Confortevole e rassicurante oppure agile e dinamica? Domanda che non si pongono più da tempo, gli ingegneri di Porsche (e non solo) che si occupano dello sviluppo del telaio. Il motivo è presto detto: una caratteristica non esclude l’altra, nel caso di una Porsche moderna; la dimostrazione migliore di questo concetto è forse la Taycan, berlina elettrica confortevolissima e implacabile nel misto. Il raggiungimento di obiettivi opposti si raggiunge grazie a nuovi metodi di sviluppo, resi possibili ovviamente da tecnologie digitali avanzate.
Ridurre i tempi
Tradizionalmente, gli ingegneri che sviluppano i telai raggiungono il mix desiderato di caratteristiche dopo milioni di km di test. Oggi tutto è reso più complicato dalle funzioni elettroniche di controllo, dagli ADAS e dalla connettività fra i vari sistemi elettronici presenti sul veicolo. Il tutto, mentre “c’è sempre meno tempo per la validazione e la messa a punto”, afferma Eva-Verena Ziegahn, Senior Manager Chassis Systems in Porsche Engineering. Ecco perché i metodi di lavoro tradizionali, che implicano numerosi cicli di sviluppo, mostrano sempre più limiti in termini di tempo e costi”. Come velocizzare dunque la delibera di un sistema sempre più articolato? Affidandosi a sofisticati metodi digitalizzati. Il primo è l’automazione di alcune tipologie di test, quelle dove la guida è più ripetitiva. In pista, i sistemi automatici prendono il controllo del veicolo. Lo step successivo prevede che i collaudatori percorrano un determinato tratto di strada in modo che i sistemi possano registrare velocità, accelerazioni longitudinali e laterali, i dati GPS e tutto quello che potrà servire come punto di riferimento. Tutte queste informazioni costituiscono la base per i dispositivi automatici che effettueranno poi i collaudi, con capacità di guida crescenti, grazie anche all’uso dell’intelligenza artificiale.
Il simulatore
Un’importanza crescente in Porsche la sta assumendo, ormai da qualche anno, il simulatore. Sì perché i collaudi, siano essi effettuati da esseri umani o da robot, costano parecchio in termini sia economici sia di tempo, senza contare che nella fase sperimentale sono pochi i veicoli disponibili. Ecco dunque il vantaggio del mondo virtuale. Tim Wright, ingegnere specializzato nello sviluppo dei simulatori per la dinamica di guida, spiega: “Abbiamo creato un banco in cui il veicolo completo e i suoi sistemi sono chiamati a funzionare e a interagire tra loro come nell’utilizzo reale. Questo permette di mettere in luce eventuali problemi fin dalle primissime fasi”.
Per rendere tutto più realistico, il collaudatore impegnato nelle sessioni al simulatore sperimenta anche le sensazioni della guida reale, come per esempio quella dell’intervento del sistema di mantenimento della corsia sul volante. Ancora, le scene di “vita vera” sono registrate sulle strade aperte al traffico e riportate poi nel software del simulatore, fino all’ultimo dettaglio. Il che, com’è facile intuire, regala un doppio vantaggio: da una parte si arriva a una messa a punto precisa e “aderente” alla realtà. Dall’altra, si azzerano i rischi per i collaudatori e per gli altri utenti della strada.