
Si fa presto a parlare di design italiano: è fin troppo facile credere alla “nostra” genialità, alle “nostre” capacità in ambito creativo, artigiano e industriale. Raccontare questa caratteristica tutta italiana è così facile che spesso lo si fa con superficialità, dandola per scontata. Diventa un concetto comodo, di cui troppo spesso non si comprende la portata. Perché servono coraggio e audacia per realizzare qualcosa di concreto in questo strano incredibile Paese di nome Italia.

Perché dietro a marchi altisonanti, ai numeri della finanza, alle luci della ribalta e alle copertine dei magazine, ci sono – o dovrebbero esserci – le mani e i cervelli di un gruppo capace di trasformare il talento e perché no, i sogni, in qualcosa di tangibile.
Per questo quando si pensa al CRC, nato come Centro Ricerche Cagiva e successivamente ribattezzato Centro Ricerche Castiglioni, è inevitabile parlare di chi l’ha voluto, Claudio Castiglioni. E di Massimo Tamburini, perché per lui il CRC è stato creato. Per stupire il mondo. Allo stesso tempo non bisogna dimenticare le decine di professionisti che in CRC hanno “tirato” i modelli in clay, saldato telai come opere d’arte e consumato le scrivanie, disegnando chilometri di linee e collaborando alla creazione delle moto più belle della storia. Né più né meno. La lista delle moto nate in CRC parla da sé.
Una lista da brividi
L’incontro tra Castiglioni e Tamburini si era concretizzato con la nascita del COR (Centro Operativo Rimini), dove nacquero le linee di diverse Ducati, delle Cagiva Freccia, della prima Mito (coi fari tondi) e di alcune 500 GP. Al COR si iniziò a lavorare anche al progetto della Ducati 916 ma proprio mentre questa era quasi ultimata Tamburini e i suoi tecnici si trasferirono nel nuovissimo Centro Ricerche di San Marino, nel 1993. Varese era troppo lontana dalla “terra de’ mutor”, troppo lontana dal Passo di Viamaggio, dove Tamburini e i collaudatori amavano provare e “battezzare” le moto.

In questo Centro Ricerche all’avanguardia, fornito di tutto il necessario per disegnare, prototipare e industrializzare una motocicletta, Massimo Tamburini, nominato AD, avrebbe potuto creare le moto sportive per Claudio Castiglioni, senza allontanarsi dalla “sua” Romagna.
Ancora a cavallo del trasferimento dal COR e nel primo periodo al CRC, oltre alla 916 nacquero le carrozzerie delle ultime bellissime 500 da GP. Dopo la cessione di Ducati arrivarono le Cagiva Canyon, Gran Canyon e Navigator – seguite soprattutto da Pierre Terblanche tra Varese e San Marino – e nel 1994 vide la luce la Mito EV.

Successivamente furono disegnate tutte le MV Agusta, dalla prima all’ultima, serie speciali incluse. La prima, inarrivabile F4 e la Brutale; la seconda F4, le B3 e le F3, fino ai modelli recenti e recentissimi nati dopo la scomparsa dei due fondatori: Rivale, Stradale, Dragster, Turismo Veloce, Superveloce, Rush.

Alla CRC sono nati anche numerosi esemplari unici destinati a facoltosi appassionati e le moto speciali allestite per i film (come la Canyon di Jurassic Park) e ovviamente diversi concept, alcuni mai divulgati, come una Ducati SS anni 90, “sconfitta” dalla proposta nata a Varese, e altri ammirati come la Husqvarna STR 650 o la recentissima MV 921 S.

Una fucina di idee ineguagliabile, che in poco più di 30 anni ha accompagnato i tormentati e tormentosi alti e bassi del gruppo varesino fino ad oggi. In questo momento di trambusti societari l’azienda ha deciso di internalizzare il design, trasferendo il Centro Ricerche a Varese per unirlo al Centro Stile già presente alla Schiranna, unione che aveva già generato una moto, la RVS#1. Una scelta che appare logica dal punto di vista della gestione delle risorse ma anche sorprendente se teniamo a mente la lista delle moto nate al CRC e pensando al livello dei tecnici e designer che dal CRC sono passati.

Si volta pagina, ogni capitolo che si chiude è anche un nuovo inizio che sarà sicuramente ricco di sorprese. Storia alla mano, speriamo soltanto che da quest’oggi in poi il mondo della moto non abbia perso un po’ di folle bellezza.