Il segreto sta tutto lì, in quella sigla DCT che ricorda che dentro ai carter del V4 Honda non c’è un cambio normale ma il “doppia frizione” che ha rivoluzionato il modo di guidare. È questa sicuramente una delle peculiarità della Crosstourer, oltre al motore V4, l’unico 4 cilindri della categoria. Chi scrive ammette di aver pensato a una esagerazione quando vide per la prima volta la Crosstourer: dopo aver guidato a lungo questo modello possiamo dire che Honda ha fatto davvero un gran bel lavoro. La Crosstourer DCT è un’ottima moto stradale, con un comfort davvero elevato (si gioca con la Triumph il titolo di miglior sella della categoria) che consente di macinare chilometri all’infinito senza accusare stanchezza. La protezione dall’aria è ottima, il motore è pieno di carattere, ha un bel sound e un’erogazione eccellente, che spalma potenza e coppia in modo praticamente perfetto. Inoltre l’elettronica, pur non sofisticata come quella di KTM e BMW – non ci sono le mappe motore ma le modalità d’intervento del cambio (Drive e Sport), non previste le sospensioni elettroniche – funziona molto bene, anche se il controllo di trazione, una volta entrato in azione, impiega un po’ troppo tempo a ripristinare la potenza. È una moto con cui viaggiare senza sosta, scendendo di sella dopo 1.000 chilometri senza nemmeno essere stanchi, specialità che in questo caso la Crosstourer condivide con la Triumph. Un punto di merito va senza dubbio al DCT, fido alleato del rider: consente di guidare con maggiore relax senza perdere un briciolo del piacere di guida. Questo finché si viaggia senza troppa fretta, perché se il ritmo si alza e le altre moto tentano di scappare è meglio passare al comando manuale, per avere sempre il rapporto giusto al momento giusto. Inoltre quando si guida in modo sportivo la Crosstourer inizia a diventare un po’ “dondolona”, con trasferimenti di carico piuttosto evidenti, che aumentano se si viaggia in coppia, consigliando un’andatura meno sincopata rispetto a quella che è possibile tenere con BMW e KTM. Nonostante faccia di tutto per nasconderlo con un ottimo bilanciamento ciclistico, (senza però riuscirci bene come la BMW) questa Honda accusa, infatti, un peso piuttosto elevato che quando si inizia ad alzare il ritmo si fa sentire. Da lode il cardano, il migliore del confronto, esente da giochi e morbidissimo nella trasmissione della potenza. Si nota, invece, che la sezione degli pneumatici appartiene ormai alla vecchia generazione di maxi enduro. Il 150 posteriore, soprattutto, è un po’ piccolo per una moto di questo peso.