fbpx

E-fuel e biocarburanti, cosa sono e come si ottengono

Il tema dei carburanti alternativi, e-fuel e biocarburanti, è di grande attualità. Vediamo cosa sono e come si producono

Nei giorni scorsi si è fatto un gran parlare di e-fuel e biocarburanti (o biofuel che dir si voglia), in seguito alla presa di posizione della Germania e di altri paesi, tra cui l’Italia, sulla normativa europea che prevede lo stop alle vendite in Europa delle auto con motore a combustione a partire dal 2035. Noi ce ne siamo occupati più volte, qui ad esempio, e anche qui. Per riassumere, la Germania di fatto ha bloccato l’iter finale del provvedimento chiedendo una deroga per consentire anche dopo il 2035 la vendita di veicoli con motore a combustione in grado di utilizzare gli e-fuel (noti anche come carburanti sintetici). Il nostro Paese spingeva perché fosse concessa una deroga anche sui biocarburanti. L’UE alla fine ha accolto la richiesta sugli e-fuel ma non quella sui biocarburanti. Questo ha allungato la vita del motore a combustione oltre il 2035, almeno in teoria: cosa succederà veramente è tutto da vedere. Ci sono infatti ancora 12 anni da qui al 2035 e la tecnologia va avanti. Noi pensiamo che alla fine sarà il mercato a scegliere la via migliore, che poi sarà anche la più conveniente. I motori a combustione potranno  quindi sopravvivere anche dopo il 2035, a condizione però che possano funzionare solo ed esclusivamente con e-fuel. Come questo si tradurrà nella realtà, gli aspetti tecnici e come effettuare le verifiche del caso, sarà oggetto di successivi regolamenti.

Le vecchie auto a benzina e diesel si potranno utilizzare anche dopo il 2035

Prima di vedere cosa sono e come si ottengono gli e-fuel e i biocarburanti è importante sgombrare il campo da eventuali dubbi: le auto con motore a combustione (benzina o diesel) si potranno continuare ad utilizzare anche dopo il 2035. La normativa europea stabilisce infatti che dal 1° gennaio dal 2035 non si potranno più vendere auto nuove con motore a combustione (fatto salvo per i modelli in grado di funzionare esclusivamente con gli e-fuel): fino alla fine del 2034 si potrà comprare un’auto a benzina e a gasolio. Chi ha già un’auto con motore a combustione non sarà quindi costretto a cambiarla nel 2035, ma potrà continuare ad utilizzarla, questo fatte salve limitazioni specifiche alla circolazione per i veicoli più inquinanti, ad esempio nel centro delle grandi città.

E-fuel, per produrli servono acqua ed energia

Gli e-fuel non derivano da fonti fossili, non si ottengono dal petrolio come benzina e il gasolio “normali”, ma si producono combinando chimicamente tra loro alcuni elementi: idrogeno e anidride carbonica principalmente. e-fuels, come si ottengono i carburanti sisteticiSemplificando un po’, la prima fase della produzione degli e-fuel consiste nell’elettrolisi dell’acqua (H20), un processo che funziona al contrario della reazione chimica che avviene in una pila: con l’elettrolisi, facendo passare corrente elettrica attraverso l’acqua, è possibile separare idrogeno e ossigeno. L’idrogeno così ottenuto viene quindi miscelato con anidride carbonica e alcune sostanze catalizzanti. L’anidride carbonica viene catturata dall’aria, facendola passare mediante grandi ventilatori attraverso alcuni filtri. Quello che si ottiene alla fine del processo è metanolo sintetico (CH3OH), che tramite raffinazione viene poi trasformato in e-Benzina, e-Diesel, e-Gas o e-Kerosene, a seconda degli utilizzi previsti.

Per ottenere gli e-fuel occorre molta acqua (due litri per ottenerne uno di e-fuel), ed energia. Per non usare preziosa acqua potabile viene utilizzata quella di mare desalinizzata. Perché il processo sia sostenibile anche dal punto di vista energetico, l’energia elettrica impiegata viene ottenuta da fonti rinnovabili. Dal punto di vista delle emissioni di anidride carbonica il bilancio si chiude in pareggio perché per ottenere i carburanti sintetici l’anidride carbonica viene catturata dall’aria e poi emessa di nuovo in ambiente dai motori a combustione alimentati tramite e-fuel. Inoltre secondo alcuni studi, i propulsori che utilizzano e-fuel emettono una minore quantità di ossidi di azoto e di particolato rispetto a quelli funzionanti con i carburanti convenzionali. Il procedimento per ottenere gli e-fuel è però costoso: attualmente non esistono distributori di e-fuel ma il prezzo di vendita stimato oggi sarebbe compreso tra i 20 e i 30 euro. Prezzo destinato a scendere con la produzione in volumi più elevati, grazie alle economie di scala, fino a diventare equiparabile a quello dei combustibili tradizionali.

e-fuel, impianto pilota Porsche in Cile

Tra i principali sostenitori degli e-fuel ci sono Mazda e Porsche. La casa tedesca in particolare ha già messo in campo importanti investimenti, realizzando un impianto di produzione del combustibile sintetico presso l’impianto pilota “Haru Oni” a Punta Arenas, in Cile, una posizione strategica scelta per via la presenza di forti venti forti, dove è facile ottenere energia green tramite pale eoliche.

Leggi anche: “Porsche e-fuel, lunga vita al boxer!”

Biocarburanti, arrivano dagli scarti

Questi carburanti si ottengono dalle biomasse, cioè da scarti di materia organica di origine vegetale o animale. In pratica rifiuti organici urbani, dell’industria agroalimentare e forestale, come grassi, olii, e residui della coltivazione. I processi di produzione si basano sulla fermentazione delle biomasse tramite alcuni batteri, in questo modo si ottiene il bioetanolo. Il biodiesel si ricava invece da un processo chimico (transesterificazione) nel quale grassi di origine animale e olii vegetali vengono trattati con un reagente alcolico (metanolo o etanolo) e alcuni catalizzatori. L’alcol, reagendo con gli acidi grassi, produce biodiesel e glicerolo. Il biodiesel cosi ottenuto è grezzo e per ottenere il prodotto finale occorre una fase di raffinazione. I biocarburanti  sono considerati carbon neutral perché una volta bruciati nei motori dei veicoli riemettono l’anidride carbonica già presente nelle biomasse e sottratta all’ambiente. Come per gli e-fuel, il bilancio si chiuderebbe quindi in parità, o quasi.e-fuel

Perché il processo sia sostenibile è importante partire da biomasse ottenute da sostanze non adatte alla produzione di alimenti. Altrimenti sarebbe uno spreco di risorse e non avrebbe alcun senso ecologico.

L’HVO (Hydrotreated o Hydrogenated Vegetable Oil), ovvero olio vegetale idrotrattato (o idrogenato) è tra i biocombustibili più conosciuti: una volta raffinato permette di ottenere il biodiesel. Già oggi viene miscelato in una piccola percentuale nel gasolio ottenuto dal petrolio, ma può essere utilizzato anche da solo per alimentare il motore diesel delle autovetture più recenti. Eni lo produce negli impianti di Venezia e Gela (CL) e lo distribuisce già con il nome commerciale di HVOlution in alcune servizio italiane.

Eni, stazioni di servizio con biodiesel HVOlution
Eni, stazioni di servizio con biodiesel HVOlution

Proprio la disponibilità è tra i  principali vantaggi del biodiesel: si trova già alla pompa, può quindi essere utile fin da subito per contribuire al processo di decarbonizzazione. Inoltre gli impianti di produzione sono simili a quelli petroliferi, le raffinerie si possono convertire senza grossi investimenti. Ci sono però pareri discordanti sull’origine delle materie prime che, come abbiamo detto dovrebbero provenire da materiali di scarto perché la produzione sia sostenibile. Secondo alcuni c’è il rischio che non sia così e potrebbero essere sottratti spazi alle colture alimentari.

Articoli correlati
Prova BMW M5 G90: gioco di prestigio
Prova Mini Aceman - La giusta via di mezzo?
Prova Kia EV3 - Il SUV elettrico compatto che pensa in grande