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MotoGP, Lorenzo è tornato

Preciso tenace, veloce al punto da far sembrare facile quella che invece è stata una vera impresa, unica Yamaha a podio in una pista poco favorevole alla moto di Iwata. Lorenzo è tornato e, nonostante Marquez, fa paura. Il commento di Max Temporali

Max Temporali, voce tecnica di Mediaset del Mondiale MotoGP, da questo mese si aggiunge all'elenco dei contributor di RED. Sarà lui a raccontarci le gare “viste da dentro”, a darci la sua opinione, a raccontarci i piloti, a “frugare” nei segreti del paddock vissuto in prima persona da uno che ha corso (e vinto) e che ora racconta le moto dietro al microfono. Dopo la SBK vivremo anche la MotoGP a modo nostro, raccontata da chi è a stretto contratto con i protagonisti

Stefano Cordara

Maturo, perfetto, veloce, regolare, tenace dal punto di vista fisico e mentale. Oltre a non guidare una ipertecnologica Honda, ha la spalla sinistra operata già due volte nell’arco di un mese e ha corso su una pista che non esalta certamente le caratteristiche della sua M1. E’ evidente che Marquez sia già avviato verso le leggende della MotoGP, ma Jorge a Indianapolis ha compiuto un’impresa forse meno d’effetto, ma che, se ci pensiamo bene, ridimensiona tutto e tutti con un colpo d’accetta. Come dire: Lorenzo è tornato e ha rimesso ordine. Lo ha fatto con la solita concretezza mostrata prima dell’infortunio: dove arriva in prova arriva in gara, senza commettere errori, sbavature, imperfezioni. 27 giri compiuti col solito ritmo regolare, dopo una partenza a cannone. Pam, l’uno e 39” fisso a lampeggiare sul cronometro con una costanza che non ha dato tregua ai due hondisti. Se poi Marquez è riuscito a passarlo, allontanandosi da lì a poco, non è stato per un calo di Jorge, ma per  merito di Marc, sceso in 39” netto per quattro giri. Segno che il margine tecnico l’aveva, come anche Pedrosa nella fase di strappo, all’opposto di Lorenzo che ha guidato sempre al limite del decimo e delle condizioni tecniche.

Altrimenti non avrebbe potuto dare 14 secondi ai suoi compagni di marca. Non l’ha fatto nemmeno Marquez su Pedrosa, che qui in America sembrava essere Superman. I decimi in MotoGP contano quanto nei 100 metri di Bolt. Lorenzo ha nebulizzato il talento di Rossi e Crutchlow con tale violenza da indurci a pensare che avrebbe vinto anche sulla Yamaha di Smith. Ecco, a proposito di prestazioni: le Honda, per caratteristiche, dovevano bruciare le Yamaha in accelerazione, eppure, nel T4, l’ultimo settore della pista composto da una esse da prima marcia e da una violenta e lunghissima sparata sul dritto dei box, è stato proprio Lorenzo il più veloce al sabato, con il solo Pedrosa capace di fare qualche centesimo meglio di lui in gara e Marquez a ricalcare il crono di Jorge con la carta carbone.

Come a farci credere che la M1 fosse veloce tanto quanto nello spunto sul quel rettilineo. “Se non hai cavalli, devi accelerare prima”, recita il modus operandi di Ramòn Forcada, suo capotecnico. Si cerca grip, stabilità in accelerazione e via così senza compromettere l’equilibrio della moto. Dopo Indianapolis, quindi con tre gare alle spalle in cui è mancato il vero Lorenzo, tutto sembra essere tornato come prima e una cosa è certa: sulle piste Honda, quelle frena-accelera, Rossi e Crutchlow non hanno saputo metterci una pezza. Valentino, alla decima gara, è ritornato ai problemi di assetto riscontrati fino a Barcellona (sesta prova in calendario). Cal invece, con quello stile sulla moto che solletica la speranza degli appassionati a vederlo fare la differenza il prossimo anno sulla Ducati, ha ottenuto la sua seconda peggior gara (in termini di distacco dalla prima delle Yamaha). Non ci fosse stato Lorenzo, in Yamaha sarebbe  suonato il campanello d’allarme.

 

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