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Lamborghini Countach: la rabbia e l’orgoglio

La supercar bolognese, in produzione dal 1974 al 1990, appartiene al club delle vetture più cattive, brutali e aggressive mai realizzate. Mossa da un 12 cilindri a V portato sino a 5,2 litri, arrivò a “eruttare” 470 cv. La linea? Ancor oggi innovativa.

Dopo la sua nascita, il mondo delle supercar non fu più lo stesso. Ferina, esagerata, brutale tanto nel carattere quanto nell’estetica, la Lamborghini Countach ha fatto storia.Ideata da Bertone, disegnata da Marcello Gandini – padre anche della Fiat X1/9 e della Lancia Stratos – e prodotta dalla Casa di Sant’Agata Bolognese, fu l’erede della Miura e anticipò la Diablo, restando in produzione dal 1974 al 1990. Una longevità eccezionale legata a una linea immortale, massimo esempio del design a cuneo, che si accompagnava però a un’anomalia: il nome non derivava da un toro, come tradizione per Lamborghini, bensì da un’espressione dialettale piemontese di marcato stupore. Larga e bassissima (2 metri per 1,06), poteva contare su soluzioni avveniristiche per l’epoca quali le portiere ad apertura verticale, i fari a scomparsa, il telaio a traliccio in acciaio by Marchesi, le sospensioni a triangoli sovrapposti e la carrozzeria in laminati d’alluminio e fibra di vetro.Il propulsore, collocato centralmente in posizione longitudinale (da qui la sigla LP “longitudinale posteriore”), era un V12 24V di 3.929 cc alimentato mediante carburatori Weber doppio corpo. Particolarità tecnica, il cambio manuale a 5 marce era collocato in corrispondenza dell’abitacolo, costringendo l’albero di trasmissione a raggiungere il differenziale autobloccante attraverso un apposito passaggio ricavato all’interno del blocco motore. Una scelta dettata dalla volontà di concentrare le masse verso la zona mediana della vettura. La prima versione della supercar italiana, risalente al 1974, venne identificata con la sigla LP400 e poteva contare su 375 cv a 8.000 giri/min e 361 Nm di coppia. Toccava i 315 km/h – fu la Countach più veloce di sempre – scattava da 0 a 100 km/h in 5,4 secondi e venne soprannominata “periscopica” per il caratteristico taglio lungo il tettuccio dovuto alla presenza, in fase esclusivamente prototipale, di uno specchietto retrovisore a periscopio. I cerchi da 14 pollici calzavano pneumatici con un’ampiezza del battistrada di soli 215 mm; una caratteristica destinata a mutare già dalla fine degli Anni ’70.La svolta, per la Countach, si ebbe nel 1977 quando Walter Wolf, proprietario dell’omonima scuderia di F1, fece realizzare tre esemplari “evoluti” della vettura. Nacque così la LP 400S, sviluppata da Dallara, forte di cerchi in magnesio da 15 pollici – calzanti pneumatici ribassati e dalla sezione ben più generosa (345 mm) – di passaruota allargati e di un inedito spoiler anteriore. Nel 1982 debuttò la LP 500S, differente nel motore portato a 4.754 cc, ma sempre con 2 valvole per cilindro e con carburatori Weber (maggiorati). Un’unità accreditata di 375 cv che, complice il peso di 1.480 kg dell’auto, portava in dote un rapporto peso/potenza di 3,95 kg/cv.Marzo 1985. Salone di Ginevra. La Countach diventa belva: debutta infatti la versione LP500 QuattroValvole, destinata ad arginare il successo della Ferrari Testarossa. Il V12 cresce sino a 5.167 cc, le valvole diventano 4 per cilindro e i carburatori Weber sono sempre 6, ma verticali e collocati al di sopra del motore. La supercar bolognese può così contare su 455 cv dichiarati – 470 cv nella realtà – e il vistoso alettone, da sempre optional, diventa un must cui nessun cliente vuole rinunciare. Il peso cresce a 1.490 kg nonostante i cofani in Kevlar e dal 1987 divengono disponibili le impressionanti minigonne che raccordano i passaruota favorendo il raffreddamento dei freni. La 25th Anniversary, lievemente modificata nell’aspirazione – adotta un air box in carbonio – risale al 1988 e viene ricordata per essere stata la Countach più stabile mai realizzata, oltre che la più venduta (660 unità), mentre la LP Turbo S non è mai entrata in produzione: realizzata in due soli esemplari, vedeva il V12 4.8 biturbo erogare 758 cv e 876 Nm a fronte di un peso di 1.515 kg. Valori da capogiro per l’epoca (1984), cui conseguivano uno scatto da 0 a 100 km/h in 3,7 secondi e 333 km/h di velocità massima.Non vide mai la luce nemmeno la Countach Evoluzione, vero e proprio laboratorio viaggiante per la Casa di Sant’Agata Bolognese. L’unico prototipo realizzato, andato distrutto durante alcuni test, consentì comunque a un giovane Horacio Pagani – fondatore e patron dell’omonima factory dedita alla produzione di supercar – di cimentarsi con le fibre composite, sperimentando la sostituzione del telaio tubolare con una futuristica, per l’epoca, monoscocca in carbonio. Countach, del resto, era nata per innovare e stupire…

 

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