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Turbo: a volte ritornano

Oggi sono figli del downsizing: meno centimetri cubi, meno cilindri, meno emissioni. Ieri rappresentavano potenza. Con un controllo direttamente collegato al piede destro del guidatore

Teiera gialla: il nomignolo affibbiato sin da subito alla Renault RS01 non è che facesse presagire chissà cosa. Era gialla, quella monoposto affidata a Jean-Pierre Jabouille per qualificarla al Gran Premio d’Inghilterra del 1977, ma gli addetti ai lavori preferivano scrutarne il futuro nel nero che completava la livrea. Era divenuta teiera – anzi, per dirla in versione originale, teapot – perché il suo propulsore rendeva l’anima al Dio dei motori con un caratteristico sbuffo bianco, tipico della bevanda britannica per antonomasia.

Renault RS01 1977

Non rombava, quel Gordini V6: controcorrente come pochi, si accontentava – da regolamento – di 1500 miseri centimetri cubi, e di un sibilo prodotto dalla valvola pop-off. Il papà aspirato da 2 litri era utilizzato proficuamente in Formula 2, ma alla Régie quel palcoscenico non bastava. Formula 1? Benissimo: il motore ce l’abbiamo in casa. Portarlo a tre litri? No, c’est dommage! Meglio farlo dimagrire e installare un paio di turbocompressori sulla falsariga di quelli già installati sulle sport prototipo Alpine A442 da un paio d’anni.

Turbo, la via del futuro

I primi successi

Mettere il turbo…al turbo

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L’altro lato della…turbina

Il turbo diventa “gentile”

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