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Auto elettriche: perché, in realtà, non le vuole nessuno

Sempre più CEO dichiarano il proprio scetticismo, il beneficio ambientale è tutto da dimostrare, molti posti di lavoro sono a rischio e senza il “doping” degli incentivi restano un lusso per pochi

A rischio migliaia di posti di lavoro

Anche in questo caso occorre fare una premessa: non siamo luddisti, non ci scagliamo contro il progresso tecnologico per salvare a tutti costi i livelli occupazionali. Quello che si prospetta, però, è il procedimento inverso: il sacrificio di tantissimi posti di lavoro per qualcosa che sull’ambiente e sulla società avrà un beneficio marginale, se ce l’avrà. Ma andiamo con ordine e partiamo dalla questione dei posti di lavoro. Le associazioni di categoria, per definizione, tendono a essere un po’ allarmiste. Se però sono tutte concordi su un determinato punto, beh, le istituzioni farebbero bene a sentirne le ragioni. Nello specifico, Anfia, Anigas, Assogasliquidi, Assogasmetano, Confapi, Federmetano, NGV Italy e unem hanno scritto congiuntamente una lettera al Governo, in cui, fra le altre cose, si legge: “Numerose pubblicazioni hanno evidenziato i danni, occupazionali ed economici, derivanti dalla possibile messa al bando dei motori a combustione interna al 2035 nei diversi Paesi manifatturieri a vocazione automotive”. 

I numeri dell’associazione europea della componentistica automotive

Nella lettera delle associazioni italiane si cita CLEPA, l’associazione europea della componentistica automotive: nello studio PwC Strategy& – Electric Vehicle Transition Impact Assessment Report 2020 – 2040 vengono infatti riportati numeri impressionanti. Solo in Italia, dai 74.000 occupati circa del 2020 nella filiera automotive, si scenderà a 11.600 nel 2030. Nel dettaglio, i lavoratori della filiera dell’auto con motore endotermico passeranno 73.800 a 6.600, a fronte di un piccolissimo incremento degli occupati grazie alle auto elettriche: da 3.700 a 5.000.

Per un’analisi più completa e corretta bisognerebbe anche vedere quanti dei lavoratori “tagliati” in Italia (e in Europa) potrebbero essere occupati nella filiera dell’elettrico e quanti, invece, verranno sostituiti da lavoratori di zone del mondo in cui il lavoro costa meno. Questo non lo sappiamo e purtroppo non possiamo escludere che il fenomeno si verifichi, anzi; di sicuro, per sua natura, il processo produttivo di un EV è più snello, richiede meno manodopera. Detto questo, nello studio di CLEPA  si mettono in luce inoltre altri punti, fra i quali: “Una mobilità neutrale dal punto di vista ambientale richiede apertura da parte della politica verso tutte le tecnologie” e “Il divieto ai motori endotermici è superfluo e controproducente”.

I casi Bosch e Stellantis

E se tutti questi annunci vi sembrano fin troppo teorici, veniamo alla triste realtà (citiamo due esempi, ma ce ne sarebbero altri): Bosch ha annunciato che in 5 anni ridurrà la forza lavoro nel suo stabilimento di Bari (in cui si producono tecnologie legate al Diesel) di circa 700 unità. 700 famiglie a cui verrà a mancare una fonte di reddito certa non sono mai poche, se questo accade in una zona d’Italia certo non tra le più dinamiche, dal punto di vista economico, il problema è ancora più grande. 

Importante ridimensionamento della forza lavoro anche in Stellantis: nel 2022 potrebbe ridurre il numero di dipendenti in Francia di 1.400 unità; più o meno altrettanti nel 2023 e il tutto va a sommarsi ai 1.380 esuberi del 2021. Consola solo in parte sapere che non si tratta di licenziamenti bensì di uscite volontarie e incentivate: se è vero che chi è coinvolto non viene colpito nel reddito, è pur vero che i livelli occupazionali calano. E non è una buona notizia. La spiegazione data da Stellantis per questo ridimensionamento della forza lavoro è la seguente: “La riduzione dell’organico risponde alla necessità di affrontare l’attuale processo di transizione tecnologica verso la mobilità elettrica: un passaggio che, solo nel 2021, ha già portato ben 3.600 dipendenti a cambiare le proprie mansioni, sia attraverso le uscite volontarie sia tramite programmi di ricollocamento e riqualificazione interni”.

Un mercato che non si regge sulle proprie gambe

Il quadro insomma non è dei migliori. E non è finita: le stesse Case che sempre più numerose esprimono scetticismo verso le auto elettriche sono quelle che chiedono al Governo incentivi per l’acquisto delle stesse, in quello che è diventato un vero e proprio corto circuito. Al di là delle contraddizioni evidenti, c’è un altro aspetto che emerge in tutto ciò: se non è sostenuta da incentivi economici, l’auto elettrica rimane una frazione piccolissima del mercato.Volkswagen ID.3 posteggiata nell'apposito parcheggio riservato alle elettriche, in ricarica alla colonninaI motivi sono legati al prezzo, ma anche al fatto che l’infrastruttura di ricarica sia ancora carente, sebbene in continua espansione. Ancora: ipotizzando un mondo in cui, senza allargarsi troppo, le auto elettriche diventino il 40% del mercato, lo Stato si troverebbe a dover recuperare un bel po’ di soldi non incassati con le accise sul carburante. Soldi che recupererà dove? Aumentando il prezzo della benzina e del gasolio, scegliendo di fatto di appiedare i soggetti dai redditi più bassi a favore dei più ricchi (tornando dunque al punto di partenza)? Oppure tassando in maniera specifica le elettriche di cui si è incentivato l’acquisto? Mistero. 

Il colpo di grazia all’elettrica lo dà Tavares

La conclusione a questo articolo la dà il già citato Carlos Tavares: “Ci saranno conseguenze sociali e rischiamo di perdere la classe media, la quale non potrà più comprare auto. Tra dieci o quindici anni conosceremo anche i risultati reali dell’elettrificazione in termini di riduzione delle emissioni di gas serra. […] Con il mix energetico dell’Europa, un veicolo elettrico deve percorrere 70mila chilometri prima di compensare l’impronta di CO2 creata dalla fabbricazione della batteria. […] Alla fine, è meglio accettare auto ibride termiche molto efficienti in modo che rimangano accessibili e forniscano un beneficio immediato in termini di CO2, o è necessario avere veicoli al 100% elettrici che le classi medie non potranno permettersi?”

Anzi, per chiudere non si può non aggiungere una considerazione: sono proprio i top manager, i Tavares, i Diess, i De Meo, i Toyoda, ecc. che devono farsi sentire in Europa e fermare questa forzatura verso le auto elettriche. 

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