 e 1100, c’è un po’ di movimento in quell’area.
AB –
Non so, a me resta qualche perplessità, nel senso che oggi nessuno, secondo me, ha indicatori che possa succedere una cosa del genere. E anche a cercarli non li vedo e poi, comunque, non c’è un costruttore che oggi investa per progettare, industrializzare un custom, non ci credo che questo costruttore giustifichi gli investimenti con il mercato americano. Anche la Morini, se la Morini sta facendo un custom, lo sta facendo per entrare negli Stati Uniti.

Triumph Rocket III motore

SC – Morini ha aperto uffici a Los Angeles, quindi…
AB – Non lo sapevo. Secondo me lo stanno facendo per quello, per entrare nel mercato degli Stati Uniti.

SC – Ultima domanda: quando arrivano le cross e le enduro, così siamo felici.
AB- La risposta ufficiale: nell’arco del 2024 dovrebbero arrivare.

Scopri gli articoli speciali

Articoli correlati
KTM 790 Adventure, il 2025 è arrivato
Prova Honda NT1100, la Touring che diverte
Prova SYM ADX TG 400 - Fuga dalla città