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Mi manca l’aria

Se BMW l’ha abbandonato per il suo Boxer, c’è chi non lo ha ancora fatto e chi addirittura lo ha rilanciato. Parliamo del raffreddamento ad aria, che rende i motori semplici, leggeri e belli da vedere. Per quanto ancora?

Alla fine anche BMW ha mollato il colpo. Per il suo nuovo motore Boxer della R 1200 GS ha scelto di abbandonare il raffreddamento ad aria per quello a liquido. Ovviamente c’è stato chi ha storto il naso: la “purezza” e il fascino di un motore raffreddato ad aria non saranno mai eguagliabili da uno raffreddato a liquido. Così dicono i puristi. Ma a tutto c’è un limite. E il limite per questo tipo di motori è marcato dalle norme sull’inquinamento, oltre che dalle prestazioni in continuo aumento. Sul piano tecnico i vantaggi del raffreddamento ad aria sono molti, soprattutto su una moto, dove la meccanica è parte integrante dell’estetica.

Il motore è più leggero, non ci sono manicotti e radiatori (anche se negli ultimi motori ad aria la funzione raffreddante è svolta anche dall’olio) e cresce il fascino della moto. In passato c’è stato chi del suo motore ad aria ne ha fatto un’icona di sportività, per esempio Ducati che con il Desmodue (il vero “pompone” ormai sopravvissuto solo sulla Monster) ha corso per anni; oppure Suzuki, che ai tempi delle prime GSX-R raffreddate ad aria e olio (il sistema era battezzato SACS – Suzuki Advanced Cooling System- con caratteristica alettatura fine in stile aeronautico) lo ostentava come elemento prestazionale.

L’esempio delle auto

Anche nelle auto c’è stato chi ha tenuto duro a lungo. Motori chiusi nei cofani, poca estetica, tanta tecnica e difficoltà nel raffreddare un motore “chiuso in una scatola”. Il mondo dell’auto ha abbandonato il raffreddamento ad aria molto presto, anche se c’è chi lo ha mantenuto a lungo. Molti motori ad aria per auto sono entrati nella storia: basti pensare al bicilindrico della Fiat 500 (poi passato sulla 126) o al boxer 4 cilindri della Volkswagen maggiolino, progettato in tempo di guerra per essere affidabile, robusto e per partire anche a temperature polari (gli antigelo ai tempi non erano come quelli di oggi).

Da quel quattro cilindri è nato il motore Porsche, che del raffreddamento ad aria per il suo “flat six” ha fatto una bandiera. L’ultima a montarlo è la 911 (serie 993): erogava oltre 270 cv. Quando Porsche passò al raffreddamento a liquido ci fu una specie di insurrezione dei puristi, che videro questa mossa come un vero e proprio tradimento. Altri “miti” raffreddati ad aria? La Citroën 2CV e la NSU Prinz, auto che per un motivo o per l’altro hanno fatto storia, nate sempre per essere semplici e soprattutto affidabili. Perché quel che non c’è nemmeno si rompe…

Tornando alle moto, c’è chi invece del motore raffreddato ad aria ha fatto una religione (Harley), chi lo ha ricreato per le sue moto classiche (Triumph) e chi lo ha riprogettato completamente, rendendolo protagonista di prodotti nuovi. Parliamo di Moto Guzzi e Honda, che hanno scelto l’aria per la nuova California e per la CB1100.

Ad aria è ancora possibile? Su certi motori e a certe condizioni la risposta è, per il momento, sì. Motori con potenze specifiche ridotte e grossa cilindrata possono ancora affidarsi al solo vento della corsa per raffreddarsi: Honda e Guzzi lo dimostrano. Ma non sappiamo quanto potrà durare: il prossimo livello di omologazione potrebbe dare un colpo mortale agli ultimi sopravvissuti di una gloriosa stirpe di motori semplici, leggeri e “vivi” (il classico “tin tin” di un motore ad aria che si raffredda è ormai scomparso).

Quanto potrà sopravvivere? Su certe tipologie di moto potrebbe restare per sempre o addirittura tornare? Lo abbiamo chiesto Alberto Poggi Technincal director di Harley-Davidson Italia, Simon Warburton Product Manager di Triumph e all’ufficio tecnico del Gruppo Piaggio che ovviamente ha in carico la progettazione di tutti i motori Moto Guzzi, compreso quello della nuova California. Ecco cosa ci hanno risposto.

Quali sono i limiti tecnici che impediscono che il raffreddamento ad aria sia ancora diffuso come un tempo?

P. Il limite più stringente all’impiego del raffreddamento ad aria, semplificando, è la potenza specifica erogabile. Per considerazioni riguardanti la distribuzione di temperatura nei punti più critici della testa e lo scambio termico con l’ambiente, questo limite decresce sensibilmente all’aumentare della cilindrata; tuttavia per motori la cui prestazione più apprezzata non è la potenza di punta ad alto regime e dove l’esposizione delle testate al vento della corsa è ottimale, il raffreddamento ad aria naturale è ancora una valida alternativa.

T. Il problema principale con i motori raffreddati ad aria è l’efficienza. In un motore raffreddato a liquido l’acqua circonda la camera di scoppio e il cilindro, il che significa che la temperatura è tenuta maggiormente sotto controllo e il sistema di gestione del motore sa esattamente a che temperatura lavora il motore in ogni momento. Il sistema di raffreddamento con termostato mantiene costante la temperatura dell’acqua tra gli 85 e i 105 gradi centigradi. Con questa costanza è possibile calcolare perfettamente la quantità di carburante per una combustione ottimale. Con un motore ad aria non esiste un termostato e non è possibile controllare la temperatura del motore. Inoltre la temperatura può essere molto differente tra la parte anteriore (che riceve più aria) e quella posteriore (che ne riceve meno). Quindi non è possibile determinare perfettamente quanto carburante è necessario iniettare nei cilindri e di conseguenza il motore è meno efficiente. Questo significa consumi più alti, naturalmente, ma, ancora più importante, significa emissioni maggiori, e visto che le norme in questo senso sono sempre più severe ciò rende la vita dei motori ad aria sempre più complicata.

H. Tutti i motori hanno una temperatura di esercizio ottimale, il miglior rendimento termodinamico: nei motori con raffreddamento ad aria le variazioni termiche sono notevoli rispetto a un motore raffreddato a liquido. Il raffreddamento a liquido consente di mantenere la temperatura sotto controllo, riducendo notevolmente gli sbalzi termici. Se si considera la propagazione termica la zona della testa in prossimità dello scarico sarà più calda rispetto alla zona dell’aspirazione, dove abbiamo un ingresso di miscela aria/benzina fresca: quindi mantenendo una temperatura d’esercizio relativamente più bassa la differenza tra la zona aspirazione e scarico si riduce, anche in considerazione delle deformazioni termiche.

Quali i vantaggi?

P. Generalmente un motore raffreddato ad aria risulta di semplice costruzione, leggero e di estetica gradevole, oltre che meno costoso. Nel caso di moto di cilindrata maggiore la vista di una bella alettatura rimane uno dei capisaldi estetici per modelli che, oltre a essere funzionali, devono anche essere belli da guardare.

T. Il motore raffreddato ad aria è più economico, più leggero e con meno componenti: ci sono meno cose che si possono rompere!

H. Sicuramente il vantaggio principale è la semplicità costruttiva, l’economicità del sistema, nessuna manutenzione.

OK al raffreddamento a liquido sui modelli con prestazioni maggiori, ma ha senso sceglierlo per le moto di piccola cilindrate? Aria e olio non basterebbero?

P. Il limite, come detto, è nella potenza specifica. Nelle piccole cilindrate unitarie ( es.: 125 – 200 cc) una potenza specifica di 100 cv/litro è perfettamente in linea con il raffreddamento ad aria. Se la potenza specifica e la cilindrata unitaria salgono oppure se lo scambio termico assicurato dall’alettatura, per layout o impiego del veicolo, non sono ottimali, il passaggio al raffreddamento a liquido è indicato e sicuramente migliorativo.

T. Mi collego alla risposta precedente: sta diventando sempre più complicato far vivere un motore ad aria per “colpa” delle normative sempre più severe in merito di emissioni. È comunque difficile capire fino a che livello sarà impossibile costruire un motore ad aria (o aria/olio) seguendo i regolamenti. Il progetto di un motore ad aria dipende anche da altri fattori.

H. Esistono dei limiti omologativi strettamente legati all’inquinamento, acustico e ambientale: un motore raffreddato ad aria è più rumoroso di un motore con raffreddamento a liquido, l’intercapedine e le camere di passaggio del liquido aiutano nell’isolare il rumore; poi, come già anticipato, il controllo ottimale della temperatura dei motori raffreddati a liquido consente di mantenere il motore a una temperatura ottimale per il miglior rendimento termodinamico, favorendo la riduzione delle emissioni.

Fino a dove si potrebbe arrivare in teoria con questo tipo di motorizzazione?

P. Ci sono già esempi di motorizzazioni le più disparate: il limite è la potenza specifica, che si può superare solo aumentando la complicazione e quindi stemperando i vantaggi classici del raffreddamento ad aria naturale.

T. Posso solo dire che sarà sempre più difficile costruire motori raffreddati ad aria, ma non posso dire quando arriverà il momento di abbandonare questo tipo di raffreddamento. Ovviamente in questo momento è possibile, noi ci riusciamo e ci sono molti altri costruttori che offrono moto con raffreddamento ad aria. Ancora non sappiamo quanto sarà difficile “passare” l’Euro4 con un motore ad aria. Quello che è certo è che lo scopriremo presto!

H. Performance a parte, il limite è dato dalle normative anti inquinamento: per dare un idea i rilevamenti sulle emissioni inquinanti vengono eseguiti ad intervalli di tempo dal suo avviamento, ma è chiaro che un motore raffreddato a liquido raggiunge prima la sua temperatura ottimale e quindi inquinerà meno, mentre un motore raffreddato ad aria impiegherà più tempo per raggiungere la temperatura ottimale con le conseguenze intuibili.

Nell’ottica di un risparmio dei costi/prezzi (visti i tempi che corrono) vedreste bene un motore ad aria su una moto che non sia di stampo prettamente classico?

P. Insieme a costi e prezzi sono da considerare anche i limiti di emissioni acustiche e gassose sempre più stringenti. Questo, insieme alla scarsa propensione dei motociclisti ad accettare riduzioni delle prestazioni, rende il raffreddamento ad aria proponibile essenzialmente su moto definibili appunto “di stampo prettamente classico”.

T. Assolutamente sì, almeno finché riuscirà a superare i limiti delle emissioni.

H. Quando fu introdotta la 5° marcia ci fu una mezza rivoluzione, adesso molti dei nostri modelli ne hanno addirittura 6 e nessuno si è lamentato; poi ci fu l’alimentazione a iniezione, e a parte qualche nostalgico credo che i nostri clienti l’abbiano ben accettata. Il nostro più grosso lavoro è evolvere le nostre motociclette mantenendo il legame estetico con il passato.

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