IN SELLA ALLA M 1000 R
Prima premessa: la M 1000 R è un po’ diversa dalla S anche solo salendoci in sella. Non serve nemmeno accendere il motore. Le differenze? Minime ma ci sono, perché BMW ha sfruttato la possibilità (che c’è anche sulla versione standard) di ruotare i riser, allontanando quindi il manubrio di circa 15 mm. L’altezza è la medesima per cui il dislivello sella manubrio è confermato. Però è il manubrio stesso ad essere leggermente più largo e dritto. In sella il busto finisce per essere un po’ più caricato in avanti (niente di che), le braccia un po’ più larghe, come se dovessi domare un toro infuriato. Posizione migliore? Non so dirvi se mi piace più rispetto a quella della S 1000 R che avevo trovato meravigliosamente “corta”; qui non c’è niente di estremo ma è un fatto che i polsi siano maggiormente caricati. La cosa buona è che si può anche “tornare indietro” semplicemente ruotando i riser. Partiamo bene.
Sotto gli occhi direi che si continua nella giusta direzione: una volta tanto BMW indugia in particolari leziosi che sfuggono al puro funzionalismo che spesso caratterizza i suoi progetti. Piastra superiore di sterzo e clamp del manubrio sono lavorati alle macchine utensili, il manubrio riporta le scritte M 1000 R serigrafate e la strumentazione è quella che ben conosciamo. Insomma quello che si vede è fatto bene.
Non ho ancora mosso le ruote ma ci tengo a fare una ulteriore premessa. Noi motociclisti di questi tempi siamo molto fortunati perché possiamo guidare moto con prestazioni a dir poco eccezionali ma dalla usabilità formidabile. Il riassunto perfetto di quello che ho detto si chiama BMW M 1000 R, moto dalle tante facce che riesce a coniugare una cavalleria mostruosa con una usabilità ai massimi livelli. Più sportiva della S? Senza dubbio.
Tutto più reattivo
Più sportiva anche perché tutto è decisamente più pronto e reattivo: motore, freni, sospensioni, manovre di ingresso curva e cambio di direzione. Andando con ordine, il motore riesce ad avere una doppia anima: non dimentica la trattabilità tipica dei quattro in linea BMW, ma è rapportato corto, per cui si fa trovare sempre pronto quando richiami il gas, molto più pronto rispetto a quello della S 1000 R, che come vi avevo detto nella prova fatta a suo tempo avevo trovato fin troppo morbido. Qui è davvero un’altra storia, perché con la M 1000 R la naked BMW si riappropria della prepotenza che tanto piaceva sulla prima S 1000 R e che con l’Euro 5 era andata un po’ perduta. Prepotenza sì, ma sempre a portata di mano. Il gas non è diventato “un grilletto”, la moto resta splendidamente trattabile, tanto che vai in sesta a 40 all’ora per riprendere senza alcun problema se non qualche vibrazione che si diffonde su manubrio, pedane, serbatoio a partire dai 5.000 giri. Un classico per tutte le S.
Con la M 1000 R la naked BMW si riappropria della prepotenza che tanto piaceva sulla prima S 1000 R e che con l’Euro 5 era andata un po’ perduta
M 1000 R nel nome, BMW nei fatti
Insomma, la M non si dimentica di essere una BMW (marchio che tiene moltissimo alla guidabilità su strada) perché resta umana, con un raggio di sterzo adeguato, quasi una moto da tutti i giorni, ma tra gli ingredienti ha aggiunto parecchio pepe. Pepe che arriva in modo consistente dopo gli 8.000 giri, quando il quattro in linea inizia veramente a spingere come un dannato, lasciando liberi tutti i cavalli di cui dispone. Da quella soglia in poi si gode di un’erogazione impressionante: la fasatura variabile dà il via libera agli incroci più spinti, i cornetti dei condotti ad altezza variabile si alzano, il motore ti urla in faccia tutta la sua rabbia e l’allungo… quello non finisce veramente mai. Peccato che quei regimi su strada si vedano poco, nel guidato è già tanto se a 8.000 ci arrivi, perché la schiena del quattro in linea di Monaco e i rapporti corti fanno sì che si viaggi molto ma molto spediti restando con il contagiri sotto tale soglia.
L’elettronica che ci piace
Ottimo il cambio con il quickshifter che finalmente ha i tempi giusti di cambiata sia quando guidi morbido sia quando invece inizi a fare l’arrogante. In questo la M 1000 è una delle migliori. Mi piacciono anche le due mappature Road e Dynamic, con differenze non esagerate (soprattutto come risposta del motore). In Dynamic la moto “tira i muscoli” come un centometrista pronto a scattare e diventa ancora più precisa, affilata, senza però essere mai eccessivamente rigida o “rimbalzante”, come accadeva su certi assetti BMW in passato. C’è rigore, sì, ma resta un assetto utilizzabile in più di una occasione. Vero è che le strade nei dintorni di Almeria sono lisce come un biliardo, per cui sarà da riprovare su percorsi messi peggio a livello di sconnessioni. La moto è svelta, cambia direzione con la stessa velocità di un campione di agility, scende in piega fulminea, anche grazie ai profili molto spinti delle gomme; le ruote forgiate danno una gran mano, ma il buono è che anche sul medio veloce non c’è instabilità.
In Dynamic la moto “tira i muscoli” come un centometrista pronto a scattare e diventa ancora più precisa, affilata, senza però essere mai eccessivamente rigida o “rimbalzante”, come accadeva su certi assetti BMW del passato
Nello stretto non la batti
Insomma la ciclistica è centrata, l’elettronica lavora molto bene – bello l’anti wheelie che non castra troppo ma lascia che un minimo la ruota di sollevi, riportandola a terra molto dolcemente – e sullo stretto credo che la M 1000 R abbia ben pochi rivali. Il mix tra velocità di esecuzione, freno motore, gestione del gas ed erogazione della potenza la rende un brutto cliente per qualsiasi super naked su strada, e l’impressione è che anche in pista la M 1000 R possa essere fastidiosa per chi fino ad oggi ha fatto la differenza.
Prima di chiudere un commento sui freni, che mi sono piaciuti parecchio: l’impianto anteriore con le nuove pinze radiali e la pompa Nissin ha un “bite” piuttosto aggressivo ma una gestione della frenata e una costanza di rendimento notevoli; ottimamente calibrato il posteriore, giusto mix tra potenza e gestione.
Sospendo il giudizio sulle gomme, perché delle Bridgestone RS11 (uno dei set con cui la troverete dal concessionario) avevo un buon ricordo ma qui, complici asfalti tutt’altro che ottimali per temperatura e grip, le ho trovate un pelo sottotono a livello di grip, con una disarmonia tra le spinte sui due assi (il posteriore 200 spinge veramente tanto) che causa un po’ di sottosterzo. Probabilmente queste gomme hanno bisogno di maggiore grip sull’asfalto (e anche di un minimo di temperatura in più oltre i 10°C che abbiamo trovato al mattino), per lavorare al meglio. Resta il fatto che su moto come queste, il cui utilizzo è soprattutto stradale, sono tifoso di pneumatici meno aggressivi sia a livello di profilo sia a livello di mescole.
Conclusioni
Alla fine, quindi, perché fare una moto come la M 1000 R? È veramente una moto così assurda, fuori di testa? La risposta arriva guidandola, ed è assolutamente no. La capacità di lasciarsi condurre come una mansueta pecorella la rende molto piacevole da usare in ogni condizione. Certo, c’è l’anima diabolica, quella impregnata di rabbia della parte alta del contagiri. Ma il bello è – e qui torno al discorso della nostra fortuna – che con questa, ancor più che con altre moto che sulla carta paiono meno esagerate, hai la netta sensazione di essere tu il padrone e di poter fare quello che vuoi tu. Il che è molto bello.
BMW M 1000 R prezzo alto, ma c’è il trucco
Ultima considerazione sul prezzo, 22.850 euro. Sono tanti (ma allineati alle top del segmento) e molto distanti dai 15.800 della S 1000 R. C’è un “però”: sulla M per la prima volta BMW ha messo quasi tutto di serie (a meno che non si voglia esagerare con i cerchi in carbonio): parliamo di ruote forgiate, sospensioni semiattive, mappature “pro”, scarico Akrapovic. Salendo con gli equipaggiamenti della S (e ci vuole poco, visto che il prezzo si riferisce a una moto veramente base) il distacco si riduce di parecchio e allora ecco che “già che ci siete” la M 1000 R potrebbe entrarvi come una grossa pulce nell’orecchio.