L’outsider. Quella che non ti aspetti, che sino a ieri non era un pericolo, un’insidia, una rivale. Quella che non aveva mordente sul pubblico, che seguiva correnti tecniche e di pensiero esondanti l’alveo della ritualità, apparentemente adatta al solo mercato d’oltreoceano. Ebbene, quella vettura in tempi brevi potrebbe divenire una minaccia. Cadillac CTS, relegata ai margini del clamore, della notorietà, della fama, è restata nell’ombra dal 2010 ad oggi, affilando silenziosamente le armi, limando gli eccessi, forgiando il carattere in vista della riscossa. In vista del 2014.
La precedente versione della berlina americana, attualmente disponibile in Europa, era tutt’altro che eccitante, fatta eccezione per la versione CTS-V mossa da un V8 6.2 sovralimentato mediante compressore volumetrico, forte di 564 cv e 76,2 kgm. Peso elevato, struttura massiccia, aerodinamica da baita di montagna e finiture interne non all’altezza della più blasonata concorrenza europea ne hanno decretato lo scarso successo. Ora si cambia musica, passando dal soft pop all’hard rock.
La nuova base telaistica deriva dalla “sorella sportiva” ATS. CTS cresce così in lunghezza di ben 12,7 cm, sfiorando i 5 m, e nel passo (+3 cm), ma, soprattutto, beneficia di una linea più filante grazie all’altezza ridotta di 2,5 cm e al parabrezza dall’andamento meno verticale. A dispetto delle ragguardevoli dimensioni, una radicale cura dimagrante porta il peso dichiarato da 1.735 a 1.565 kg (CTS 2.0 turbo da 272 cv): 45 kg più leggera della rivale BMW 528i. Debuttano portiere in alluminio e una ripartizione delle masse prossima al 50/50 tra avantreno e retrotreno.
È, anzi era, una forza della natura, ma i tempi cambiano e il downsizing diventa realtà. Il V8 6.2 sovralimentato mediante compressore volumetrico, appannaggio dell’iconica CTS-V, cede le armi in favore di un moderno V6 3.6 biturbo abbinato a un cambio automatico a 8 rapporti del tipo mediante convertitore di coppia. Potenza e kgm calano inesorabilmente da 564 cv e 76,2 kgm a 420 cv e 59,5 kgm, mentre lo scatto da 0 a 100 km/h passa da 4,0” a poco meno di 5,0”. Prestazione comunque da prima della classe, in linea con quanto fatto registrare dalle sensibilmente più potenti, e pesanti, BMW 550i (408 cv e da 0 a 100 km/h in 5,0”) e Mercedes-Benz E 500 (408 cv e 5,2”). Non vengono meno raffinatezze tecniche quali il differenziale a slittamento limitato, l’impianto frenante Brembo, forte di dischi autoventilanti anteriori da 380 mm di diametro e posteriori da 373 mm sui quali agiscono pinze rispettivamente a 6 e 4 pistoncini, e lo sterzo a servoassistenza e demoltiplicazione variabili Made in ZF.
Il 3.6 V6 a iniezione diretta di benzina è disponibile anche in versione aspirata, come in passato, in configurazione da 321 cv e 38,0 kgm abbinata al cambio automatico a 8 rapporti per gli esemplari a trazione posteriore, a 6 rapporti per le vetture 4WD. Entry level della gamma è un inedito 4 cilindri 2.0 turbo 16V a iniezione diretta di benzina da 272 cv e 40,8 kgm che rimpiazza il vecchio V6 3.0 dalla potenza pressoché analoga.
Più filante, più leggera, più agile e mossa da motori moderni. Bastano questi upgrade per insidiare Audi, Bmw e Mercedes? Il blasone non si compra, ma CTS può contare su di un ulteriore asso nella manica: la disponibilità per tutte le versioni delle sospensioni adattive a controllo magnetoreologico, un tempo appannaggio solamente dell’estrema CTS-V. Caratterizzate da un fluido degli ammortizzatori in grado di variare viscosità, e conseguentemente caratteristiche dinamiche, reagendo a un campo magnetico generato e controllato elettronicamente in funzione dello stile di guida, possono regalare alla berlina americana quell’appeal sinora rimasto sopito. Anche in assenza di un (auspicabile) propulsore a gasolio. Le tedesche sono avvertite.