In alcuni Paesi esteri, per guidare una moto è obbligatorio indossare abbigliamento tecnico specifico. Insomma, il casco non basta. E se ci fermano le forze dell’ordine, oltre ai documenti e alla carta verde possono anche chiederci se abbiamo a bordo un kit di pronto soccorso, un gilet rifrangente e addirittura il triangolo di emergenza. Come se fossimo… dei banali automobilisti.

Con tali premesse, se si ha in programma viaggiare in moto fuori dai confini italiani è opportuno non essere impreparati di fronte a regole che possono sembrare bizzarre. Comprese quelle sulle emissioni, dalle quali le moto in effetti sono esenti quasi ovunque ma non… in alcune metropoli francesi.
Dunque: cosa bisogna ricordare prima di abbassare la visiera del casco e puntare in direzione della frontiera? Procediamo per ordine e incominciamo dall’ovvio, vale a dire dai documenti da tenere a portata di mano.

Patente e libretto!
Ovunque ci capiti di viaggiare in moto, in caso di un controllo da parte delle forze dell’ordine ci sarà chiesto innanzitutto il permesso di guida. Ossia la patente di categoria A. La quale, attenzione, non sostituisce la carta di identità valida per l’espatrio oppure il passaporto, necessari per l’identificazione del titolare. Ricordiamo che il secondo, dopo la Brexit, è richiesto anche per recarsi nel Regno Unito.

In alcuni Paesi extracomunitari è necessario il permesso internazionale di guida (IDP, in caso di incidente può semplificare le cose anche dove non è obbligatorio), noto pure come patente internazionale. Va richiesto alla Motorizzazione Civile (i relativi moduli sono scaricabili dal sito ilportaledellautomobilista.it, che fa capo al Dipartimento per la Mobilità Sostenibile) e costa qualche decina di euro fra diritti e marche da bollo. Informazioni dettagliate relative ai Paesi dove serve sono disponibili sul sito viaggiaresicuri.it (curato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale).

Ovvio, infine, che dobbiamo avere con noi la Carta di circolazione del veicolo: riporta le generalità del proprietario e consente alle forze dell’ordine, qualora rivolgano alla nostra amata due ruote un… supplemento di attenzione, di verificarne la conformità alle caratteristiche omologate.
L’assicurazione e la Carta Verde
Assieme al Certificato di assicurazione RC, per dimostrare oltreconfine che il veicolo è assicurato per la Responsabilità Civile occorre la Carta Verde. In alcuni Paesi è semplicemente consigliata, in altri obbligatoria (Svizzera, Albania e Turchia solo per citarne tre).

C’è di buono che di solito viene rilasciata di default quando si stipula una polizza RC, ma ciò non toglie che dobbiamo ricordare di portarla con noi. Per mitigare le conseguenze di eventuali imprevisti o peggio incidenti, aggiungeremo le Estensioni di copertura: Furto Incendio, Assistenza Stradale, Tutela Legale, Infortuni Conducente e Spese Mediche. Precauzioni utili: verificare con attenzione le clausole relative a eventuali limiti territoriali e alle franchigie, e tenere presente che in alcuni casi (accade per esempio in Marocco) potrà esserci chiesto di stipulare una polizza temporanea locale.
Il triangolo no… oppure sì?
Le moto non devono avere il triangolo a bordo? In Italia no, ma in altri Paesi come Albania, Svezia, Danimarca, Islanda e Finlandia ce lo possono chiedere, mentre in Ungheria l’obbligo parrebbe limitato ai sidecar. Teniamo nel veicolo anche il gilet catarifrangente, magari nella meno ingombrante versione “a bretelle”: la Francia è stata fra i primi Paesi a richiederlo anche ai motociclisti, ed è in compagnia di Ungheria, Belgio e altri.

Al di là di cosa dice la legge, il gilet ad alta visibilità è un accessorio che costa poco e incrementa sensibilmente la sicurezza nelle soste critiche. Nella maggior parte dei casi esso va indossato solo in situazioni di emergenza e quando si è fermi in carreggiata fuori dai centri abitati; poco uniformi le regole per i passeggeri, per i quali nel dubbio è meglio procurarsene uno o togliersi dalla carreggiata. Optiamo per i gilet omologati, nelle cui etichette è riportata la sigla (UNI) EN-471 oppure EN-1150

L’abbigliamento non è sempre “casual”
Se il casco è obbligatorio ovunque, alcuni Paesi hanno normato anche l’abbigliamento specifico. Per esempio il Belgio obbliga chi va in moto a indossare una giacca che copra anche le braccia, pantaloni lunghi, guanti e calzature estese sino alle caviglie, mentre in Francia sono richiesti i guanti omologati.

Queste regole valgono sia per il pilota che per l’eventuale passeggero. Le sigle d’omologazione europea da ricordare sono EN 17092 per gli indumenti, EN 13594 per i guanti, EN 13634 per le calzature, EN 1621 per altri dispositivi protettivi per spalle, ginocchia, fianchi e schiena, come pure per gli zaini in grado di fungere da scudo in caso di impatto.
Kit di pronto soccorso: non è una leggenda metropolitana
Fra le nazioni in cui bisogna avere con sé un kit di pronto soccorso, ci sono mete notoriamente ambite da chi ama viaggiare in moto, fra le quali la Grecia, la Turchia o l’Austria, come anche la Lituania o la Bulgaria.

Nell’incertezza o in assenza di indicazioni precise, il kit è sempre consigliato, perché potrebbe risultare utile al di là delle regole e degli obblighi: contiene dispositivi di primo intervento come salviette disinfettanti, guanti monouso, cerotti e bende sterili. In Europa è prevista la sua conformità alla normativa DIN 13164:2022.

Viaggiare in moto: pochi attrezzi ma furbi
Chiunque abbia esperienza nel viaggiare in moto sa che un set di attrezzi basic è un amico prezioso: deve contenere almeno il necessario per compiere piccoli interventi, come ad esempio allentare e serrare i supporti delle leve al manubrio (le prime “vittime” di una banale caduta da fermo).

Fascette di nylon, nastro adesivo telato e collante sono spesso decisivi per attuare soluzioni di emergenza che permettano di proseguire fino a un’officina, e lo stesso vale per un kit per la riparazione degli pneumatici o una semplice bomboletta anti-foratura. Se avete spazio, portate anche una cinghia e un ragno fermacarico in più.

E il bollino ambientale?
Come accade in alcune città italiane, anche all’estero possono essere previste o temporaneamente istituite zone a traffico limitato per ragioni ambientali. Quelle che da noi di solito sono definite ZTL, in Francia si chiamano ZFE, in Germania Umweltzone e altrove LEZ (Low Emission Zone). Dunque occhio ai cartelli. Seppure le moto siano di solito esenti da restrizioni conviene verificare sui siti web delle amministrazioni locali: alcune grandi città francesi – come Parigi o Lione – le classificano in base alle emissioni facendo pagare un “bollino ambientale” da attaccare sul veicolo con multe per chi non è in regola.

Carta canta
Chiudiamo con un grande classico: la carta stradale. Che non è demodé nemmeno oggi che per trovare la strada ci sono i navigatori satellitari, anche sottoforma di app per dispositivi mobili che offrono anche utili funzioni aggiuntive.

Insomma, gli uni non escludono l’altra. Perché quando si tratta di studiare un percorso che sia il più efficace, il più panoramico o solo il più divertente lungo il quale guidare – cosa che chi sceglie di viaggiare in moto tiene nella giusta considerazione – la classica “cartina” non è una scelta romantica ma un’opzione molto pratica. Per avere un’immediata e ampia visione d’insieme ed evidenziare tragitti e punti di interesse, non c’è nulla di meglio di una “mappa analogica”. E dato che siamo dei tipi pratici anche noi, ne sceglieremo una a prova di pioggia, ossia plastificata.