Novanta giorni dopo la 24 Ore di Le Mans Auto, eccoci di nuovo nella Sarthe. Questa volta teatro dell'evento non è il circuito semistradale di oltre 13 km ma il “Bugatti” in cui, a maggio, ha corso anche la MotoGP. Fuori dal circuito, feste, giostre, fiumi di birra, musica e incendi. Quello che in una parola chiamano la “giungla”.
Numeri Ciò che stupisce scorrendo i numeri di questa 35°edizione della 24 Ore di Le Mans moto è la cifra che riassume i giri del circuito Bugatti percorsi dalla Kawasaki Ninja ZX-10R n. 11 del Team SRC, che si è aggiudicato la vittoria: 844, record assoluto a Le Mans; 3.532,14 km corsi tutti con l’intensità di un gran premio. I giri della MotoGP a maggio sono stati 28. Cinquantacinque i team al via tra le tre classi EWC (Superbike), SST (Superstock) e Open. Quattro le Case ufficiali: Kawasaki, Suzuki, BMW e Honda. Una Ducati, un'Aprilia e una MV Agusta tra una marea di giapponesi e qualche BMW. Al via anche una Metiss e una Yamaha FZ1 (sì, proprio quella scarenata, col manubrio alto). 80.000 gli appassionati giunti sin qui da tutta Europa. Molti sono venuti in moto. Un giornalista inglese si è fatto 800 km in sella a una Ducati 848.
Risultati Per la cronaca, la Kawa n.11 affidata ai piloti francesi Julien Da Costa, Grégory Leblanc e Freddy Foray ha condotto una gara incredibile, senza sbavature. Si è portata al comando della gara fin dai primi giri e poi ha gestito alla grande le interminabili 24 ore di gara. La corsa, nonostante il dominio Kawasaki, è stata tutt’altro che noiosa: la “Verdona” ha infatti duellato con la Suzuki n. 1 del Team Sert, seconda al traguardo, con cui si è scambiata innumerevoli volte la posizione. La Suzuki GSX-R del Team Sert, nella mani di Vincent Philippe, Anthony Delhalle e Takuya Tsuda, grazie al secondo posto conquistato a Le Mans ha comunque vinto il Mondiale Endurance 2012, che quest’anno prevedeva quattro gare (due di 24 ore e due di 8 ore). La Kawasaki del Team SRC si è portata a casa anche l’ambita coppa che a Le Mans viene assegnata a chi vince per tre volte nella Sarthe. Un po’ di delusione in casa BMW: la S1000RR n.99 del Team BMW Motorrad France Thevent, guidata da Sebastien Gimbert, Damian Cudlin ed Erwan Nigon, puntava alla vittoria ma si è dovuta accontentare del gradino più basso del podio, dopo un’avvincente lotta con la Yamaha R1 n. 94 del Team GMT Michelin, giunta quarta. Quinta la CBR 1000 del Team Honda TT Legends, che schierava anche il mitico John McGuinness.
Michelin Il week end è iniziato con la presentazione alla stampa dei nuovi pneumatici slick studiati da Michelin proprio per le gare di endurance. A fare gli onori di casa è stato Nicolas Goubert, responsabile tecnico delle competizioni, che ha lavorato con i migliori piloti del mondo, da Luca Cadalora a Valentino Rossi. Goubert ci mostra il nuovo anteriore Power Slick C e il nuovo posteriore Power Slick + D. Questi due pneumatici sono stati realizzati utilizzando una carcassa più rigida, con l’intento di essere più performanti e durevoli: in particolare, raggiungimento della temperatura ottimale più in fretta, maggior grip, minor usura e costanza di rendimento. Michelin, ci racconta Nicolas, da sempre crede moltissimo e si impegna nelle competizioni e nello sviluppo per i pneumatici commerciali che ne può derivare. 20 team al via in questa 24 ore sono infatti gommati Michelin (tra cui la BMW ufficiale, Yamaha France GMT e YART), che qui ha portato quasi 2000 gomme (tra asciutto e bagnato). L’endurance poi, ci spiega Goubert, rappresenta un banco di prova e un’occasione di sviluppo incredibili, perché in nessun’altra gara bisogna coniugare così tanto prestazioni e durata.
Si parte…alle vecchia maniera Suonano tutti gli inni nazionali dei team in gara. Quando è il momento della Marsigliese, il pubblico si entusiasma e tutti la cantano a squarciagola. Alle 14.59 tutto è pronto per il via. I concorrenti sono schierati in fila: piloti da una parte del rettilineo, moto dall’altra, come una volta. Nelle gare di endurance si fa ancora così: allo start i piloti corrono verso le moto, le avviano e danno gas. Credo che non esista una procedura di partenza tanto pericolosa e suggestiva come questa. Il ritmo è subito elevato: tutti i piloti girano quasi sui tempi delle prove. Gli stint (i turni di ogni pilota) durano circa 50 minuti, il tempo di consumare le gomme e il pieno di benzina. Anche le pastiglie dei freni vengono sostituite dopo alcuni stint. Per fare più in fretta si sostituiscono direttamente le pinze, collegate ai tubi con uno sgancio rapido che permette al liquido di rimanere in pressione. Non è facile per i piloti mantenere la concentrazione così a lungo e i motori sono stressati. Dopo un po’ si verificano infatti i primi guasti e le prime cadute. Alcuni team riescono a riparare le moto e a ripartire; altri sono costretti ad abbassare la serranda del proprio box. Da regolamento, il pilota la cui moto non è più in grado di marciare deve spingerla fino alla corsia box (senza aiuto). É bello perché tutti, spettatori e team avversari, applaudono lo sfortunato e lo sostengono fino al rientro ai box.
Visita ai box: l'ambiente tra i motociclisti è smart Rispetto alla 24 ORE auto, dove team e box sono praticamente inaccessibili, meccanici e piloti sono molto ospitali e, anche nei momenti cruciali della gara, ci lasciano avvicinare al box e alle moto. Passeggiando in pit lane, assistiamo ad alcuni pit stop a pochi centimetri dalle moto. I meccanici sono concentratissimi e sembra che ciascuno sappia esattamente cosa deve fare. Cambio gomme, pilota e rifornimento sono velocissimi: circa 15 secondi. Nei box non mancano però gli errori: una moto rientra con una pinza freno penzolante: probabilmente è stata agganciata male; un’altra con un semimanubrio allentato. Persino la BMW, si mormora, è vittima di una disattenzione di un meccanico. Mentre è in seconda posizione la S1000RR n.99 rientra ai box: sembra che il tappo del serbatoio del liquido del freno posteriore si sia svitato (perché avvitato male), provocandone la fuoriuscita. Risultato: 2 giri persi. In BMW però continuano a crederci: la S1000RR consuma meno delle concorrenti e, alla fine, dovrebbe effettuare un paio di pit stop in meno. Quindi c’è tempo per recuperare.
Al tramonto si accendono le luci e la “giungla” si popola Sono più di 80.000 gli appassionati giunti nella Sarthe per godersi lo spettacolo dell’endurance: per la verità, le tribune sono gremite solo alla partenza e all’arrivo. Per il resto, il posto più affollato è un’area chiamata “la giungla”. Il perché è facile da intuire. Distese di tende, fuochi, un luna park, alcol a fiumi. Uno dei passatempo preferiti è smanettare con moto (poverine!) dotate di marmitte grandi come grammofoni, che rombano e sfiammano per tutta la notte. In pista i piloti continuano a darsi battaglia. La scena è affascinante perché il tramonto la colora di rosso. Poi viene la notte. Il giorno, il tramonto, la notte…il filo conduttore di questa lunga avventura è sempre l’urlo dei quattro cilindri: non smette mai. È incredibile come i piloti, di notte, con la visibilità ridotta, girino a meno di due secondi rispetto ai tempi registrati di giorno.
Passano le ore Pranziamo, ceniamo, visitiamo i box e scattiamo foto a bordo pista. Insomma passa un sacco di tempo dal via della corsa e le moto continuano a girare. La notte sembra lunghissima. Prima di andare a riposare in albergo facciamo un’altra visita ai box. La stanchezza comincia a segnare i volti dei meccanici e dei piloti che attendono il proprio turno. 1 ora e 40 minuti (circa, il tempo di riposo di ogni pilota…se tutto va bene) non è abbastanza per dormire. I piloti fermi bivaccano da qualche parte o si si sottopongono a una seduta di massaggi. Al mattino a Le Mans c’è un’aria fresca. Per rientrare in circuito percorriamo in automobile un tratto del circuito stradale della 24 Ore di auto: alla curva Indianapolis è difficile non esaltarsi ma le numerose pattuglie della gendarmeria che vigilano attentamente sula circolazione ci suggeriscono di rallentare. In circuito ritroviamo i suoni dei quattro cilindri come li avevamo lasciati. I tempi della maggior parte dei piloti non migliorano rispetto a quelli della notte. I piloti sono in sella da quasi 20 ore e sono certamente esausti.
Alla Kawa la coppa, alla Suzuki il Mondiale La gara resta appassionante per tutte le 24 ore. Si sa, in una gara di endurance può succedere di tutto. E dopo 22 ore di corsa il distacco tra la Kawasaki n° 11 e la Suzuki n° 1 è di appena 35 secondi: in un attimo la situazione si può capovolgere. Ma il team Kawasaki ci tiene a portare a casa la coppa; nelle due ore seguenti non sbaglia più nessuno. Le tribune tornano a gremirsi. I tifosi applaudono, sventolano le bandiere, attendono i loro eroi. Bandiera a scacchi: alla Kawa la coppa; alla Suzuki il mondiale. Le moto rientrano ai box tra due ali di folla in visibilio. I piloti in parata si gustano il tributo del pubblico: tutti, dal primo all’ultimo, sanno di aver compiuto una bella impresa.