Non è bello ciò che è bello, è bello ciò che piace… De gustibus non disputandum est… Saggezza popolare più o meno antica suggerisce che quando si parla di estetica è difficile, se non impossibile o addirittura sbagliato esprimere giudizi oggettivi. Però c’è un limite a tutto, nel bene e nel male. Alzi la mano chi ha il coraggio di definire brutta, per esempio, l’Alfa Romeo 8C Competizione (quella del 2007, per restare a tempi recenti). E adesso lo faccia chi riesce a definire belle la SZ e la RZ, la sua derivazione roadster. Attenzione: non si sta dicendo che non possa piacere, questo è un altro discorso, ma l’armonia che dovrebbe esprimere un oggetto “bello”, ecco, SZ e RZ – youngtimer della settimana – non sanno nemmeno cosa sia.
Una scelta consapevole
Probabilmente, fra Terrazzano di Rho e Arese (due località a pochissima distanza fra loro, alle porte di Milano), fra la carrozzeria Zagato e il quartier generale Alfa Romeo, ne erano anche consapevoli, della poca grazia della SZ. Eppure deliberano comunque le sue forme. Di più: alla fine hanno anche ragione, perché i 1.000 esemplari pianificati trovano tutti un cliente, nonostante un prezzo non proprio stracciato: 100.000 milioni di lire (siamo nel 1989). Sono invece 278 le RZ prodotte.
Stupire prima di tutto
E se vi state chiedendo il perché di tanto azzardo nello stile, beh in un certo senso è un messaggio che i dirigenti Alfa Romeo vogliono lanciare al mondo, una sorta di testamento. Alfa Romeo, infatti, nel 1986 passa a Fiat. Il progetto SZ/RZ è l’ultimo “libero” dai vincoli con Torino e anche per questo motivo è forte, prima di tutto dal punto di vista estetico. Ecco dunque muso e coda verticali, due “muri” tagliati di netto che nelle intenzioni sono un omaggio alla coda tronca della Giulietta SZ del 1960, sempre di Zagato, ma che nella realtà non hanno nulla di quelle forme sexy che vorrebbero evocare.
Abitacolo sviluppato attorno al guidatore
Il designer d’interni è Antonio Castellana, che lascia da parte il “protagonismo” di chi ha delineato la carrozzeria e si lascia piuttosto ispirare dalla migliore tradizione della Casa di Arese. Ecco dunque la console centrale rivolta verso il guidatore, con i 7 strumenti circolari che lo informano su tutti i parametri della meccanica. Alla base della leva del cambio ci sono invece i tasti per variare l’altezza da terra delle sospensioni. A stonare, in un abitacolo ben congegnato, è solo la leva del cambio, non proprio a portata di mano (oltre che afflitta da una corsa piuttosto lunga).
Una vera Alfa Romeo, soprattutto sotto
Si è detto del passaggio a Fiat: il più grande trauma di questa svolta epocale sta nel passaggio alla trazione anteriore (con la 155 che sostituisce la 75), inevitabile per sfruttare le sinergie di gruppo. Il progetto SZ/RZ riesce a schivare questa logica per un pelo ed ecco che la base meccanica è la migliore fra quelle disponibili in quel momento. Si tratta della piattaforma della 75 IMSA da competizione, in cui il V6 3 litri Busso (utilizzato qualche anno dopo anche sulla 156, nelle varianti da 2,5 e 3,2 litri) lavora su uno schema Transaxle. I numeri? 210 sono i cv, 245 i km/h di velocità massima e 7 i secondi per coprire lo 0-100 km/h.
Divertente ma non pericolosa
Prima di continuare a leggere, sappiate che le considerazioni che seguono non discendono da esperienza diretta, bensì da una “media” delle recensioni delle riviste specializzate che, all’epoca del lancio della SZ, l’hanno messa alla prova. Il primo dato che si evince è che che questa sportiva è molto più cattiva nell’aspetto che nel carattere. Certo, stiamo pur sempre parlando di un’epoca analogica, in cui i 210 cv sono inviati alle ruote posteriori senza il minimo filtro elettronico. In più, il grip dei pneumatici non può essere lo stesso di quello offerto dalle coperture moderne. Eppure, il mix tra lo sterzo mai eccessivamente pronto, l’assetto relativamente morbido e lo schema raffinato delle sospensioni, rende le facilmente controllabili per tutti.
Carrozzeria termoplastica
La carrozzeria è realizzata in Modar, un materiale termoplastico che fa risparmiare qualche kg di peso, su un’auto non proprio leggerissima, per l’epoca: 1.260 kg. Le sospensioni? Davanti sono indipendenti, mentre dietro lavora un ponte De Dion. Una “ciclistica” di ottimo livello, cui ingegneri e collaudatori dedicano molte ore di messa a punto fine delle tarature e degli angoli alla ricerca di un comportamento stradale da vera Alfa Romeo. Interessante segnalare che gli ammortizzatori anteriori e posteriori si possono alzare per superare ostacoli come le rampe dei box. Oppure, di contro, si possono abbassare per toccare il massimo delle prestazioni. Un massimo quantificato in 1,1 g di accelerazione laterale, secondo i dati dichiarati.