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MotoGP, una “figura” mondiale!

Chi ha sbagliato al box Honda? Chi con questo gravissimo errore ha consentito a Lorenzo di riaprire il campionato? Max Temporali analizza l'evento che ha fatto tanto discutere. E ha le idee molto chiare

Marc Marquez è assolto. Non è stato lui ad aver commesso l’errore, a non rientrare ai box al momento opportuno, a non aver rispettato le segnalazioni. Il pilota ha seguito le istruzioni nel modo corretto, ma la tabella riportava un calcolo sbagliato, perché non era all’undicesimo giro che sarebbe dovuto rientrare. La regola della direzione di gara, condivisa al briefing ufficiale da tutti i team, era chiara e rigorosa: il rientro in corsia box andava effettuato fra il nono e il decimo giro, c’era solo da scegliere.

Una svista che riapre il campionato. Un errore che potrebbe costare il titolo mondiale, vanificare un’impresa da colossal, nebulizzare business e quattrini per Honda e Marquez. Evidentemente l’ingegnere di pista Santi Hernandez, che segue Marc dai tempi della Moto2 ed è quindi anche lui al debutto in una categoria così complessa come la MotoGP, ha commesso l’errore più grave della sua carriera professionale: è lui ad aver dato istruzioni per la gestione della tabella segnaletica.

Una “svista” che in sé non rappresenterebbe nulla di irreparabile, non fosse che la sanzione pagata per questa manovra abbia significato una squalifica in una fase delicatissima del campionato, con sole due gare al termine della stagione e un Lorenzo in formissima dal punto di vista psicofisico. Ci sta che ad ogni dieci errori del pilota ci sia un errore di chi sta ai box. Chi mangia fa le briciole, si dice. Ma se il pilota piegando col gomito a terra e viaggiando a oltre 300 all’ora si vede costretto a mantenersi sempre sul filo dell’equilibrio, vivendo un rapporto “live” con l’errore, centimetro dopo centimetro, secondo dopo secondo, per chi sta ai box come Hernandez il tempo viaggia decisamente più lento.

Significa poter pianificare la strategia con lunghe e accurate riflessioni, significa confrontarsi coi colleghi nel corso dell’avvicendamento della gara, significa osservare le mosse dei vicini di box, che con Pedrosa hanno fatto un lavoro perfetto. Quellq di Phillip Island è stata ad oggi una gara unica nel suo genere, dove era richiesto il contributo strategico del team, ma soprattutto comandava la puntualità. Da 43 punti di vantaggio su Lorenzo, il margine di Marc è sceso a 18.

Anche se Marquez e Livio Suppo tendono a distribuire le responsabilità in casa propria, dando forse più peso a una penalizzazione eccessiva comminata dalla direzione di corsa che al resto, non ci dimentichiamo che là dentro ci sono tre tecnici italiani (l’ing. Giulio Nava, Bruno Leoni e Filippo Brunetti, ndr) dalla fedina sportiva pulita, che a fine stagione abbandoneranno la Honda numero 93 per volontà del pilota titolare, per essere sostituiti da uomini spagnoli che hanno lavorato con lui in Moto2 e ai quali aveva fatto una promessa: portarli in MotoGP. In ogni squadra ciascuna figura tecnica ha un peso proporzionato alla responsabilità che ha. Nella storia sono stati tanti gli esempi in cui l’inesperienza di una figura professionale transitata nella top class insieme al pilota ne ha condizionato la maturazione e i risultati sportivi. Ci sarebbe da sorprendersi se le cose andassero diversamente, poiché allora gli anni di lavoro di un Rossano Brazzi, di un Mauro Noccioli o di un Jeremy Burgess varrebbero come quelli di un giovane volenteroso e promettente. Non è così.

L’inesperienza prima o poi la paghi, a prescindere che guidi la moto, che la sistemi o che cambi le gomme. I “nostri” là in Honda, che a breve lasceranno, sono fra i migliori in circolazione, con una preparazione professionale culminata coi titoli di Casey Stoner e per qualcuno vissuta in duplice maglia, prima Ducati e poi Honda. Non è questione di italianità, ma di buon senso. Ognuno in casa propria ragiona come gli pare, ma l’occasione pareva buona per ricordare, anche ad un pilota formidabile come Marquez, che il risultato finale è sempre frutto di una sana collaborazione con la squadra. Che non deve essere intesa per forza come un gruppo con cui condividere anche la vita privata. Meglio se professionale ed esperta fino all’ultimo dettaglio, se l’obiettivo è la perfezione nel lavoro, piuttosto che fraterna nei confronti del pilota, ma con una preparazione ancora acerba, soprattutto se c’è un Marquez che per come guida pare già un veterano. 

 

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