L’altro lato della…turbina
Peccato però che due fattori congiurassero contro la sovralimentazione a ogni costo: il turbo lag e la tragedia di Elio De Angelis. Il primo iniziava ormai a fare storcere la bocca a chi si trovava un’ammiraglia con il comportamento stradale di una sportiva: schiaccio, accendo una sigaretta (negli anni Ottanta del Camel Trophy il fumo non era ancora così politicamente scorretto come oggi!) e attendo che la potenza arrivi. Tutta d’un colpo, magari in curva, senza controlli di trazione o ABS alcuno.
Elio De Angelis, su una delle auto più avveniristiche, sbagliate e sfortunate della storia – la “sogliola” BT55 progettata da Gordon Murray – trovò la morte a Le Castellet nel 1986 durante una sessione privata di prove. Le cause sono molteplici: il romano, dopo avere perso l’ala posteriore, si trovò un’auto ingovernabile che finì la propria corsa contro un muro. I primi soccorsi arrivarono dopo decine di minuti, e da allora la FIA impose anche per i test privati gli stessi standard di sicurezza delle gare. Sull’onda dell’impatto emotivo, si identificò nel turbo e nelle mostruose potenze raggiunte dai propulsori (1.300 CV in regime da qualifica se non di più) il principale colpevole.