Si fa presto a dire “MADE IN CHINA”. Con questo articolo vogliamo raccontarvi, una volta per tutte e con chiarezza, cosa fanno e che rapporti hanno tra loro, alcune tra le principali aziende motociclistiche cinesi presenti in Italia: Keeway, Morbidelli, Benelli, QJ Motor, Cyclone, Benda e chi più ne ha più ne benda metta.
Un ricco hot-pot
Sono in viaggio da alcuni giorni nel cuore della Cina, stanco e sconquassato come accade sempre quando si viaggia per lavoro.
A cena, di fronte a questo tipico hot-pot enorme, guardo ogni sorta di cibo ribollire e scomparire nel brodo come in un dantesco idromassaggio, mi rendo conto quanto questa immagine fatta di abbondanza e disordine, somigli alla percezione che ho del motociclismo cinese, dove a volte, le aziende e perfino le loro stesse moto si confondono nelle forme e nel “sapore”.

QJ e Keeway
Da un lato c’è QJ Motor, brand di QuianJiang, facente parte del colossale conglomerato industriale Geely (Volvo, Lynk&Co, Lotus, Smart, Aston Martin). Dall’altro c’è Keeway, una società fondata in Ungheria proprio da QuianJiang nel 1999 che inizialmente distribuiva QJ in Europa e in Sud America.
In sintesi, QJ è un brand, una fabbrica, mentre Keeway era esclusivamente una struttura distributiva.
Nel 2005, quando la famiglia Merloni decise di vendere Benelli, la maggioranza delle quote (70%) andò a QJ, mentre il restante 30% fu assegnato a Keeway Europe, il braccio commerciale (con sede in Europa) del gruppo. Dietro le quinte, però, Benelli era e resta controllata al 100% da QuianJiang.

La cosa si complica
La confusione iniziò quando Keeway, forte di una potente rete commerciale che oggi ha raggiunto 105 paesi nel mondo, diventa prima un marchio e poi un vero costruttore. Lo fa sia collaborando con altri costruttori cinesi al di fuori del gruppo QuianJiang sia aprendo stabilimenti di proprietà che oggi sono ben 4 tra cui quello del marchio Morbidelli.
Nel 2021 Keeway fonda MBP (Moto Bologna Passione) una società con sede a Budrio (Bologna) che si occupa di progettare e commercializzare le moto di fascia medio alta del gruppo. Nel 2024 MBP (quindi Keeway, quindi QuinJiang, quindi Geely) acquisisce lo storico marchio pesarese Morbidelli per renderlo il brand italiano con cui attaccare il mercato delle moto premium.
Tornando alla similitudine “gastronomica”, dovremmo quindi immaginare Morbidelli e Keeway e poi Benelli e QJ come delle distinte pietanze nel grande “hot-pot” di proprietà QuianJiang, nel ristorante Geely.
Un hot-pot contorto e apparentemente illogico che inevitabilmente può portare a confondersi ma che certamente prevede un approccio strategico come tutte le attività imprenditoriali cinesi nel mondo. D’altronde i vari marchi del gruppo producono moto che senza un’adeguata strategia, saranno potenzialmente in concorrenza tra loro.
RED non è un magazine finanziario ma pensiamo che le aziende cinesi creino questa ragnatela di società per motivi legali, fiscali, strategici e culturali. In questo modo riducono i rischi degli investimenti e si mettono nelle condizioni di espandersi velocemente controllando tutta la catena, dall’ideazione del prodotto fino al dealer, passando per la produzione e la distribuzione. Una bella gatta da pelare per gli uffici di comunicazione e marketing!

La distribuzione di altri marchi esterni al gruppo
Contando su una forza distributiva globale, Keeway si permette di stringere alleanze commerciali con altri brand cinesi al di fuori del gruppo e quindi teoricamente concorrenti. Per esempio distribuisce le moto del marchio Benda di cui però è anche cliente perché, la giovane azienda di Hangzhou, produce alcuni modelli per Morbidelli e per la stessa Keeway.
Oppure ancora Cyclone, storico marchio americano acquistato dal gigante industriale Zonsen di Chongquin (già produttore su licenza di veicoli Piaggio e Aprilia), attualmente distribuito in Europa da Keeway.
E questo riguarda il solo mercato italiano, ogni regione del mondo ha altri marchi e strategie dedicate.
Adesso cosa centrano Piaggio e Aprilia? Direte voi. Ne abbiamo abbastanza per parlarne in futuro ma certamente, sebbene complesso, questo è l’ennesimo esempio di quanto sia vivace il panorama motociclistico cinese.
Quanto al sottoscritto, davanti all’hot-pot che ribolliva, non potevo fare a meno di chiedermi se, prima o poi, non saremo noi europei a finire nel piatto dei colossi cinesi.
