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Audi e Porsche in F1: perché, se l’elettrico è il futuro?

Nel 2026 la Formula 1 cambierà radicalmente il Regolamento Tecnico, ma non rinuncerà affatto al propulsore a benzina

Mancava solo l’ufficialità, che è arrivata oggi: Audi e Porsche entreranno in Formula 1 nel 2026. Ad annunciarlo è stato il n°1 del Gruppo Volkswagen (del quale i due marchi fanno parte), Herbert Diess, che ha sintetizzato così i motivi della decisione: “La Formula 1 è sempre più seguita in tutto il mondo. In particolare, grazie alla serie TV “Drive to Survive” di Netflix, ha aumentato la popolarità negli Stati Uniti (mercato molto importante per Audi e Porsche, ndr). Non ultimo, sta crescendo anche in Asia”.

Eppure, l’ingresso di Audi e Porsche (ma soprattutto di Audi) in Formula 1 continua a stupire, almeno chi scrive. Il motivo? Tutto quello che abbiamo sentito, letto e visto da parte del Gruppo Volkswagen negli ultimi cinque anni in tema di virata verso l’elettrico, di trasformazione da produttore di automobili in “fornitore di servizi di mobilità green”, etc.. Anche perché la Formula 1, al momento, non ha la minima intenzione di abbandonare i motori endotermici, sebbene per il 2026 sia previsto il passaggio alle power unit “super ibride” (la parte elettrica sarà molto più importante rispetto a oggi) e con carburanti 100% sintetici. Senza dimenticare che una Formula 1 elettrica sarebbe come minimo difficile da capire per il pubblico, visto che già esiste la Formula E. Ma torniamo indietro un attimo.

L’addio al WRC

A fine 2016, Volkswagen annuncia l’abbandono del progetto vincente nel WRC, con il più classico dei: “Con l’espansione dell’elettrificazione dobbiamo concentrare i nostri sforzi sulle future tecnologie. Abbiamo superato tutti i nostri obiettivi ed è dunque il momento di mettere lo sviluppo della tecnologia di domani al centro del nostro lavoro”. Parola di Frank Welsch, responsabile dello sviluppo tecnico e membro del board di Volkswagen. Con il senno di poi vien facile chiedersi perché abbia avuto tutta quella voglia di sbilanciarsi, di pitturare di verde una decisione che sarebbe stata legittima: “Abbiamo vinto tutto, questo è quanto”. E finirla lì. Volkswagen Polo WRC Sebastien OgierÈ vero, in quei giorni anche Audi esce dal WEC, il mondiale endurance, ma in questo caso si tratta di un impegno che va avanti dal 1999 e che ha permesso di entrare nella storia battendo ogni record precedente (tredici 24 Ore di Le Mans vinte, tra le altre cose). Si tratta, insomma, di una decisione sportivamente comprensibile; nessuno, inoltre, la fa tanto lunga sui massimi sistemi della mobilità.

Audi e l’addio all’endotermico

Dalle corse alla produzione di serie, colpisce l’eventuale adesione di Audi alla F1 (subentrando nel capitale della McLaren, secondo le indiscrezioni), perché è della primavera 2021 l’annuncio che dal 2026 la Casa dei Quattro Anelli abbandonerà lo sviluppo di motori endotermici per lanciare esclusivamente modelli elettrici. Un percorso che dovrebbe portare il brand di Ingolstadt a terminare la commercializzazione di modelli con motore a benzina e Diesel, anche elettrificati; si pensa nel 2033. Una decisione, questa, rispetto alla quale qualcuno sembrerebbe essersi messo di traverso all’interno dell’azienda.

Qualche ripensamento?

Un anno dopo, infatti, sempre da Audi, sempre in via ufficiale, arriva la notizia che i motori V6 Diesel, prodotti da metà febbraio 2022 e con potenze sino a 286 CV delle gamme A4, A5, A6, A7, A8, Q7 e Q8 possono essere riforniti con il carburante sostenibile HVO (olio vegetale idrotrattato: CO2 ridotta sino al 95% e rendimento termico ottimizzato rispetto al gasolio comune). Il che potrebbe sposarsi benissimo con l’idea di “dismettere” gli endotermici entro il 2033: in 11 anni, l’investimento necessario per adattare i motori al biocarburante dovrebbe dare i suoi frutti. 

Poi, però, arriva l’ennesima voce sull’ingresso in Formula 1, una soffiata che ormai ha tutto il sapore di una conferma imminente. Ma la domanda sorge spontanea: perché sostenere un investimento così importante (mettere in piedi un progetto con ambizioni di vittoria, in F1, costa l’equivalente del PIL di uno Stato di piccole dimensioni, per capirci) in un Campionato che punta ancora sul motore a combustione? Suona quanto meno strano sul piano della comunicazione: come spieghi che sei in una F1 in cui la benzina scorre ancora copiosa quando vuoi convincere i tuoi clienti che guai, si viaggia solo a batteria?

Un “cortocircuito” tecnico

E poi: per essere al top, è necessario fare ricerca; si deve tirare fuori tutto quello che si può tirare fuori – in termini di prestazioni ma anche di efficienza – da un motore che brucia carburanti 100% sintetici; dal 2026 peraltro, che – ironia della sorte – è l’anno in cui Audi dovrebbe smettere di sviluppare gli endotermici per le auto di serie. Sembrerebbe dunque esserci un filo a collegare il tutto. Un filo che non è necessariamente elettrico: forse, ma qui il condizionale è quanto mai d’obbligo, a Ingolstadt si stanno tenendo aperte alcune porte che ufficialmente hanno chiuso. Qualcosa che, sia chiaro, a noi non può che far piacere.

E Porsche?

Quanto a Porsche (data vicina a Red Bull, che quest’anno ha perso l’appoggio ufficiale di Honda), sebbene anche a Zuffenhausen abbiano puntato alla grande sull’elettrico, nessuno è arrivato a dare una “scadenza” ai motori a benzina tout court. Forse perché hanno a cuore il benessere psicofisico dei propri estimatori, che negli ultimi vent’anni hanno dovuto digerire Cayenne, Macan, Panamera, ma anche il passaggio all’elettrico con la Taycan? No, difficile che sia per questo. Più probabile che forti del loro status di Costruttore di auto sportive abbiano temporeggiato un po’ di più. Resta un ultima questione: davvero il Gruppo Volkswagen darà il via libera a due marchi della sua galassia di darsi battaglia sullo stesso terreno, accettando di fatto che almeno uno dei due perda? La risposta è sì, lo dice la storia: il medesimo copione si è visto proprio nel WEC, proprio con Audi e Porsche. Audi Porsche Le Mans

Il 2026 per una scelta tecnica

La decisione di fare il proprio ingresso in F1 nel 2026 non è dettata dal marketing, bensì da motivi squisitamente tecnici. Questa la spiegazione di Herbert Diess: “Il momento migliore per entrare in Formula 1 è l’inizio di un nuovo corso regolamentare. Questo assicura infatti che tutti ricomincino da zero: le squadre di solito recuperano un secondo a stagione su una pista di medie dimensioni, semplicemente ottimizzando i dettagli”.

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