“Come on, baby, light my fire, try to set the night on fire…” la musica è a tutto volume. L’accendo come un preriscaldamento che inizia a darmi la carica giusta. Questa canzone poi è un must; riesce a entrarmi nelle vene e accompagnare l’adrenalina verso l’alto. Direi che ne ho bisogno, visto che con la bella stagione affronto (ci provo…) due allenamenti al giorno. Uno all’alba e uno di sera, per evitare il caldo che qui, tra le risaie padane, ti cucina in umido a quaranta gradi e più.Si è fatta l’ora; mentre il sole smorza gli ultimi dardi infuocati e un refolo di vento gioca con le tende della sala, mi preparo a uscire. Amo gli allenamenti di sera, soprattutto quelli in sella. Ultimamente straccio le tabelle e con disappunto del coach stravolgo i meticolosi allenamenti in escursioni notturne. Pedalare di notte è un’esperienze sensoriale intensa: hai sì le gambe sui pedali ma te ne vai a braccetto con le stelle.Con un occhio puntato a una 24H in solitaria (la 12H Cycling Marathon l’ho già divorata), alterno allenamenti di forza, medio lunghi, in Mtb ad allenamenti più agili con la bici da strada. Vorrei prima o poi mettermi al collo quella maledetta M di ferro: la medaglia di Ironman. Quella M col “pallino” che diventa sogno, incubo, ossessione dei triatleti. Di ogni latitudine, anagrafe e capacità. Io sono 7 anni che la inseguo…Come? Nuoto, pedalo, corro; nuoto, pedalo, corro. Ripeto. Di nuovo. Ancora. Poi rincomincio da capo. È come un mantra che mi strega e glielo lascio fare. L’elisir di questo gioco vuole un pizzico di costanza, un briciolo di sana follia (una gara da 3,86 km di nuoto, 180,260 km di bicicletta e 42,195 km di corsa, da sciropparsi tutta d’un fiato) e una valanga di ore per prepararla (magari da rinsavir nel mentre). Ecco allora che l’alba e la sera, sono gli alleati strategici dei triatleti.Oggi è il turno della bici. “Un allenamento agile, non troppo lento”, raccomanda il coach; non più di due ore, al mattino. “Quattro ore – penso io – dalle 19 alle 23”, ennesima disobbedienza… Un bel lavoretto di distanza, al fresco della sera. Sarà una pedalata più solitaria che mai: la luna è calante e ghignerà a falcetta, se sbuca dalle nubi.Ultima strimpellata di Jim Morrison “… the time to hesitate is through…” Mimo con le dita un accordo di chitarra e faccio il check di quello che mi serve. Ho tutto: casco, gel, borracce, camere d’aria, manicotti, occhiali, telefono, caricatore ausiliario, Led posteriore, sacchetti antipioggia. Torcia. E coraggio.Torcia! Ecco, a lei va la parte del leone nelle pedalate notturne, testimone e compagna di scorribande a perdifiato. Con il buio preferisco percorsi che conosco bene per ridurre gli imprevisti e avere punti di riferimento precisi. Questo per concentrare tutte le energie sui pedali e non sprecarne nell’orientamento, dote a me sconosciuta.Via Naviglio Grande obiettivo Lago Maggiore e ritorno. La strada è ciclabile, con pochi incroci; un asfalto di velluto che a tratti sembra suonare la campanella a darci dentro a tutta. L’acqua del fiume che scorre accanto allevia la fatica mentale. Ma anche fisica: ogni tanto inforco una scaletta e mi ci immergo per intera.Foto by HLMPhoto.È la giusta occasione per provare la nuova torcia Varia UT800 che è arrivata in redazione. La fisso sul manubrio, in modo da puntare tutto il fascio di luce sulla traiettoria, a terra e smonto dal casco la mia luce a Led (ad alkaline, che ho perso il conto di quante notti ci ho pedalato).L’operazione di montaggio del braccetto al manubrio è di pochi secondi, stringo bene le viti. É solido, mi piace. L’innesto della torcia al braccio invece è più difficoltoso e il sistema di avvitamento sembra delicato per una luce che, dopo ogni utilizzo, deve essere smontata e ricaricata. Ne temo la facilità di usura.Finalmente mi metto in sella. La strada è tutta dritta, lunga, un po’ monotona. Ma so che una buona illuminazione rende sicura e accelera il passo. Il lago mi attende e pedalo di lena.Dal manubrio il braccetto Garmin sembra guardarmi: come a voler tenere gli occhi aperti, lui per me. Assecondo il feeling e accendo la torcia alla massima potenza (delle 5 modalità disponibili è la “Alta”). Non ho montato il dispositivo Garmin Edge (non è in dotazione con il kit, come non lo è purtroppo la luce posteriore) sul braccetto che ne prevede l’alloggio e dunque non posso testare la vera innovazione della nuova torcia. La regolazione in automatico della luminosità, calibrata alla velocità e alle condizioni di luce. Un sistema intelligente, un dialogo silenzioso tra i dispositivi che lo accendono e lo spengono o ne dosano l’intensità a seconda di quanto vai.Senza Edge mi regolo da me. Il sole non è tramontato del tutto, decido quindi di settare la luce in modalità “Bassa” (dovrebbe garantire 6 ore di luce, sparando comunque 200 lumen): deve durarmi più delle gambe.Lo scambio termico vicino al canale crea sempre generose correnti d’aria, ma oltre a queste s’è alzato un ventaccio colmo di nubi, dense e nere. Lo sento da dietro che spinge e dà agilità alla pedalata. Strano, in bici avere vento a favore… Non lo lascio scappare. E, a costo di soffrire il ritorno, infilo i manicotti e spingo sui pedali.Incrocio qualche runner. Scambi di sguardi allampanati e di saluti affaticati. Si capisce se son forti da come oscilla il frontalino che hanno in testa. Ormai è buio pesto, riposiziono il faro e lo metto in modalità “Alta”. Quelli che corrono nel mio stesso senso li avvisto a una distanza enorme. Da dietro gioco a illuminarli: a 800 lumen scaraventano a terra un’ombra smisurata. Sembra la terra dei giganti e nel nero della notte, senza stella, fa paura. Ma la vista del lago con le luci dà sollievo. Sono arrivata a metà strada. Ritorno.Alle 22 il buio è fitto e avvolgente. Il vento ha mantenuto la promessa: cattivo, sibila contrario e si oppone come un muro. Ben ancorata al manubrio cerco le energie per fargli fronte. Davanti a me il fascio di luce accende la strada, a perdita d’occhio. Se mi dovessi perdere, gli altri mi vedrebbero a 1,6 km di distanza, penso, e la cosa mi conforta.Arriva anche la pioggia, a goccioloni, preludio al temporale, e mi accorgo che il fiume si muove al doppio del mio passo. Devo darmi una svegliata per non arrivare a casa ben oltre la mezzanotte. È il momento di ritmare la pedalata, imbrigliata negli strappi del vento. Scalo un rapporto e accendo la luce in modalità flash. È potentissima e con la pioggia crea un effetto stroboscopico, energizzante. Con i suoi lampi a 700 lumen, mi porta in sicurezza verso casa.Nel fitto dell’erba, sono invece gli animali notturni a restarne attoniti. E così tra gli squarci di luce, si spalancano occhi gialli, enormi, rifrangenti di gatti predatori… La pioggia mi risparmia invece il via vai dei roditori e il volo pazzo dei pipistrelli.Ora, del Varia UT800 benedico più della luce i suoi insignificanti 130 grammi di peso. Con un vento così, furiosamente contro, ogni grammo in più fa digrignare i denti.Madida più di sudore che di pioggia, a mezzanotte inoltrata imbocco la ciclabile cittadina.Anche questa è fatta. Defatico. Abbasso la torcia al minimo ed è più che sufficiente nei viali illuminati dai lampioni. Ha anche smesso di piovere. Ora ascolto il rumore delle ruote tra le pozzanghere.Ecco l’ultimo chilometro, quello che mi porta dritto davanti a casa. La strada è in aperta campagna, buissima, chiusa al traffico e mi permette l’ultimo atto di magia. Nel gracidare di rane spengo la torcia, tanto ci sono le lucciole a segnarmi la via.