Ne abbiamo già parlato prima dell’EICMA ma vogliamo approfondiamo la conoscenza con GR1T Motorcycles, un nuovo player nel mondo delle moto elettriche. Lo facciamo grazie a Massimo Lotti, fondatore di Wheelab, la società italiana, per la precisione riminese, che partendo dalle specifiche di progetto ha realizzato lo sviluppo e sta ora curando l’industrializzazione delle future GR1T.

Avete fatto un punto interno sul progetto dopo l’EICMA?
Sì, certo. Il giovedì pomeriggio facciamo una riunione settimanale di aggiornamento sul progetto. In fiera avevamo esposto alcuni prototipi, mentre ora stiamo entrando nella fase di industrializzazione, stiamo sviluppando la moto in modo molto più dettagliato.
A Motor Bike Expo di gennaio 2026 vedremo qualcosa di nuovo rispetto all’EICMA?
Sì, ci sarà una nuova versione in aggiunta a quelle già viste. In totale saranno tre modelli: una versione più city, una più enduro e questa nuova variante con una vocazione più “utility”, ad esempio per le forze dell’ordine e per altri utilizzi di tipo professionale. Verrà presentata sia come prototipo sia attraverso pannelli e rendering che la mostrano in contesti specifici. I piccoli veicoli elettrici si prestano molto bene a utilizzi alternativi, dove servono silenziosità, sostenibilità o entrambe le cose. Del resto la moto è volutamente molto versatile: il telaio è intercambiabile, le carrozzerie sono comuni. È una piattaforma modulare, pensata così fin dall’inizio.

Quando abbiamo visto la moto dal vivo ci è sembrata già molto vicina a un prodotto di serie.
Questo deriva anche dal nostro background. Wheelab è una società di consulenza che si occupa di design e progettazione per le Case motociclistiche. Il nostro team ha 30 anni di esperienza e ha firmato molti progetti oggi sul mercato. Abbiamo lavorato oltre dodici anni con BMW su tutta la gamma Urban, dagli scooter 400 ai vari X e GT, e vantiamo collaborazioni con KTM, Yamaha e molti altri, in Europa, India e Cina.
Questo vi ha aiutato ad accelerare il processo di sviluppo?
Moltissimo. Il vantaggio di lavorare con una realtà come GR1T è la snellezza. Applichiamo processi di qualità derivati dai grandi costruttori, ma senza la rigidità delle milestone tradizionali che spesso rallentano lo sviluppo. Le decisioni vengono prese più velocemente, possiamo prendere scorciatoie intelligenti senza compromettere la qualità. Per BMW, ad esempio, lo sviluppo di uno scooter richiedeva anche 48 mesi. Qui possiamo fare tutto in molto meno tempo.

L’idea delle batterie estraibili nasce da voi o dal cliente?
Era una specifica di progetto. Noi abbiamo lavorato sull’architettura, ad esempio posizionando l’ammortizzatore sotto il motore per creare spazio per un vano casco. La moto resta un mezzo da commuting urbano, ma deve anche essere divertente da guidare, non solo comoda come uno scooter. Ed è molto divertente, anzi tende quasi a “istigare” chi la guida…
Il tema del prezzo finale sembra centrale nel progetto.
Assolutamente sì. Abbiamo lavorato molto con startup in passato e spesso il problema è stato perdere di vista il costo finale del prodotto. Qui invece siamo stati allineati fin dall’inizio: ogni scelta è stata fatta considerando peso e costi insieme, che è la parte più difficile. Il prezzo che ne risulta è realistico e anche aggressivo.

Come si riesce a contenere i costi senza compromettere la qualità?
Attraverso la selezione intelligente della componentistica. Ad esempio i display oggi vengono dalla Cina, ma parliamo di componenti con specifiche superiori a quelle che BMW richiedeva anni fa: resistenza alle vibrazioni, protezione all’acqua, accelerazioni elevate. Lo stesso vale per la carrozzeria: limitare al minimo i pezzi verniciati, usare superfici goffrate, alluminio solo dove è davvero visibile. Sono scelte che incidono molto sia sui costi sia sull’estetica.
A livello di design la moto ha una forte identità visiva.
Era voluto. Abbiamo spezzato nettamente la parte posteriore da quella anteriore, limitando le carenature e creando una sorta di “scultura” posteriore. Molte moto elettriche viste dall’alto sembrano bidimensionali e piatte. Noi abbiamo cercato una forma sinuosa, anche nella vista dall’alto. Una moto elettrica può essere bella come una termica, senza doverla imitare.

Quanto conta la personalizzazione nel progetto?
Moltissimo. Il pannello laterale è un elemento chiave: è molto personalizzabile dal punto di vista grafico. L’idea era di avere un “serbatoio che non sembra un serbatoio”, che svolge la sua funzione senza scimmiottare il passato.
Dal tuo osservatorio come vedi il mercato delle moto elettriche oggi?
Il mercato ha bisogno di essere aperto. Se un player come Honda entra è un segnale estremamente positivo. Serve qualcuno che si assuma la responsabilità di verificare se questo mercato può esistere davvero. GR1T non è un follower: deve avere un suo carattere. Per questo puntiamo su batterie estraibili, accessori, customizzazione, app dedicate e soluzioni smart, come le telecamere integrate per sicurezza e antifurto.

L’elettrico cambia anche il vostro modo di progettare?
Sì, completamente. Con il motore termico ci occupavamo soprattutto di integrazione, perché il motore arrivava già sviluppato. Con l’elettrico partiamo da un foglio bianco: sviluppiamo anche il powertrain. Questo ci permette di realizzare un veicolo “chiavi in mano” e di inventare davvero il layout da zero, con molta più libertà.
In che fase siete oggi in termini di qualità di guida?
La moto è già divertente da guidare. È leggera e questo si sente tantissimo nell’accelerazione: non è una questione di potenza assoluta ma di reattività. Stiamo lavorando sull’autonomia e contiamo di raggiungere i 150 chilometri effettivi. I tempi di sviluppo sono realistici e per noi sono vere milestone, da rispettare in modo trasparente.




