«L'unico modo per verificare se un telaio è di serie, o comunque rispetta il regolamento tecnico Superbike, è tagliarlo a metà» ha detto Gigi dall'Igna a Monza. «Noi siamo disposti a consegnare alla FIM tutti i telai che vogliono, perché i nostri vengono presi direttamente dalla catena di montaggio» ha concluso il responsabile di Aprilia Racing. Perché, in effetti, i telai delle RSV4 da Superbike vengono davvero presi dalla catena di montaggio. Anzi, sono quelli scartati per la produzione, perché dotati di alcune imperfezioni estetiche e quindi considerati non vendibili al pubblico.
La Casa di Noale ha sempre seguito questa politica, e l'ingegner dall'Igna lo sottolinea spesso, anche se è vero che anche a Monza, Eugene Laverty, ha corso (e vinto gara 2) con un telaio rinforzato nella parte anteriore, grazie a due fazzoletti di alluminio saldati sulla parte anteriore delle travi, una modifica, questa, concessa dal regolamento SBK, che prevede che i telai possano essere rinforzati, ma non alleggeriti. In pratica si può aggiungere materiale ma non lo si può togliere. E infatti un po' tutti i costruttori hanno seguito questa filosofia, Ducati a parte, aggiungendo alluminio qua e là, con le Kawasaki che vengono rinforzate nella parte anteriore e nella zona del pivot e le Suzuki in zona pivot (il punto dove il forcellone si attacca al telaio).
Ma c'è di più: dal 2013 il regolamento tecnico prevede la possibilità di fare una modifica più importante, ossia rendere regolabili alcuni punti strategici, se non previsti dal telaio di serie. In pratica si può modificare il cannotto di sterzo, per renderlo regolabile in inclinazione ed avanzamento e realizzare lo svaso per poter alzare ed abbassare il perno del forcellone. Perché non tutte le moto nascono con queste regolazioni di serie. Per esempio Aprilia e Ducati hanno il foro del cannotto di sterzo largo come una lattina, mentre Kawasaki e BMW hanno un diametro grande la metà. Per questo motivo sulla S 1000 RR è stata effettuata questa modifica ad inizio 2013; modifica che però, almeno da Marco Melandri, è stata bocciata. Per effettuarla è stato necessario creare una sede più grande per le boccole di sterzo, che ha reso troppo rigido l'avantreno della BMW, condizione che ha fatto perdere il feeling all'italiano, tanto che a Monza ha deciso di tornare al telaio 2012, vincendo gara 1 e chiudendo secondo gara 2 in volata con Laverty. Ecco quindi spiegato perché Melandri nelle prime gare dell'anno è stato spesso in difficoltà.
La questione telai è sempre stata un po' spinosa in Superbike. Agli albori del campionato venivano realizzati pezzi unici che assomigliavano solamente a quelli di serie. Ora queste modifiche radicali non sono più permesse, ma in passato si sono viste ciclistiche profondamente riviste, come ad esempio quella della Yamaha R1, completamente diversa nella zona anteriore per via dei numerosi fazzoletti di alluminio aggiunti. Dallo scorso anno, invece, uno dei telai più “rinforzati” del campionato è quello della Kawasaki di Sykes, che per via delle numerose saldature aggiunte ha davvero poco a che vedere con quello della ZX-10R di serie. Però, come detto, tutte queste modifiche sono permesse dal regolamento. Ciò che indirettamente Gigi dall'Igna voleva sottolineare con la sua frase è che forse, qualcuno, fa il furbo, alleggerendo (e quindi rendendo più flessibili) i telai dall'interno.
Modifica invisibile dall'esterno, ma verificabile solo tagliando in due le travi del telaio stesso. La questione è stata sollevata a Monza, dopo che il telaio della BMW di Chaz Davies si è spezzato in due in seguito alla caduta in prova alla seconda di Lesmo. Il britannico era stato vittima di un incidente simile anche nel warm up ad Assen, e diciamolo con franchezza: non è normale che il telaio di una moto moderna si spezzi in due. I vertici BMW hanno fatto subito sapere che il rinforzo del cannotto ha reso così rigido l'anteriore da costringere le travi del telaio ad assorbire tutta la forza degli impatti, rompendosi. E che le moto di Chaz, nelle due cadute, hanno subito forze pari a 10.000 N, valore misurato grazie ai numerosi sensori sparsi sulla moto, un'enormità a confronto dei 5.000-6.000 N normalmente assorbiti da una caduta “classica”.
Polemiche a parte, è chiaro che le Superbike di oggi sono molto estreme. Hanno davvero poco a che vedere con le moto di serie, essendo dotate di forcelloni realizzati in pezzi quasi unici e sistemi elettronici da MotoGP. Per esempio quello Kawasaki è l'evoluzione di quello usato nei GP, mentre quello Ducati è il medesimo montato sulla Desmosedici. Le SBK moderne hanno raggiunto un livello di preparazione tale che sotto certi aspetti sono anche un passo avanti rispetto alle MotoGP. E ne sono un esempio le sospensioni: Öhlins, per esempio, alla fine dello scorso anno ha introdotto un inedito ammortizzatore intelligente che si regola autonomamente in staccata e in accelerazione.
Il meccanismo che rende possibile tutto ciò si chiama G-Valve: in pratica si tratta di un cilindro posizionato sul corpo del monoammortizzatore, in posizione parallela al senso di marcia. All'interno di questo cilindro c'è una sfera fermata anteriormente e posteriormente da due molle; in frenata la sfera si sposta in avanti, aprendo dei condotti che rendono l'ammortizzatore più morbido. In accelerazione, invece, si sposta indietro, chiudendo dei condotti che rendono la sospensione più rigida. In pratica è un'applicazione meccanica di ciò che fanno le sospensioni elettroniche. Tutta questa tecnologia, ovviamente, ha un costo. Per questo motivo Dorna, nuovo organizzatore del Mondiale delle derivate dalla serie, vuole dare un taglio alle spese, rendere più appetibile un Campionato che ora ha raggiunto un livello tecnologico esasperato. Come? Obbligando le Case a correre con moto dal costo massimo di 250.000 euro, contro, ad esempio, i 400.000 euro necessari per avere in leasing una Aprilia RSV4. E di sicuro sarà questo il futuro della Superbike, con moto più vicine alla serie, ma comunque più elaborate di una Stock. Perché ora, la SBK, è diventata davvero troppo Super.
Giulio Fabbri è inviato di Motosprint al Mondiale Superbike. Pochi come lui riescono a entrare nei meandri e nei segreti del campionato delle derivate di serie. Giulio è pilota e motociclista ancor prima che giornalista ed è riuscito a instaurare un rapporto speciale con chi lavora al Mondiale.