1994, KTM lancia la sua prima moto stradale: si chiama Duke ed è una specie di motard carenata e civilizzata (per modo di dire). A quei tempi pareva un azzardo per un marchio legato a filo doppio (di ferro…) al fuoristrada andare a sfidare le regine dell’asfalto. Dopo quasi 20 anni possiamo dire che l’azzardo ha pagato: nel 2012, in Italia, le stradali KTM per la prima volta hanno superato, quanto a numeri di vendita, le moto da fuoristrada. La nuova KTM 390 Duke arriva a rafforzare una famiglia che ormai conta 6 modelli.KTM non dimentica il suo amore per fango e polvere, ma in questi ultimi anni è riuscita a fare dell’asfalto un grande business. Il merito va, senza dubbio, alla voglia di battere strade mai percorse fino a oggi, come ad esempio ha fatto lanciando la 125 Duke, (di cui la 390 Duke è la sorella maggiore) da due anni regina incontrastata del mercato europeo (e italiano) nel segmento, e dal 2013 detentrice di un altro primato: è la prima moto 125 ad offrire l’ABS di serie. La chiave del successo passa attraverso una ricetta ormai consolidata e che altri si apprestano a “copiare” (leggi BMW che ha appena annunciato l’accordo con un costruttore indiano per la produzione di moto sotto i 500 cc): produrre moto di qualità sul piano tecnico, ad alto impatto estetico ma a prezzi competitivi. Per riuscirci occorre avere il partner giusto e KTM ce l’ha: il principale azionista della Casa è Bajaj, azienda leader in India e capace di produrre 3,8 milioni di due ruote l’anno.KTM ha il know-how tecnologico, sa progettare e sviluppare moto e motori a livello eccelso (le vittorie a ripetizione in fuoristrada e le tre KTM sul podio della Moto3 in Qatar lo certificano); Bajaj la possibilità di produrre veicoli di qualità, a prezzi competitivi e adatti al mercato globale. Il risultato sono moto come la 125 e la 200 Duke (che abbiamo provato in un test di consumo, apprezzate in tutto il mondo: la 200 in particolare è la moto stradale più venduta di KTM. Inutile storcere il naso di fronte alla delocalizzazione della produzione: ormai per queste aziende il tavolo da gioco è il mondo intero e dedicarsi al “giardino di casa” significherebbe morire.La nuova KTM 390 Duke rafforza la voglia di esplorare nuovi segmenti ed è il ponte di collegamento tra le piccole 125-200 e le “grosse” (quanto a cilindrata) 690-990. È un progetto importantissimo per KTM, perché per la prima volta da Mattighofen esce una moto realmente “globale”, venduta in tutti i 77 mercati in cui l’azienda è presente. Per noi europei la 390 Duke rappresenta una entry level, la prima moto di chi ha la patente A2 – rientra nei limiti con una mappatura speciale che ne riduce la potenza a 30 kW, e quindi fa rientrare il rapporto peso potenza nei 0,2 kW/kg richiesti per legge -, il perfetto proseguimento del percorso di crescita per chi proviene da una 125, la moto con cui divertirsi senza spendere una follia né per acquistarla, né per mantenerla.Per i Paesi emergenti la 390 Duke è una sorta di Superbike, il sogno di chi ha guidato fino a oggi moto da 250 cc al massimo. La cilindrata di 375 cc non è casuale: non troppo piccola per noi, non troppo grande per gli “altri”. Strategica, insomma, anche per produzioni future… Mettete due cilindri da 375 insieme e cosa ottenete?. Il mercato è cambiato completamente e con esso le esigenze di molti motociclisti: come si stanno muovendo i grandi marchi è noto; L’arrivo della Ninja 300 o della nuova famiglia CB500 Honda lo certifica.LIVEKTM ha avuto la vista lunga e, senza nulla togliere alla nuova Adventure che ha già fatto il botto (praticamente è già stata venduta o prenotata in un mese e mezzo tutta la produzione 2013…), la 390 Duke potrebbe essere un altro modello capace di fare bene nel 2013. Lo può fare perché è “fresca”, aggressiva quanto basta, ben dotata, perfetta per un neopatentato “new age” ma anche per far divertire chi con la moto ci va da un po’. Dalla sua ha il prezzo, 4.995 euro franco concessionario ABS compreso, davvero competitivo. Soprattutto se si considerano le prestazioni e la dotazione, che ha nelle sospensioni di progettazione WP (non ci sono regolazioni ma l’assetto è completamente diverso da quello della 200) e nell’impianto frenante Brembo (il marchio sulle pinze è BYBRE, la divisione “economica” di Brembo) e nell’ABS Bosch 9MB disattivabile le sue punte di diamante. Per la 390 KTM ha scelto pneumatici “premium” come i radiali Metzeler Sportec M5. Non ultima, la cilindrata sotto i 400 cc fa risparmiare sull’assicurazione.La piattaforma da cui è partito il progetto 390 Duke è quella della “serie piccola” delle Duke, che ha già dato i natali alle 125 e 200 Duke. Il progetto 390 è tuttavia più evoluto: sebbene la somiglianza sia notevole, il monocilindrico da 375 cc non è una maggiorazione del motore piccolo ma un progetto completamente nuovo, con soluzioni tecniche di primo piano, come la distribuzione 4 valvole con bilancieri a dito, il pistone forgiato o il carter in depressione per limitare gli attriti interni. In comune con il 125/200 questo motore non ha nulla, nemmeno i carter, perché l’albero motore è più in basso per ottenere la stessa altezza totale (gli ingombri nel telaio sono i medesimi delle altre piccole) e di conseguenza sono stati riposizionati anche gli alberi del cambio. Tutto questo fa sì che bastino 375 cc per ottenere una potenza di 32 kW (44 cv) a 9.500 giri, con una coppia massima di 35 Nm a 7.250 giri. È anche un motore molto leggero (solo 36 kg, la leggerezza è un chiodo fisso per i tecnici di Mattighofen), il che consente alla 390 Duke di fermare il peso a 139 kg in ordine di marcia senza carburante: una libellula. Tanto per dare un’idea, la Kawassaki Ninja 300 dichiara 172 kg, la Honda CB500 192 kg (con il pieno di carburante).RIDEOk, è primavera ma qui a Salisburgo non l’hanno ancora vista: la mattina del test piove a dirotto e c’è la neve sul ciglio delle strade. Percorro i primi metri in sella alla 390 Duke e cerco di collocarla, ma è difficile. In effetti, proprio come evidenziato dalla cilindrata, il progetto Duke sta nel mezzo tra le “piccole” 250/300 e la Honda CB500 di cui non credo la 390 sarà una diretta concorrente. Moto più “matura” la 500 Honda, più “giocosa” e sbarazzina (anche nel look) la 390 Duke, che da noi non si propone come moto definitiva ma come traghetto verso le grandi cilindrate. La base ciclistica, come detto, è condivisa con la 125/200: ciò fa della Duke 390 una moto leggerissima ma anche compatta, forse troppo per chi supera il metro e 80 di altezza e potrebbe non avere spazio a sufficienza negli incavi del serbatoio.Con i miei 173 cm e spicci dentro la Duke ci sto alla grande, con una posizione in sella (dura) azzeccata e un manubrio conformato correttamente. A parte qualche dettaglio perfettibile (tipo i blocchetti elettrici dall’aspetto economico) la Duke 390 mostra una buona qualità costruttiva, il cruscotto è completissimo, meglio di quello delle sorelle maggiori (ma con il contagiri poco leggibile), le plastiche brillanti, i cerchi a razze sottili molto belli nel disegno (sembrano forgiati); certi particolari tecnici come la pinza radiale o il forcellone in alluminio con nervatura esterna (ormai quasi un marchio di fabbrica) sono in giusta evidenza. Manca la regolazione della leva del freno, ma in questo segmento non ce l’ha praticamente nessuno.I primi colpi di gas mostrano un monocilindrico ben disposto a frullare. Come tutti i mono KTM anche il 390 vibra poco o niente (qualcosa arriva alle pedane in accelerazione, ma per essere un mono le definirei vibrazioni inconsistenti) e non si fa certo pregare per prendere i giri, mostrando una doppia personalità. La disponibilità di coppia è buona e anche l’elasticità, vista la cilindrata, non è male. Con la 390 Duke è possibile andare a spasso a un filo di gas e riprendere senza dover chiamare continuamente in causa il cambio: a meno di 50 km/h si viaggia già in sesta e il motore accetta di scendere a 2.500 giri senza recalcitrare.Tuttavia è agli alti che questo motore dà il meglio: oltre i 6.500 giri c’è un vero e proprio cambio di ritmo e di carattere, con il frullino che si spinge senza alcuna remora fino al limitatore piazzato a 10.500 giri. È in questo range che emergono le doti sportive e la cavalleria del mono KTM, che se tenuto “allegro” è in grado di dare soddisfazione non solo al neofita ma anche al pilota più esperto, che però probabilmente troverà un po’ troppo lunga la corsa del comando del gas. La puleggia ellittica del corpo farfallato determina, infatti, l’apertura progressiva della farfalla, rendendo ancora più docile la risposta alle minime aperture del gas (e quindi più facile la moto), ma di contro allungando la corsa, che peraltro ha il suo comportamento migliore nella seconda parte dell’apertura, quando il motore risponde in modo molto pronto.Un motore sicuramente ben riuscito, aiutato da una rapportatura azzeccata almeno nelle prime marce, perché quinta e sesta si distendono per rendere la 390 adatta eventualmente anche all’autostrada. In sesta a 130 orari si viaggia appena sopra i 7.000 giri, un regime di tutto riposo per un motore che può frullare fino a 10.500. Poi, insistendo, si passano molto rapidamente i 160 chilometri orari indicati, con il motore che ha ancora parecchi giri buoni da tirare e la velocità di punta che passa i 170 indicati. Per contro bisogna scalare un paio di marce nel caso occorra fare un sorpasso quando si è già “in velocità”; probabilmente con un dente in più di corona la 390 Duke sarebbe anche più brillante nella ripresa in sesta, però poi ne risentirebbero i consumi, che durante la prova si sono attestati intorno ai 30 chilometri con un litro di benzina.La pioggia durante il test non ci ha dato tregua, per cui il giudizio sulla ciclistica è parziale. Tuttavia devo dire che l’eccellente asfalto austriaco e le altrettanto valide Metzeler Sportec M5, (tanto per dare un’idea del grip si arrivava a sollevare il retrotreno in frenata prima che entrasse l’ABS) hanno reso possibile una guida assolutamente spigliata (molto spigliata….) anche sul bagnato, condizione in cui la KTM 390 Duke ha mostrato una ciclistica a punto e la capacità di trasmettere un ottimo feeling al pilota anche in condizioni difficili. La moto è realmente facile e leggerissima, si guida “con il pensiero”, richiede uno sforzo psicologico pari a zero, ha sospensioni ben controllate idraulicamente (verificheremo quando potremo spingere di più sull’asciutto) e freni ben modulabili. Basterà per convincere il nostro pubblico che piccolo è bello? Al mercato la risposta. Noi con la 390 Duke ora abbiamo un appuntamento già fissato. Sull’asciutto…Messaggio Promozionale// // >>0,r=arguments.length>=2?arguments[1]:void 0;for(var i=0;i