Aveva le corse nel sangue, una carrozzeria targa e tanta, tantissima rabbia nel cuore. Maserati MC12 Stradale, dove MC sta per “Maserati Corse” e il 12 indica il numero dei cilindri del propulsore, è una delle supercar più estreme – e anche un po’ folli – mai realizzate. Nata per partecipare al Campionato FIA GT riservato alle granturismo derivate dalla serie, dove dominò per cinque anni, venne prodotta in solo 50 esemplari tra il 2004 e il 2005 segnando il ritorno della Casa modenese alle competizioni dopo 37 anni d’assenza. Costava 720.000 euro.Disegnata da Giorgetto Giugiaro, venne progettata con la partnership della scuderia Dallara e dotata di un motore a dir poco eccezionale: lo stesso V12 di 65° e 5.998 cc della Ferrari Enzo. Un’unità identica solo per frazionamento e architettura ai “comuni” V12 di Maranello, ma derivata direttamente dalla F1 così da erogare 630 cv – contro i 660 cv della “cugina” del Cavallino – e 652 Nm di coppia, oltre a poter contare sulla distribuzione a doppio albero a camme in testa per bancata, 4 valvole per cilindro e la lubrificazione a carter secco. Il V12, collocato in posizione centrale longitudinale, lavorava in abbinamento alla medesima trasmissione elettroattuata a 6 rapporti della Enzo, denominata per l’occasione Maserati Cambiocorsa, evoluta al punto da garantire passaggi di marcia in 150 millisecondi. Ne derivavano uno scatto da 0 a 100 km/h in 3,8 secondi, da 0 a 200 km/h in 9,9 secondi, e una velocità massima di 330 km/h.Il telaio? Monoscocca in sandwich di carbonio e alluminio alveolare. E la carrozzeria? Integralmente in fibre composite. Soluzioni anch’esse mutuate dalla Ferrari Enzo, sebbene in veste definitiva la MC12 risultasse più larga, lunga (toccava i 5,13 metri) e alta (complice la presa d’aria del sistema d’aspirazione alle spalle dell’abitacolo) della Rossa. Era una vettura enorme: più ampia persino di un Hummer H2! Da Maranello venne presa in prestito un’ulteriore “perla”: Michael Schumacher. Il pilota tedesco, 7 volte Campione del mondo F1, seguì parte dello sviluppo del prototipo MCC, dal quale nacque la versione stradale definitiva. Quanto alla carrozzeria, si optò per una configurazione targa con tettuccio rigido amovibile, favorevole per ottenere una ripartizione dei pesi – l’ago della bilancia si attestava a 1.335 kg – al 41% all’avantreno e al 59% al retrotreno; un bilanciamento che, complice il maestoso alettone, ampio oltre due metri, superati i 200 km/h evolveva in un rapporto 33/66%.Le sospensioni costituivano il massimo della raffinatezza per l’epoca, sebbene s’ispirassero alla Enzo che, a propria volta, guardava alla mitica Ferrari F50 del 1995; si trattava infatti di unità a controllo elettronico di tipo push-rod – vale a dire a triangoli sovrapposti con puntoni diagonali che lavorano in compressione – sia all’avantreno sia al retrotreno, oltretutto corredate della gestione adattiva. Altrettanto ricercati i cerchi in magnesio da 19 pollici con pneumatici anteriori 245/35 e posteriori 345/35, mentre l’impianto frenante Brembo si affidava a dischi anteriori da 380 mm di diametro e posteriori da 335 mm sui quali lavoravano pinze rispettivamente a 6 e 4 pistoncini.Sebbene nascesse per l’omologazione in vista delle corse, la MC12 non tradì lo spirito Maserati che voleva qualsiasi creatura del Tridente rifinita con cura. In abitacolo, infatti, spiccavano rivestimenti in pelle blu, una miriade di componenti in carbonio e particolari in Brightex, un materiale sintetico considerato troppo raffinato e costoso persino per l’industria della moda. La musica, però, non dipendeva dai gusti del guidatore: l’assenza di qualsivoglia predisposizione o vano per alloggiare la radio CD, costrinse a godere unicamente del sound del V12. Un sacrificio che, ancora oggi, molti sarebbero pronti ad affrontare…