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Biaggi, cala il sipario da Campione del Mondo

Il Corsaro Max lascia il posto a Massimiliano. Uomo nei suoi quarantuno anni, pilota da più di venti, con quell'inquietudine che lo ha sempre contraddistinto che ormai sembra velata

Il Corsaro ha detto basta, là dove tutto ha avuto inizio: Vallelunga. Davanti a pochi intimi, commosso. Il viso una pietra, gli occhi bassi, da padre di famiglia e non più da furetto. È stato lui a volere spegnere il sacro fuoco della sfida, ad essere artefice del proprio destino. Già, lasciare da Campione del Mondo in carica non è da tutti, specie quando è pronto sul tavolo un rinnovo biennale con Aprilia – bei soldi – e la proposta di François Batta per cambiare casacca e inforcare la Panigale sembra quasi una catarsi nei confronti del Nemico Storico di Tavullia, che dalla Rossa di MotoGP è sceso a capo chino.

Ecco, nel gesto di Max Biaggi si legge chiara la decisione di essere lui stesso il proprio Grande Burattinaio: lascio perché sono io a deciderlo. Non la carta d'identità, non la cartella clinica: semplicemente, la spina l'ha staccata Massimiliano. Già, perché l'anagrafe recita così: Biaggi Massimiliano, nato a Roma il 26 giugno 1971. Quarantuno primavere fa, quando per strada il Sessantotto lo respiri ancora dappertutto, sospeso tra ideale e veleno. Quando il rogo di Primavalle è ancora da essere ma i frutti dell'odio sono già tragicamente maturi, il giovane pischello Massimiliano inizia a camminare e a sbucciarsi le ginocchia in bicicletta.

Più calcio che moto: il cuore giallorosso si è manifestato già da tempo quando il diciassettesimo compleanno colpisce al cuore il talento pedatorio di Max, che pure si dice sia notevole. Minimoto, gli occhi si illuminano con quella stessa luce da predatore di podi che gli abbiamo visto tante volte in televisione. Addio al calciatore, sboccia quel campione delle due ruote che Roma ha solo accarezzato con il compianto Tommaso Piccirilli, il Re di Vallelunga che neanche il disperato intervento di un allora implume Dottorcosta non è riuscito a salvare un maledetto giorno di aprile del 1975 a Imola.

Con Max, il sor Pietro e basta. “I miei si separarono che ero ancora un bambino. Fu mia madre ad andarsene da casa: capii che non ero più al centro della sua vita. Non ho più avuto il desiderio di cercarla perché mi sono sentito più vicino a papà: l'ho visto più attento a me e a mia sorella, mentre in mia madre avvertivo una perdita d'interesse nei miei confronti”. Venticinque anni di silenzio. Di quelli che danno tanto da pensare e molto da rispettare. Le prime parole con mamma Olga solo dopo la nascita di Inès Angelica, avuta da Eleonora Pedron nel 2010. Un riavvicinamento senza dimenticare nulla, in perfetto stile-Biaggi. Stavolta non Max, semplicemente Massimiliano, ma un Massimiliano uomo e non più pischello: quell'abbreviazione è figlia delle sue prime stagioni nel Mondiale 250. Un ciak si gira che lo fa personaggio, ed è giusto che sia così: l'Italia delle due ruote ne ha bisogno.

“Vedere mia madre con in braccio la nipote è una bella sensazione. Nel nostro turbolento rapporto si è aperta una fase nuova. Anche se non è possibile tornare indietro e alcune cose non possono essere superate dopo una semplice vacanza”. Le dichiarazioni, Max le rilascia a due diversi rotocalchi a quattro anni di distanza. Prima non gliele avrebbero estorte neanche sotto tortura. Al massimo, da neocampione del mondo nella classe 250, si limita a prestare il suo viso a un fotoromanzo in tre puntate che compare su Grand Hotel: la bella di turno è Arianna David, anche lei romana, all'epoca Miss Italia in carica.

Una donna stupenda, come molte che sono state al fianco del pilota-Biaggi, che in un lustro o poco più passa dalla Sport Production prima all'Europeo poi, per debuttare nel Mondiale con l'Aprilia factory, cambiare squadra e vincere il primo titolo con la Casa di Noale. Massimiliano dai capelli tanto anni Novanta e dal piglio di ragazzo sveglio lascia il posto al Corsaro. Livrea nera, numero 4 che diventa ben presto l'1 del campione e una notorietà che va oltre l'accoppiata Gazzetta-Motosprint. 

Come Corsaro, Max Biaggi scrive il proprio nome per altre tre volte nel Mondiale 250. La terza dopo un addio con tanto di porte sbattute a Noale, su una Honda che porta alla vittoria a dispetto di una cifra tecnica inferiore all'Aprilia, e la quarta dopo essere tornato – da strapagato figliol prodigo – tra le braccia di Ivano Beggio. Poi, il salto all'inferno della 500, contro i mostri sacri. Anzi, contro l'australiano dai capelli canuti figlio del dolore e pregno di talento: Mick Doohan, da quattro anni di fila trionfatore nella classe regina.

Esordio a Suzuka, pole, vittoria. Non di quelle normali: di quelle da fare gridare al nuovo Messia. Un titolo conteso (con una moto non ufficiale) a Sua Maestà fino a due terzi di campionato, con tanto di acuto a Brno davanti all'ipertrofica fidanzata Anna Falchi. Con tanto di impennata a 90 gradi sul traguardo, rischio di una colossale figura in mondovisione e colpo di freno riparatore a trasformare in virtuosismo ciò che per un comune mortale sarebbe stata una rovinosa caduta. Sfuma sul filo di lana, il Mondiale '98, e sfumerà tante altre volte. Un alloro imprendibile per il nono Re di Roma (l'ottavo appartiene alla sfera calcistica di Roma, e risponde al nome di Paulo Roberto Falçao), anche perché all'orizzonte compare un elfo dalla bizzarra cadenza romagnolo-marchigiana: un certo Valentino Rossi.

E' tosto, il ragazzino, e Max gli sta simpatico come una purga presa controvoglia: introverso e meticoloso l'uno, guascone e gran comunicatore l'altro. Il giorno, la notte e lo sgarbo: quello della bambola-Claudia Schiffer che simboleggia un passaggio di consegne avvenuto a suon di risultati sportivi. Tu flirti con la Venere Nera? Bene, io porto a spasso una bambola gonfiabile. Ma ti batterò in pista: questo nel 1997. Max si appresta al salto in 500, Valentino sta per vincere il primo Mondiale in 125. Rossi è stato ottimo profeta, e Biaggi un numero due d'assoluta eccezione. Il rivale per antonomasia, per capirci. Uno di quei numeri due, risultati alla mano, fatti apposta per esaltare le doti del numero uno. Un Bartali di fronte al miglior Coppi: il terzo uomo, il Magni di turno, non c'è. Di tanto in tanto si chiama Gibernau, ma lo spagnolo è troppo altalenante per intromettersi in una faccenda di casa nostra. Al limite, Capirossi: ma il dualismo non lascia spazio a terzi attori.

Tra Honda e Yamaha, con il ritorno definitivo alla Honda nel 2003, si conclude l'avventura in quella 500 divenuta nel frattempo MotoGP. Un tabù mai sfatato e con un epilogo amaro: anno 2005, Valentino annichilisce la concorrenza e Max non vince neppure un Gran Premio. Le sue critiche alla Honda gli valgono un ostracismo pesantissimo: è tempo di Superbike, dopo dodici mesi sabbatici.

Tra le derivate di serie lo stilista Biaggi si scopre anche leone: con la Suzuki vince all'esordio nel 2007 a Losail, restando in lizza per il Mondiale fino all'ultima gara; un anno dopo, sulla Ducati Sterilgarda, si scontra duramente con la realtà da privato. Va oltre i limiti, e paga sulla propria pelle. Australia, a casa dell'ufficialissimo Troy Bayliss: lo psicologo Biaggi – se corresse in Formula 1, sarebbe un perfetto Prost: ma la sua esperienza con le quattro ruote non va oltre un paio di test, prima con la Ferrari nel '99 e poi con la Midland nel 2006 – vuole annichilire il rivale sul circuito di casa propria. Il Golia nero che batte il Davide rosso. Finisce con una frattura a un braccio a seguito di una rovinosa caduta. Ma il Corsaro diventa Gladiatore: sputa sangue e ingoia rabbia. Si fortifica, guida spesso di sciabola pur mantentendo pronto il fioretto. Decidendo alla fine di tornare all'ovile per la terza volta in carriera.

Aprilia, ultimo atto. In quattro anni arrivano due titoli iridati: è l'Italia che piace. Anzi, che Piaggio: Max non è uomo di Beggio ma di Colaninno. Così va la vita: i capelli vanno e vengono, a volte c'è il pizzetto e qualche volta no, negli anni dispari va male e in quelli pari si vince il Mondiale. Secondo pilota nella storia a vincere tra i prototipi e tra le derivate di serie, non certo poca cosa. Eleonora è con lui, sin dal crepuscolo della MotoGP; Max rimane il solito perfezionista tendente all'esternazione che in molti definiscono lamento, ma i suoi spigoli vengono erosi dagli occhi azzurri e dalla dolcezza della miss. Fino all'ultimo atto. A sorpresa, perché nulla è scontato quando si nasce Massimiliano, si vive da Corsaro e poi ci si riposa da Gladiatore. A testa alta, uscendo dall'arena con l'ultimo trofeo tra le mani. “Niente sarà come prima”, il suo commiato commosso. Sipario definitivo. Applauso al Pilota, lungo vent'anni e culminato con l'Uomo.

 

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