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Prova BMW Factory SBK e STK

Tre moto ufficiali provate in rapida successione due giorni dopo la tappa del mondiale a Misano. Le BMW mondiali si sono concesse per qualche giro a un manipolo di giornalisti arrivati da tutto il mondo. In pochi, emozionanti, giri abbiamo cercato di carpirne i segreti.

Ormai è diventato un appuntamento fisso, un appuntamento di quelli a cui è vietato mancare. Il test delle moto factory BMW a metà del campionato è uno di quei “regali” che vanno scartati lentamente per gustarseli di più. Tutto è nato tre anni fa da un’idea di Danilo Coglianese responsabile stampa di BMW Motorrad. Tre anni fa la filiale italiana correva solo in Superstock, la BMW S1000RR era ancora in fase di lancio e una prova a Monza in cui comparare la moto di serie e la moto da gara (allora realmente molto vicina a quella di serie) era un buon trampolino per la sportiva di Monaco.Una buona idea, talmente buona che l’anno scorso è diventata appannaggio della Casa Madre che, sempre a Monza, ci ha fatto provare in rapida successione moto di serie, Superstock, Superbike del team Italiano e Superbike ufficiale. Nel 2012 si replica, ma si cambia location, non sono più gli interminabili rettilinei di Monza a fare da scenario alla prova, ma la tortuosa Misano, pista particolare con molte frenate secche, tante ripartenze e cambi di direzione. Perché? Faccio il malizioso: diciamo che fino allo scorso anno le BMW (parlo delle Superbike perché le Stock hanno ormai vinto a mani basse ovunque) avevano soprattutto nel motore il loro punto di forza e Monza era un buon teatro per mettere in mostra i cavalli.Quest’anno, invece, la crescita delle moto di Monaco è stata su altri fronti; grazie anche all’arrivo di nuovi “attori” le S1000RR di oggi vanno fortissimo ma si guidano in modo completamente differente, hanno conquistato la prima doppietta e sono in lizza per il campionato. Misano (oltre che per comodità visto che c’è stata la gara solo due giorni prima) è un tracciato perfetto per mettere in mostra queste nuove qualità della moto, a chi le riesce a capire…Diciamo che il lavoro per chi è invitato a provare queste moto non è proprio semplicissimo, a disposizione una minisessione di 4 giri (poi ridotta a tre a causa del classico acquazzone che ha fatto perdere un’ora e mezza), in cui se va bene (e se sei tra i veloci) giri a 7/8 secondi da “quelli veri” e in cui devi mantenere i sensi all’erta per cercare di capire sfumature non sempre percepibili. Non è facile, ma provare moto del genere è sempre molto utile, ti fa capire molte cose, e inoltre è solo in giornate come queste che si ha l’occasione di parlare con tutti: piloti, meccanici, capotecnici. Si torna a casa con un bagaglio di esperienza decisamente arricchito.Va da sé che questo tipo di prove vede di solito tre generi di approccio: Si può fare il giro della vita cercando di impressionare il team manager e convincerlo a firmarti seduta stante un contratto per l’anno successivo facendo quindi le scarpe al pilota con cui stai tranquillamente parlando nel box. Una tecnica che non funziona e, anzi, è deleteria perché non si impressiona nessuno e spesso si rischia di finire faccia a terra e di conseguenza radiati dalle prove future.L’altro approccio è non sentirsi assolutamente all’altezza, farsi prendere dal panico, dal terrore di sdraiare una moto che, bene che vada, costa un centinaio di migliaia di euro. Quindi si guida ingessati, molto peggio di come si guida normalmente (anche perché chi non è abituato alle moto da corsa troverà queste non solo esageramente potenti ma anche reattive da spavento) staccando tempi decisamente imbarazzanti (ricordo che le moto hanno l’acquisizione dati e i team vedono tutto), per poi scendere e abbozzare un giudizio azzardato tipo: “mi si muoveva un po’ in accelerazione…” oppure “si è bloccato il cambio” dimenticandosi che il cambio delle moto racing è al contrario (prima in su, le altre in giù)…Dal canto mio preferisco l’approccio numero tre: queste sono perfette moto da corsa, potranno non avere l’assetto giusto per me, ma per quanto “fuori” possano essere vanno sicuramente molto meglio di tutto ciò che guido normalmente, con gomme infinitamente migliori. Quindi entro in pista senza troppe remore, ho solo un giro? Bene mi concentro e cerco di guidare al meglio, un po’ sotto al mio limite per capire qualcosa della moto. Quest’anno poi ero anche “caldo” dalla gara corsa solo la domenica prima nella Bridgestone Cup per cui sono anche riuscito a guidare piuttosto sciolto.  Il percorso di prova è ormai noto: si parte dalla moto stradale, per poi andare in crescendo provando le Stock e le due SBK del team Factory e italiano). Ecco le mie brevi  riflessioni.S1000RR StandardDi solito è la moto con cui ci si trova meglio perché è quella più vicina alle moto che usiamo più spesso. La S1000RR non è certo una moto che scopro adesso; è efficace e ha un motore potentissimo a ogni regime. Guidarla è sempre un piacere (per l’occasione BMW ha montato anche sulle S1000RR stradali il cambio rovesciato) ma a Misano per dare il meglio avrebbe bisogno di una rapportatura finale un po’ più corta e di una regolazione delle sospensioni un po’ più sostenuta. Quello che si nota è la migliore agilità e reattività rispetto alla moto precedente, anche se il gommone da 200 con cui la stiamo utilizzando (è il Pirelli Supercorsa SC che sta correndo nel mondiale) ne toglie una parte, ricambiando in compenso con una trazione fuori della norma che chiama in causa ben poco il Traction control, anche quando apri il gas senza alcuna remora.S1000RR Stock BMW Motorrad Italia Gold BetLa moto che mi viene affidata è quella di Sylvain Barrier, un tipetto tosto. È in testa al mondiale e a Misano con una spalla operata di fresco ha vinto la gara (le BMW tra l’altro hanno fatto tripletta con Baroni e Magnoni). Per fortuna Barrier non è molto più leggero di me, per cui con il suo assetto mi trovo subito bene. La moto mi va un po’ “lunga” (vorrei meno distanza tra i manubri e la sella) ma Rossano Innocenzi (il mitico tecnico del team Superstock) mi spiega che la posizione di guida è stata modificata per questa gara perché Sylvain a causa della recente operazione non muoveva bene la spalla. La moto stock è in teoria, quella più vicina alla moto di serie. In realtà il motore è incredibilmente più reattivo (anche grazie a rapporti giusti per Misano) e devo fare i complimenti al team e a BMW per come sono riusciti a “riempire” la curva di erogazione ai medi regimi. Se non hai i medi a Misano non esci dalle curve (soprattutto se non sei veloce in percorrenza come si dovrebbe…) ma il motore della Stock mi ha impressionato per la sua capacità di riguadagnare velocità rapidamente, rispetto allo scorso anno il passo avanti è evidente. Così come appare evidente il miglioramento sul fronte della guida. Le modifiche ricevute dall’ultima versione della S1000RR di serie (diverso interasse, riposizionamento attacco forcellone, diverso angolo cannotto) arrivano proprio da specifiche richieste del team Stock e il loro effetto è evidente sulla moto da gara che è decisamente meno “pesante” nei cambi di direzione. A questo punto mi chiedo dove potrebbe arrivare questa moto se montasse un paio di cerchi forgiati come già fanno altre concorrenti in campionato. Inoltro formale richiesta: a quando una HP4 con sospensioni Ohlins e cerchi forgiati? La moto di Barrier mi è sembrata solo un po’ troppo “dura” di forcella e con una certa tendenza a “spingere” in frenata il che richiede da parte del pilota una minima assuefazione. Poi però vedo i tempi miei e suoi e capisco che ha ragione lui…BMW S1000RR SBK FACTORYL’anno scorso la prova di questa moto mi aveva lasciato molto amaro in bocca. Avevo guidato la BMW di Troy Corser, ed era qualcosa di troppo diverso dalla normalità per piacermi. La moto di Haslam rimette le cose a posto e mi è piaciuta molto, molto di più. Inutile elogiare il funzionamento delle sospensioni che per come scorrono e assorbono rappresentano il sogno proibito di ogni motociclista, la BMW è agilissima, chiude la linea in modo impressionante e per spostarla basta un leggero movimento del casco. Fantastica. È poi il motore a far venire le lacrime agli occhi per quanto va bene. Una delle domande che spesso mi sento fare quando dico di aver provato queste moto è: “com’è, un mostro?”. Nell’immaginario collettivo le moto da corsa sono missili gestibili con difficoltà da un umano. Niente di tutto questo, cavalli ovviamente ce ne sono una marea ma una moto vincente ha come punto chiave la trattabilità del motore. Erogazioni appuntite e scorbutiche possono forse essere emozionanti ma non portano da nessuna parte. Provate a chiedere a un pilota se preferisce avere la migliore velocità di punta o la migliore accelerazione la risposta sarà scontata perché i cavalli “buoni” non sono quelli che servono sul dritto ma quelli che ti fanno uscire forte dalle curve. E devono essere cavalli gestibili altrimenti rischi sempre di sbatterti per terra.Ecco, il motore BMW adesso è così, spinge in modo impressionante agli alti (arriva a 15.000 giri veri e ci arriva molto in fretta) ma conquista soprattutto per la “schiena” che ti spara fuori dalla curve come lanciato da una fionda. Nel caso della moto di Haslam, pure troppo. Vengo a sapere che Leon non usa “saturazione” (rubo il termine a Serafino Foti, sta a indicare che Haslam non usa tagli di potenza elettronici ma ha sempre tutta la potenza disponibile che poi gestisce con il gas) il che rende l’accelerazione assolutamente perentoria (ma non ingestibile) ma nel mio caso significa avere una moto che impenna di continuo (anche nel terza-quarta), e mi costringe a centellinare il gas. Più che altro Haslam è un po’ più piccolo di me (ebbene sì, esiste qualcuno più brevilineo del sottoscritto..) e per questo ha una posizione di guida molto corta e con pedane molto avanzate. Per questo motivo io non riesco a spingermi in avanti come vorrei per contrastare la tendenza all’impennata quindi è più il tempo che il muso punta al cielo di quello in cui le due ruote restano a terra in contemporanea.BMW S1000RR BMW Motorrad Italia Gold BetLa moto che guido (e quella di cui vedete l’on board) è quella di Michel Fabrizio. Osservando bene le 2 S1000RR si nota come, sebbene partano da una stessa base, siano in realtà molto differenti. La moto italiana, ad esempio, non utilizza il forcellone “rovesciato” adottato dalle moto Factory, ma anche la distribuzione dei pesi è molto differente perché il team capitanato da Serafino Foti ha scelto di dotare le S1000RR di un serbatoio molto allungato sotto la sella (la sottile imbottitura che funge da sella è adagiata direttamente sulla parte posteriore del serbatoio) realizzando una unica struttura che svolge anche il compito del codino. In pratica, togliendo il serbatoio sulla moto italiana si toglie tutta la parte posteriore. Scelte molto diverse, quindi anche se a livello di guida la moto mi è sembrata molto simile a quella di Haslam (probabilmente perché girando in 1.44 non si riescono a percepire tutte queste differenze), stessa fantastica reattività (ma il manubrio tra le mani non si muove mai…) stessa capacità di chiudere la curva, stessa commovente trazione che (almeno al mio ritmo) fa sì che il traction control resti pressoché disoccupato.Il motore della moto italiana è ufficiale BMW, arriva direttamente da Monaco, pertanto non ci dovrebbero essere differenze che in realtà ci sono e sono tutte dettate dalle scelte del pilota. Fabrizio usa i tagli elettronici della potenza, il risultato è che rispetto a quello di Haslam il motore della moto di Michel appare più svogliato a prendere i giri in uscita di curva, come se la moto avesse rapporti più lunghi. In realtà, mi spiegano i meccanici, le mappature sono tutte studiate per tiare fuori il meglio dallo stile di guida di ciascun pilota. Se Haslam può permettersi di non tagliare potenza perché magari (è una mia ipotesi) apre il gas gradualmente, Fabrizio invece spalanca più deciso lasciando poi all’elettronica il compito di erogare la giusta quantità di coppia. Per questo probabilmente i miei normalissimi movimenti di polso fanno sì che la moto appaia meno convinta in accelerazione. Dovrei spalancare senza pensarci troppo su, ma… qualcuno vuole provare?Il punto è che, alla fine, tutte queste diversità portano allo stesso risultato, la moto del Team Italiano impenna molto meno e fa strada, tanto che nonostante la telecamera a bordo il mio tempo sul giro (dell’unico giro lanciato che ci è possibile fare) è praticamente uguale a quello che riesco a ottenere con la moto di Haslam. Come mi dice giustamente un tecnico del team italiano: si lavora con soluzioni molto differenti per adattare la moto allo stile del pilota a come sta in sella, a come carica i pesi. Alla fine, mi dice lo stesso tecnico, piloti differenti usano assetti diversissimi tra loro per arrivare allo stesso risultato in termini di bilanciamento. È questo il bello del motociclismo sportivo. Pilota e moto vivono un equilibrio instabile che una volta trovato crea un binomio vincente. Non esiste la moto perfetta, non esiste l’assetto perfetto. Esiste un compromesso perfetto che ti rende vincente. Trovarlo non è mai semplice, cercarlo è quello che rende così affascinante questo sport “imperfetto”.

 

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