Auto ibride. Elettriche. A benzina e Diesel. Oppure bifuel, a metano o a GPL; monovalenti o bivalenti. E poi a idrogeno. A biocarburante. Il mercato dell’auto non è mai stato così complesso come negli ultimi 4/5 anni. Ti abitui a un concetto ed ecco che arriva subito la “variante”, a volte così contagiosa da diventare una moda incontenibile, altre volte di nicchia. Prendiamo il caso delle ibride, appunto: non bastava la classica suddivisione in tre, fra mild, full e plug-in. No, adesso che senza ibrido non sei nessuno, molte Case (anche se ormai ha più senso parlare di gruppi) danno la propria interpretazione della tecnologia, aggiungendo carne al fuoco.
Le tre principali tipologie di ibrido
Dunque le auto ibride sono principalmente di 3 tipi: mild hybrid, full hybrid e plug-in hybrid. Il secondo, il full hybrid, è quello che ultimamente ha visto “fiorire” il maggior numero di interpretazioni, dopo che per anni Toyota (che ha avuto il merito di crederci per prima e fino in fondo, portandolo sul mercato nel 1997) e Honda sono state le sole sul mercato. Nel corso degli anni si sono poi aggiunti Hyundai-Kia, Ford, Renault e, ultima in ordine di tempo, Stellantis con il marchio Jeep (presto anche su altri marchi del Gruppo, Alfa Romeo Tonale inclusa).