Sconvolgente. Al punto da non entrare mai in produzione. Ferrari Modulo sarà tra le protagoniste della mostra “Dream Cars – Innovative Design, Visionary Ideas”. Rassegna allestita all’High Museum of Art di Atlanta (Georgia – USA) dal 21 maggio al 7 settembre e dedicata alle auto più sensazionali del XX secolo: concept ed edizioni a tiratura limitata che, dagli Anni ‘30 ad oggi, hanno scosso come un terremoto il mondo delle quattro ruote grazie a linee rivoluzionarie e soluzioni tecniche avveniristiche.
Sviluppata sulla base del prototipo da competizione 512 S, la Modulo venne disegnata da Paolo Martin e realizzata da Pininfarina con il preciso obiettivo di scardinare il linguaggio stilistico degli Anni ’60. Proposito pienamente soddisfatto grazie alla configurazione di carrozzeria monovolume composta da due gusci sovrapposti e separati da una scanalatura rettilinea all’altezza della linea di cintura. Frontale, padiglione e cofano si raccordavano in un’unica curvatura ad arco. Il retrotreno – usuale come un congiuntivo azzeccato da Vito Catozzo – attirò l’attenzione soprattutto per la semi carenatura delle ruote, senza soluzione di continuità con il corpo vettura al punto da dare vita a un originale motivo cilindrico. L’accesso all’abitacolo avveniva facendo scorrere lungo apposite guide l’intera cupola, parabrezza incluso.
Presentata al Salone dell’Automobile di Ginevra del 1970 (nel colore celeste perlato), venne realizzata in esemplare unico, vinse 22 premi internazionali di design, rappresentò all’Expo di Osaka (Giappone) l’alta carrozzeria italiana e venne esposta a Città del Messico nel 1971 quale ambasciatrice del design del Belpaese. Fece scalpore. Era mossa da un V12 5.0 48V da 550 cv collocato centralmente e abbinato a una trasmissione manuale a 5 rapporti. Il telaio, secondo tradizione per l’epoca, era tubolare in acciaio e lo schema delle sospensioni a triangoli sovrapposti sia all’avantreno sia al retrotreno. Non vennero mai dichiarate prestazioni e peso. Anche per questo resta avvolta dal mistero…