Ho fatto un test. Ho pubblicato sul Facebook di RED un dettaglio molto stretto del cruscotto della Yamaha FJR1300AS che riportava evidentemente un menu di sospensioni elettroniche. Ho fatto la domanda: italiana, tedesca o giapponese? Quasi nessuno ha risposto giapponese. La cosa deve far riflettere: abbiamo vissuto anni in cui la moto giapponese è stata sinonimo di tecnologia avanzata, quasi futuristica. Oggi, invece, i marchi giapponesi non sono visti come innovatori, ma come conservatori, quasi follower tecnologici rispetto ai più “sbarazzini” marchi europei che ormai ci hanno abituato bene propinandoci un nuovo sistema elettronico ad ogni modello immesso sul mercato.Cosa è successo ai giapponesi? Si sono addormentati? È piuttosto ovvio che non sia così, ma il discorso è lungo e meriterebbe un articolo a parte. Il punto importante è la filosofia costruttiva dei costruttori del Sol Levante. Un giapponese non azzarda, mai. Non mette in vendita una moto con una mappatura o un traction control che funziona bene “nel 90% dei casi”. La parola “accettabile” è a lui sconosciuta. Non monta un quickshifter se non è certo che il cambio duri almeno 300.000 km. Traguardi a volte eccessivi – improbabile che qualcuno percorra 300.000 km con una moto – richiedono più tempo per ottenere il risultato che altri sembrano aver raggiunto prima, perché hanno giudicato il funzionamento di un componente “accettabile”.Tutto dipende, quindi, da quanto alta si piazzi l’asticella. Questo a volte può far perdere dei bei treni, ma non ha impedito ai giapponesi di fare innovazione. Yamaha, ad esempio è, stata la prima Casa (in assoluto) a credere nell’elettronica applicata alle moto. È marchiata Yamaha (la R6) la prima moto con Ride by Wire (anche se parziale), sempre sua quella con l’aspirazione a lunghezza variabile. È ancora Yamaha la prima moto con cambio robotizzato, argomento oggi di grande attualità (grazie a Honda con il suo DCT) ma che Yamaha ha affrontato già nel 2006 con la FJR1300AS, largamente in anticipo sui tempi. Forse fin troppo in anticipo. Alla fine solo una su 5 FJR che uscivano dal concessionario montava il sistema YCC-S (Yamaha Chip Controlled Shift), che, meglio ricordarlo, non è un cambio automatico ma un vero e proprio cambio robotizzato (quindi con la classica frizione e tutti gli ingranaggi) e consente di rinunciare al comando della frizione (che infatti non c’è) ma lascia in mano al pilota ogni decisione su quando e come cambiare (a pollice o con il classico pedale). Il sistema, quindi, per mezzo di due attuatori riceve il comando dal pilota, disinnesta la frizione, innesta il rapporto scelto e reinnesta la frizione. Tutto da solo. Sicuramente può essere una strada alternativa verso la cambiata assistita rispetto al sistema Honda (Dual Clutch Transmission) o al più tradizionale cambio CVT. Un indubbio vantaggio c’è: il sistema aggiunge pochissimo peso alla moto (2 kg tutto compreso).LIVEAveva rotto un tabù, quindi, Yamaha forse un po’ presto, ma ora che parlare di moto con cambio robotizzato sembra essere diventato più “normale” ha pensato bene di rilanciare il suo sistema sulla stessa moto che lo ha proposto per la prima volta: la FJR1300AS, una touring, segmento al momento un po’ schiacciato dalle maxi enduro (che ne stanno schiacciando tanti, in verità, di segmenti) ma comunque ancora interessante soprattutto per certi mercati. Basti pensare che la FJR è stata venduta negli anni in oltre 95.000 unità.Lascio alla prova della Yamaha FJR1300A di Edoardo Margiotta il compito di spiegare le novità introdotte dall’ultima edizione (comuni ovviamente con la AS), che sono molte, più di quelle che può far pensare il rinnovamento estetico che Yamaha ha mantenuto sotto il segno della continuità. Piuttosto è utile concentrarsi su cosa offre la FJR1300AS in più rispetto alla versione “normale”, oltre al prezzo superiore di 2.000 euro (19.690 euro).Non è solo il cambio, tra l’altro ulteriormente evoluto – sfrutta il Ride By Wire per migliorare velocità di cambiata e dolcezza di scalata – ma anche le sospensioni cambiano completamente con l’arrivo, prima assoluta per una moto giapponese, delle sospensioni a regolazione elettronica sviluppate da Yamaha assieme a Kayaba. La forcella è in questo caso una upside down (normale sulla moto standard) e anche il monoammortizzatore si regola elettronicamente. Tutto da un comodo menu sul cruscotto, che prevede in tutto 84 combinazioni possibili: tre settaggi per l’idraulica (standard, soft, hard), ciascuno dei quali può essere regolato in modo “fine” su 7 livelli (-3, -2, -1, 0, 1,2,3); queste regolazioni possono essere effettuate tutte in movimento.Inoltre è prevista anche la regolazione del precarico (solo pilota, pilota passeggero, con o senza borse), effettuabile però solo a motore acceso e moto ferma per dare il tempo al motorino di agire sulla molla (cosa comune per tutti questi tipi di regolazioni). Le novità per quello che riguarda il cambio sono i tempi di cambiata (più veloci in media del 30%) ma anche la funzione Stop Mode (disinseribile per mezzo di un pulsante sul manubrio) che scala automaticamente le marce fino alla prima quando in decelerazione si scende sotto la velocità di 30 km/h. Inoltre ora si può indifferentemente cambiare con il pedale o il pulsante al manubrio: non è più necessario attivare il comando al manubrio.RIDEA me la FJR è sempre piaciuta, perché è grande ma “piccola”, non è ingombrante come altre touring e offre una guida più sportiva. La nuova edizione non ha cambiato carattere, resta sempre un’ottima moto da turismo sportivo con una grande attenzione al comfort e quella qualità costruttiva che solo Yamaha riesce a mettere nei propri modelli. Accoppiamenti, verniciature, semplici fusioni sulla FJR1300AS è tutto davvero impeccabile e anche il colpo d’occhio una volta in sella è davvero notevole con piccole attenzioni verso il rider che fanno molto piacere, come lo sportellino nella carenatura (si blocca quando si toglie contatto) o le manopole riscaldabili perfettamente integrate e senza odiosi cavi che spuntano come sulla maggior parte dei modelli in commercio. Che Yamaha costruisca moto di qualità non è insomma una novità, e la FJR1300AS lo conferma.L’arrivo di nuovi sistemi di cambiata potrebbe aver messo un po’ in ombra il robotizzato Yamaha, che però in questa nuova generazione mostra di poter dire la sua. Va dato atto a Yamaha di riuscire a innovare senza però turbare i sonni dei motociclisti più conservatori. Perché la FJR, alla fine, è una normalissima moto con un normalissimo cambio ma con in più un paio di elettroattuatori che semplificano la vita. Quando sali a bordo l’assenza della frizione pare un vuoto incolmabile e per qualche minuto l’automatismo di andare a prendere la leva per partire o cambiare c’è ancora. Basta davvero poco, però, per entrare nell’ottica che della leva della frizione si può fare tranquillamente a meno, perché il sistema studiato da Yamaha non toglie assolutamente nulla al piacere di guida. La vera differenza con il comando tradizionale alla fine è nella collocazione della folle, che sulla AS è sotto la prima e quindi si innesta tirando in su il comando a pedale. La frizione si innesta a 1300 giri e ora ha un attacco molto più morbido che in passato, le partenze sono perfette.Fedele alla filosofia Yamaha (la tecnologia non si deve mai sostituire al pilota), la FJR lascia ogni decisione al suo rider. Sei tu che decidi quando cambiare, mettere la folle quando ti fermi, tirare una marcia al limitatore. Utile, però, la funzione Stop Mode che scala da sola quando stai per arrestare, fino a innestare la prima. A questo punto, però, viene da chiedersi perché, fatto trenta, Yamaha non abbia fatto trentuno proponendo anche una soluzione completamente automatizzata.Detto questo, il sistema studiato da Yamaha per la nuova FJR1300AS riesce a tener testa anche a moto con sistemi più complessi. Grazie all’integrazione del cambio con il Ride By Wire si hanno cambiate veloci e morbide, almeno finché non si tirano molto le marce quando si rileva un piccolo “salto”. In scalata, invece, il cambio (a parte qualche rumore di innesto) è perfetto, rapidissimo, consente di scalare più marce in successione, e grazie al “blipper” consente scalate morbidissime, utili ad esempio su asfalti bagnati.Ovviamente tutto il sistema è “idiot proof”: quando ci si ferma in qualsiasi rapporto la frizione si disinnesta automaticamente. Non è concesso scalare quattro marce a raffica, così come dalla folle si può innestare solo la prima; la moto resta in folle se il cavalletto è abbassato. Tutto è studiato per essere a prova di errore e alla fine estremamente piacevole da utilizzare. Va solo prestata attenzione a quando ci si ferma se si vuole farlo con la marcia inserita, ad esempio in discesa. In questo caso se si spegne il quadro con la chiave, dopo 2 secondi il sistema riaggancia automaticamente la frizione, ma se si spegne solo il motore con il pulsante off/run la moto resta in folle: meglio saperlo prima perché la FJR non è una libellula.Cambio a parte, la FJR1300AS conferma ottime qualità dinamiche grazie anche alle nuove sospensioni. È bilanciata, ben piazzata su sospensioni che funzionano bene (ottimi i settaggi di base hard-soft-standard); inoltre è stabile anche con le borse e a velocità elevate. In sella è amichevole: la sella è bassa e anche chi non è un gigante riesce a manovrarla bene nonostante i 296 kg in ordine di marcia, che in movimento però si sentono poco. Il motore non è una sorpresa ma una conferma: potente, pastoso nell’erogare la potenza, ricco di coppia, privo di vibrazioni, rende la FJR un vero incrociatore d’asfalto capace, potendo, di divorare chilometri a velocità di crociera elevatissime.Degni di nota sono sicuramente il comparto elettronico con un traction control eccellente e il sistema D-Mode di mappature del motore che riesce effettivamente a cambiare parecchio il carattere del 4 cilindri di Iwata, con la mappa T (Touring) dolcissima e perfetta ad esempio sul bagnato e la S (Sport) che riesce a dare al milletre Yamaha la giusta cattiveria per divertirsi. Anche il sistema UBS di frenata integrale passa l’esame grazie a un ottimo ABS e alla taratura azzeccata. La trasmissione a cardano merita la lode per la dolcezza e la totale assenza di giochi, come è sempre stato per gli alberi cardanici Yamaha.