La Kawasaki Z900RS è l’esempio perfetto di come il mondo delle cosiddette “classiche” (le virgolette sono d’obbligo) si stia evolvendo. Nate come “repliche” di modelli che hanno lasciato un segno nel mondo della moto (ma non solo), le modern classics si sono via via evolute e hanno modificato la loro missione. Non sono più fatte per nostalgici azzimati e hipster che lacrimano di fronte a un cilindro alettato, non curandosi di tutto il resto: si tratta, al contrario, di moto capaci di emozionare per aspetto e guida.
OMAGGIO AL PASSATO
Ripescare i miti del passato viene facile, per chi un mito del passato ce l’ha. Ad esempio Kawasaki, perché la Casa di Akashi può vantare più di una pietra miliare nella sua storia. La Z1 è stata la prima quattro cilindri del marchio, la prima vera “superbike” dell’epoca, la prima con prestazioni tali (aveva 82 cv nel 1972) da annichilire la concorrenza (e da quel momento in poi sappiamo bene quanto in Kawasaki abbiano preso sul serio la leadership prestazionale…). A differenza di altri marchi che l’heritage l’hanno dovuto inventare, a Kawasaki è bastato aprire l’album dei ricordi.Questo, però, non vuol dire che sia stato semplice. Per i giapponesi, che non amano molto voltarsi indietro, rendere omaggio alla Z1 è stato un bello sforzo, così come lo è stato tornare al concetto del “pezzo unico”, fatto apposta per un modello: per una grande industria non è scontato. Da questa lunga introduzione avrete capito che la Z900RS non è una Z900 con serbatoio tondo e codino d’antan ma qualcosa in più.
SPUNTI VINCENTI
In venticinque minuti molto densi il designer ci ha spiegato come e dove sono stati cercati i tanti punti di contatto con l’illustre progenitrice. Nel serbatoio, chiaramente. Nello schema colori. Ma anche nelle curvature, nelle linee (come lo “spoilerino” nel codino). Nella strumentazione con lo stesso fondo scala, carattere grafico e posizione dell’ago del contagiri a motore spento. Nel faro posteriore a LED ma con effetto “bulbo”, nella sella, nel manubrio e nei loghi tridimensionali. Insomma la Kawasaki Z900RS è un vero omaggio al passato, anche se “sotto” è tutto molto moderno e, come vedremo, piuttosto efficiente. Una vera Modern Classics, a cui mancano solo due belle ruote a raggi per essere perfetta. Per questo aspetto ha prevalso il “modern”, con cerchi in lega più leggeri ed efficienti, oltre che meno costosi. Così come sono moderni ed efficienti il display centrale LCD o il faro LED, molto bello.
DIFFERENZE
Non è semplicemente una Z900 rivestita, perché è differente il telaio, per spessori e rigidezze, cambia il telaietto posteriore ora più orizzontale – ne consegue il design “orizzontale” proprio come le moto degli anni 70 – e, paradossalmente, i componenti della ciclistica sono più pregiati che sulla nuda sportiva. La forcella rovesciata da 41 mm è completamente regolabile, pinze e pompa del freno anteriore sono radiali, e compare il controllo di trazione regolabile su due livelli, assente sulla Z900. Cambiano gli attacchi del telaio al motore (ne conseguono rigidezze differenti), e le quote vitali come interasse (da 1.450 a 1.470 mm) e avancorsa (da 120 a 98 mm).Parlando di motore, alettatura a parte, gli interventi si sono concentrati sulla ricerca di una erogazione più lineare e spostata verso il basso. Cambiano la compressione (da 11,8:1 a 10,8:1), la fasatura degli alberi a camme (angoli e alzate), le mappature di accensione, iniezione e gestione della farfalla secondaria (non c’è il Ride By Wire); c’è una nuova “accordatura” di airbox e scarico (da cui deriva anche un sound personale che personalmente trovo azzeccato) e, come detto, arriva il controllo di trazione KTRC regolabile su due livelli e anche escludibile. Tutto questo per cambiare carattere al quattro cilindri da 948 cc, ora annunciato a 111 cv di potenza a 8.500 giri. Invariato il picco di coppia massima (98,5 Nm), raggiunto però a soli 6.500 giri. Dati che la dicono lunga sul cambio di abito del 4-in-linea Kawasaki, che può contare su rapporti differenti: più corta la prima marcia, più lunga la sesta che ora è quasi un overdrive (il salto da quinta a sesta è sensibile) e anche la rapportatura finale, che passa da 15/44 a 15/42. Tutto per offrire una guida più “morbida” anche se la RS, come vedremo, resta un bel peperino.
RIDE
Non è una Z900 rivestita, anche se l’anima rude, a volte rabbiosa delle 4 cilindri naked Kawasaki finisce per emergere comunque. La Z900RS certifica il fatto che le Modern Classic abbiano voglia di crescere non solo per cilindrata, ma anche per capacità di emozionare. Che sia la strada giusta da seguire sarà il mercato a dirlo: certo è che chi è affascinato da moto di questo tipo e magari ha iniziato con qualcosa di semplice e leggero e ora vuole crescere, trova finalmente pane per i suoi denti. Per soddisfare questa tipologia di clienti non basta più offrire suggestioni estetiche che si rifanno al passato, serve di più: motori brillanti, prestazioni, ciclistica che “funziona” e diverte. Tutte queste caratteristiche sono presenti nella Z900RS, che sul piatto della bilancia mette anche un motore veramente pimpante.
MODERN – SPORT – CLASSIC
Va fatto un distinguo: se cercate una nuda con una ciclistica sportiva, precisa, con l’avantreno che incide l’asfalto e l’assetto da superbike rivolgete le vostre attenzioni verso la Z900: la RS viaggia, è brillante e divertente ma fa un altro mestiere.
SELLONE COMODONE
Accoglie con la sella larga e comoda come non ce ne sono più, e il manubrio alto che viene incontro. Niente a che vedere con la posizione aggressiva della Z900. Qui sei comodo, hai il busto rialzato e le pedane al posto giusto. L’ergonomia della Z900RS è perfetta, la moto accogliente per piloti di varie altezze, e infatti anche i colleghi che passano di gran lunga il mio metro e 73 non hanno nulla da ridire.Sotto trovi un serbatoio importante, stretto il giusto dove passano le gambe ma che si allarga in modo repentino, una scelta dovuto alla volontà di non snaturare il design ispirato alla Z1. Il serbatoio è e resta l’elemento più rappresentativo della moto. Pronti via, la frizione (a cavo ma con leva regolabile nella distanza) è un burro, così morbida che sembra che il cavo se lo siano dimenticato. Il motore ringhia, perché Kawasaki ha studiato il sound sia dello scarico sia dell’airbox, il che contribuisce a dare alla Z900RS un carattere viscerale che altre classiche non hanno. Carattere e personalità: questa non è una moto esteticamente coinvolgente e “perfettina” ma asettica da guidare. Al contrario ha grinta e spinge.
SPINTA, TANTA E SUBITO
Il motore a me piace molto, ma va fatta l’abitudine all’on/off nel chiudi apri e a una prima apertura del gas molto grintosa (la dolcezza dei più recenti Ride by Wire in queste situazioni è proverbiale, la doppia farfalla non basta più).L’erogazione nella prima metà (e anche un po’ oltre) del contagiri è esaltante, poi superati i 7.000 la spinta si stempera, ma è giusto così visto che il buono questo motore lo ha già dato prima e non è certo l’urlo dei 10.500 giri (che comunque si raggiungono velocemente) ciò che cerca chi ama questo genere di moto. Il quattro cilindri della Z900RS è il perfetto rappresentante del nuovo modo di intendere la sportività: non motori che “urlano” ma che “partono” subito, fin dai regimi più bassi, pronti a scattare appena tocchi il gas.
VIBRAZIONI NON PERVENUTE
Del tutto privo di vibrazioni, il quattro cilindri Kawasaki vanta una prontezza di risposta eccellente: con l’acceleratore “in diretta” la connessione mente-polso-ruota non ha ritardi e questo si trasforma in una esaltante spinta in avanti ogni volta che si ruota la manopola destro. Tutto ciò non è rilassante quando si vuole fare lo struscio sul lungomare con un filo di gas, ma se volete andar via in relax mettete una marcia lunga e usate solo quella, tanto l’elasticità è ottima, si scende sotto ai 2.000 giri senza problemi. Il tiro consistente e l’elasticità assoluta di questo 4 cilindri consentono, infatti, di usarlo quasi come un monomarcia nei percorsi misti, toccando poco il cambio, preciso ma non morbidissimo e con un “salto” notevole tra quinta e sesta.
PESO E DIMENSIONI
La posizione di guida arretrata e rialzata aiuta parecchio la maneggevolezza. La Z900RS non è una motoretta, pesa 215 kg in ordine di marcia e ha la sella a 835 mm. Siamo quindi al cospetto di una moto importante. Tuttavia nel traffico la modern classic Kawasaki si muove agile e svelta, ha un’ottima manovrabilità che si trasforma in maneggevolezza quando si inizia a guidare nel misto. Di contro, considerata la posizione di guida e la distribuzione dei pesi, non si può pretendere che la Z900RS abbia un avantreno molto carico, di quelli che scavano l’asfalto. Logico che quando si alza il ritmo (il motore lo consente) si inizi a desiderare un manubrio più basso, perché l’avantreno è piuttosto “leggero” e si avverte la tendenza a sottosterzare, dovuta anche (ma io direi soprattutto) alle Dunlop GPR 300 di primo equipaggiamento che non sono il massimo quanto a feeling e grip. A questa sensazione occorre applicare la tara delle condizioni del test: faceva veramente freddo e l’asfalto non era il massimo. Ciò non toglie che questi pneumatici non mi abbiano convinto fino in fondo.
ARIA IN FACCIA
Detto questo la ciclistica della RS è sana. L’assetto è azzeccato, più sostenuto che mollaccione, con la forcella che scorre e lavora bene, e un mono che sostiene in modo corretto (anche se in qualche frangente lo avrei voluto leggermente più frenato, ma ci si può mettere mano). Entrambi lavorano in sintonia e regalano buon comfort e sostegno adeguato quando si alza il ritmo. A proposito del comfort, dove non arrivano le sospensioni ci pensa la “sellona”, molto ben imbottita. Quanto a protezione dall’aria, invece, c’è poco da fare: tutta la parte alta del busto, le spalle e il casco sono completamente esposti, anche se fino a 140 km/h la spinta è sopportabile. O scegliete di montare la piccola “unghia” in plexiglas che Kawasaki offre come accessorio, oppure cercate strade dove ci sono più curve possibili.