di Maria GuidottiQuando si è trattato di scegliere tra una carriera in Formula Uno o affrontare la sfida dell’elettrico, Franck Baldet, 43 anni, francese ma con origini italiani, non ha avuto dubbi. “Il mondo dell’elettrico era all’inizio ed è bello scrivere le prime pagine di un nuovo capitolo. Chi opta per l’elettrico ama la tecnologia e vuole proteggere l’ambiente. In Formula E questi due fattori vanno a braccetto e il messaggio che vogliamo passare è forte, mentre in Formula Uno manca l’aspetto della sostenibilità”.Dopo aver lavorato 10 anni in Ferrari, dove si occupava di trasferire la tecnologia sviluppata in Formula Uno sulle vetture da strada, nel 2010 Baldet ha scommesso sull’elettrico ed è approdato a Venturi Automobiles, l’unica “casa” del Principato di Monaco, all’avanguardia nella ricerca e sviluppo della tecnologia elettrica applicata alle vetture sportive, ma anche a progetti estremi come Antartica, un mezzo completamente elettrico pensato per affrontare le temperature polari fino a – 45 gradi, o il Venturi VBB3, progettato per battere il record di velocità su terra, che punta a sfidare anche i mezzi con propulsori endotermici.Da dove nasce questa passione per l’elettrico?“Per un ingegnere, l’elettrico è la sfida dei nostri tempi. In questo Gildo Pastor Pallanca ha precorso i tempi quando ha acquisito Venturi nel 2000 e l’ha trasformata nel primo costruttore di vetture sportive elettriche in Europa. Quando sono arrivato nel 2010 ho assunto il ruolo di Capo della sperimentazione. Avevamo bisogno di nuove sfide e così Venturi ha creduto nel Campionato del Mondo di Formula E sin dalla prima stagione”.Cosa ha portato della Ferrari in Venturi?“In Ferrari mi occupavo di trasferire la tecnologia della Formula Uno sulle vetture da strada. Ho iniziato con la 360 Modena e ho lavorato moltissimo sulla 430 Maranello, in particolare sul differenziale elettronico, per trasferire la tecnologia delle cambiate veloci. Al tempo nelle corse si cambiava in 40 millisecondi e noi in 150 -200 millisecondi. Nella 430 Scuderia siamo riusciti a scende a 60 millisecondi, lo stesso sulla 599 e via dicendo. Questo prima dell’introduzione del cambio seamless. Della Ferrari ho portato la metodologia e la ricerca dell’eccellenza”.Su quali modelli ha lavorato in Venturi prima dell’ingresso in Formula E?“Sulla sportiva Fetish, poi America, un buggy rialzato che può andare sullo sterrato. Volage è stato sviluppato in partnership con Michelin che faceva motori elettrici 4 ruote motrici, mentre noi abbiamo prodotto telaio e batterie. Poi Antartica, e il Berlingo su richiesta delle posti francese con una produzione di 1000 vetture. All’epoca sembrava un numero altissimo”.Cosa contraddistingue Venturi?”Venturi ha sempre voluto fare macchine uniche. In un certo senso estremizza il concetto della Ferrari dove il cliente può personalizzarsi la macchina (gli interni, i colori, ma anche la tecnologia e la potenza). Venturi ha sempre voluto mostrare il trend da seguire. Quando sono entrato, abbiamo subito lavorato su tecnologie ad alta tensione, vale a dire tensione di batteria tra 800 e 1000 Volt. Ancora oggi le vetture di serie sono intorno a 450-600 volt. All’inizio non avevamo trovato i prodotti capaci di funzionare a questa tensione e adatti per una vettura sportiva, perché era una tecnologia che esisteva solo nei treni. Ci siamo trovati davanti ad una difficoltà tecnologica che abbiamo dovuto superare, creando i nostri prodotti. America era infatti l’unica macchina capace di andare ad alte tensioni”.Guardando al Campionato di Formula E, come è cambiata la tecnologia in queste tre stagioni?“Il primo anno tutte le macchine erano uguali, mentre dalla seconda stagione ogni casa ha prodotto il proprio powertrain costituito da motore, inverter e cambio. Si possono cambiare anche le sospensioni. Ognuno ha portato soluzioni diverse. La Formula E è un acceleratore di tecnologia, perché invece di lavorare su piani a lungo termine (3 anni come per il progetto America), una monoposto nasce in 6 mesi”Qual è il prossimo traguardo?“Nella quinta stagione le batterie dureranno il doppio pur mantenendo la stessa massa. Una monoposto potrà coprire tutta la distanza della gara (100 km). Oggi siamo a 28KWH e 200KW, tra un anno e mezzo avremo 56kwh e 250 KW”.Qual è il punto di forza della Formula E rispetto alla Formula Uno?“La benzina ha una capacità energetica elevatissima con poca massa. La batteria funziona al contrario e questo va a svantaggio dell’elettrico. Il punto forte delle batterie sono invece i rendimenti, pari al 98% contro i 60% di perdite della Formula Uno. La Formula E è diversa. Si tratta di imparare a vedere con occhi nuovi. Pensiamo al motore. Il suono del motore Venturi è diverso da quello Audi o Renault. Non solo, il livello sonoro è più basso e questo permette di sentire se un pilota sta attaccando una curva o se è al limite perché si sentono stridere le gomme. Sono dettagli che rendono il nostro sport molto affascinante”.Il futuro è ibrido o elettrico?“La tecnologia elettrica è migliore perché sfrutta al massimo l’energia a disposizione con una dispersione pari solo al 2%. Questo garantisce un’efficienza altissima. Ma alla fine non possiamo puntare su un’unica tecnologia, altrimenti prima o dopo si presenteranno le stesse problematiche che stiamo affrontando con il petrolio anche a livello di reperibilità dei materiali. Il futuro sta in una pluralità di tecnologie. Ci sarà ancora il termico che andrà sempre di più verso l’ibrido. E vedremo sempre più vetture elettriche”.Il grande limite resta il costo?“La tecnologia esiste già, il problema è l’industrializzazione. Oggi il costo della batterie incide sul prezzo della vettura per oltre la metà. In questo la Formula E è un acceleratore incredibile di ricerca. In questi tre anni i prezzi sono calati circa del 30% e la curva si sta abbassando. Si prevede che nel 2020 una macchina da strada elettrica costerà meno di quella con un motore endotermico”.Quale è il fine ultimo del R&D di Venturi?“Siamo un centro di ricerca applicativo con un obiettivo: la ricerca verso eccellenza. Rispetto ad un colosso siamo un gruppo molto più dinamico e reattivo. L’idea è vendere la tecnologia o fare uno sharing su determinati progetti”.Vede nessun futuro per la mobilità a idrogeno?“L’idrogeno è un artificio per cercare di risolvere il problema dell’autonomia di una batteria, ma in due anni il tempo di ricarica sarà dimezzato e con la stessa batteria potremmo fare il doppio di chilometri, quindi l’idrogeno non ha più senso. Il traguardo è poter ricaricare una batteria in 5-10 minuti, vale a dire il tempo per un rifornimento di benzina. Ci arriveremo. E’ solo una questione di tempo”.