“Non si può vivere senza creare, né dormire senza sognare…”: Don Paco Bultò, fondatore della Bultaco, ripeteva spesso ai suoi operai le parole di questa vecchia poesia spagnola.E i suoi meccanici lo amavano, al punto che una decina di essi, quando Don Paco lasciò la Montesa, di cui era stato cofondatore, lo esortò a fondare una nuova casa motociclistica.Non ci volle molto a convincere Don Paco Bultò: nacque proprio così la Bultaco, a Barcellona, nel 1958. E oggi, nonostante siano passati più di trent’anni dalla chiusura dell’azienda e quasi venti dalla morte del suo fondatore, nel capoluogo catalano l’aria della Bultaco si respira ancora forte. LIVELa nostra guida d’eccezione in questo viaggio alla scoperta del marchio Bultaco è il nipote di Don Paco, Daniel Bultó, quattro volte campione della Superbike spagnola e un tempo tester delle Aprilia che correvano nel Motomondiale, che ci racconta come il nonno fosse instancabile e pieno di vita, anche dopo il 1983, l’anno in cui un attacco di cuore lo costrinse a ritirarsi a vita privata e l’azienda, già provata dalla crisi, chiuse definitivamente. Parlare di Bultaco a Barcellona è un po’ come parlare della Guzzi a Mandello del Lario, ci dice ridendo Daniel e infatti il “Museu de la Moto” di Barcellona, che abbiamo il piacere di visitare, dedica un’intera area alle motociclette del marchio.LA STORIALe moto prodotte dalla Bultaco, tutte esposte al museo di Barcellona, sono tutte due tempi, di piccola cilindrata, come usava in quegli anni prima dell’avvento delle giapponesi. C’è la “Tralla 101” del 1959, la prima moto a essere prodotta in serie: 125 cc e 12 cavalli di potenza massima. Sull’onda del successo commerciale della “Tralla”, nel 1962 arriva la “Metralla” che grazie all’impostazione sportiva e al nuovo motore 200 cm³ da 18 cv raggiunge i 130 km/h e si guadagna il titolo di moto più potente e veloce mai prodotta in Spagna.Secondo il pensiero di Don Paco, il mercato segue sempre la bandiera a scacchi ed è per questo che la Bultaco dedicò grandissime risorse al mondo delle competizioni, vincendo ben nove titoli mondiali nelle varie discipline. Nel museo c’è infatti esposta la bellissima GP 50 di cilindrata con cui Ángel Nieto, si laureò campione del mondo nel 1976.E poi la storia della Bultaco è fatta anche di moto con le gomme tassellate, come le celebri Pursang e Frontera da cross ed enduro. Ma forse il modello più conosciuto è la Sherpa, mitica trial che vinse ben cinque titoli mondiali consecutivi dal ’75 al ‘79.I PROGETTIBultaco oggi rinasce grazie alla passione di un gruppo di ingegneri elettronici del Politecnico di Madrid appassionati di moto che un paio di anni fa decise di presentarsi alla famiglia Bultò, proprietaria del marchio, insieme a un pool di finanziatori. Il progetto era ed è quello di rilanciare il marchio facendosi guidare dalla passione e dall’innovazione che avevano ispirato Don Pablo. Cambiando tutto, però: Bultaco sposa infatti la causa delle emissioni zero e rinasce elettrica.Nel 2014 arriva la Rapitán, un prototipo di moto elettrica realizzata interamente nello stabilimento di Barcellona, che vanta un innovativo sistema di rigenerazione dell’energia in frenata e un motore capace di 45 kW e di farle raggiungere i 145 km/h.Le idee dei giovani progettisti della nuova Bultaco non si fermano qui: si parla infatti di una moto ibrida per il 2017 – sarebbe la prima al mondo – e poi di una moto tipo scrambler già entro la fine del 2016 con questi numeri: 90/90/90, 90 km/h di velocità massima, 90 km di autonomia e 90 kg di peso. Niente male!IL PRESENTE: LA MOTO-BIKE BRINCOBultaco oggi non è fatta solo di buoni propositi e nostalgia del passato: la nuova era infatti è già cominciata con la “Brinco”. La chiamano moto-bike perché ha sia i pedali, come una bicicletta, sia la manopola dell’acceleratore, come una moto. Non è una bicicletta a pedalata assistita poiché pedali e acceleratore agiscono separatamente.Insomma il principio è lo stesso dei motorini di qualche anno fa come il “Ciao” ma esteticamente la Brinco sembra un’aggressiva mountain bike da downhill e dentro ha tanta tecnologia.Il telaio è in alluminio ed è progettato per reggere agli urti più duri nell’utilizzo fuoristrada, ma la Brinco si può utilizzare anche in città, magari con un paio di pneumatici meno tassellati di quelli da 3 pollici della nostra moto-bike in prova.Il motore elettrico, capace di sviluppare la bellezza di 2 kW di potenza massima e di spingere la Brinco fino a 60 km/h, è posizionato sulla ruota posteriore. Chiediamo ai tecnici Bultaco perché il propulsore non sia posizionato nel movimento centrale, come nelle moderne MTB a pedalata assistita. La risposta è che un motore della grandezza di quello della Brinco non ci starebbe in quella posizione.La Brinco possiede tre riding mode, come le moto vere (sport, turismo, eco) e ha persino una funzione simile al cruise control, per stabilizzare la coppia erogata dal motore elettrico e quindi mantenere una velocità costante.Per quanto riguarda il reparto sospensioni, davanti troviamo una raffinata forcella a steli rovesciati da 180 mm di escursione e dietro un ammortizzatore singolo da 217 mm. Entrambi sono completamente regolabili, in compressione, estensione e precarico della molla.La batteria agli ioni di litio ha dimensioni adeguate alla potenza in gioco e in Bultaco assicurano avere un’autonomia di circa 50 km; anche di più se ci si aiuta con i pedali. Si ricarica al 50% in circa 3 ore.La Brinco è dotata di cambio a nove velocità, che diventano diciotto grazie alla tecnologia overdrive (un sistema che aumenta il rapporto di trasmissione). Ha freni a disco anteriore e posteriore e pesa complessivamente 39 kg.RIDEIl test della Brinco comincia in un’area asfaltata di proprietà della famiglia Bultò a pochi metri dal circuito di Montmelo. Alla guida, la Brinco è intuitiva e molto divertente: si guida come una moto e ci si può aiutare con i pedali per avere ancora più accelerazione, ad esempio in uscita dalle curve più strette.La Brinco prende velocità in un attimo grazie ai 60 Nm di coppia.Dicono che sia un mezzo trasversale, adatto ad ogni situazione, ma sarà per quel look così aggressivo o per il tassello così pronunciato che non vedo l’ora di provarla in offroad.Per la mia gioia da lì a poco ci trasferiamo in un campetto da cross e qui la Brinco dà veramente il meglio di sé.Le sospensioni sono davvero di altissima qualità e permettono alla Brinco di passare in scioltezza sopra a ogni ostacolo, sasso appuntito o radice che sia.Nonostante il motore posizionato posteriormente, che aumenta le inerzie della ruote posteriore e sposta il bilanciamento dei pesi, i ragazzi della Bultaco hanno lavorato bene e la Brinco resta sempre equilibrata e anche sui salti resta neutra e facile e sicura da condurre.I 39 kg di peso si sentono solo quando si va esclusivamente a pedali. Pedali che si consiglia di usare per fare un po’ di esercizio fisico e poi per dare alla Brinco uno spunto maggiore durante le ripartenze.Per chi è dunque la Brinco? Questa moto-bike va bene per gli amanti del trial e delle discese a rotta di collo ma anche per anche per chi ama le scampagnata su strade sterrate o le gite nel bosco nel silenzio più assoluto.Dicevamo che la Brinco non è una bicicletta a pedalata assistita (con il limite di 250 Watt di potenza e 25 km/h), nemmeno per il codice della strada, e quindi per circolare su strada occorrono assicurazione, bollo, casco e quant’altro. Di fatto quindi oggi la Brinco è destinata a essere usata esclusivamente nelle aree private o magari nei bike park. Un aspetto da non sottovalutare che ovviamente ha il suo peso sulla motivazione d’acquisto.