E se viaggiassimo perennemente con la retromarcia innestata? Sarebbe irragionevole. Le compagnie petrolifere, però, agiscono in questo modo da mesi. Il valore del greggio è sceso a livelli sino a poco tempo fa inimmaginabili, mentre il prezzo di benzina e gasolio tiene duro e non accenna a flettere.Un discorso ormai trito e ritrito. Vero. Nessuno vigila, nessuno se ne interessa. Fatta eccezione per le associazioni a difesa dei consumatori, si assiste al consueto, inquietante, vuoto istituzionale. Mai come in questo momento eclatante. Il prezzo dell’oro nero è arrivato a 48 dollari al barile, e si prevede scenda ulteriormente. Un record al ribasso; una tendenza messa in moto dai Paesi arabi dell’Opec (Organization of the Petroleum Exporting Countries, vale a dire l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio) non certo per filantropia, bensì per creare difficoltà ai produttori rivali – ad esempio USA, Norvegia, Russia, Gran Bretagna e Venezuela –, costretti a sostenere superiori costi estrattivi.Mentre in Medio Oriente è sufficiente trivellare il suolo per estrarre petrolio, negli States si deve procedere alla fratturazione del suolo (fracking), decisamente più costosa. Se da un lato è scontato che il governo statunitense sostenga i propri produttori per restare energeticamente indipendente, dall’altro appaiono destinate ad affrontare problemi pressoché insormontabili realtà meno “ricche” quali Russia e Venezuela. Il trend al ribasso, infatti, potrebbe durare a lungo, complice la notevole disponibilità finanziaria dell’Arabia Saudita, in grado di sopportare anche un lungo periodo senza elevati ricavi. Gli analisti del settore parlano di un possibile rialzo del prezzo del greggio – oltre i 100 dollari al barile – solamente a partire dal 2020. Perché, allora, benzina e gasolio non divengono a buon mercato?La risposta è in parte legata all’elevata tassazione sui carburanti, indipendente dal valore della materia prima. Ciò può spiegare il mancato “crollo” dei prezzi alla pompa, ma non la fluttuazione pressoché irrilevante degli ultimi mesi. Sono “innocenti”, del resto, i benzinai: il loro margine di guadagno è risibile. Quindi? La domanda andrebbe sottoposta, da chi di dovere, alle compagnie petrolifere. Per tutelarsi, in assenza di una presa di posizione istituzionale, non resta che scegliere attentamente i distributori dove rifornirsi. Le realtà no logo consentono spesso di risparmiare – negli ultimi anni il divario rispetto ai brand più blasonati si è ampliato –, ma con i dovuti distinguo; non sono rare le eccezioni. Una volta di più, spetta all’automobilista difendere il proprio portafoglio. Come ieri, come sempre.