Nera come la notte. Cattiva come il fiele. Rientra a pieno diritto nel club delle Mercedes-Benz più estreme mai realizzate. La 190 E 2.5-16 Evolution II ha scritto una pagina del grande libro della storia della Stella, conquistando il DTM (campionato turismo tedesco) nel 1992 e agitando, per anni, i sonni degli automobilisti sportivi.Debuttò 25 anni fa al Salone dell’auto di Ginevra e lasciò tutti col fiato sospeso. L’eleganza e la moderazione di Classe E andarono a farsi benedire. In un istante. La vettura esposta all’auto show svizzero era ferina, con i muscoli ben in evidenza e tutt’altro che politically correct. Il 4 cilindri in linea 2.5 a benzina aspirato, caratterizzato dalla distribuzione bialbero a camme in testa e da 4 valvole per cilindro, arrivava a erogare 235 cv e 245 Nm di coppia che spingevano la berlina di Stoccarda, complice il peso contenuto in 1.340 kg, da 0 a 100 km/h in 7,1 secondi, toccando una velocità massima di 250 km/h. Prestazioni straordinarie per l’epoca.L’aerodinamica faceva invidia a un tuner: alettone a incidenza fissa, minigonne, splitter e, soprattutto, passaruota ampliati rispetto alla vettura standard rendevano immediatamente riconoscibile la berlina sportiva della Stella. Appartenente alla serie W 201 (190), ribattezzata negli Anni ’80 “baby Benz”, venne prodotta in 502 esemplari – nel rispetto del regolamento FIA per l’omologazione delle vetture di gruppo A destinate al DTM – disponibili esclusivamente nelle colorazioni blu e nero metallizzato. Quando debuttò, raccolse il testimone della 190 E 2.3-16 da 185 cv: vettura che, alla prima apparizione sul circuito del Nürburgring, si aggiudicò la vittoria con al volante un pilota brasiliano, all’epoca sconosciuto, di nome Ayrton Senna.Dotata di cerchi in lega da 17 pollici calzanti pneumatici 245/40, trazione posteriore, assetto rasoterra e telaio irrigidito rispetto alle generazioni precedenti, poteva contare su di un classico cambio manuale a 5 rapporti. Il reparto sospensioni, decisamente raffinato, prevedeva uno schema a ruote indipendenti McPherson all’avantreno e multilink al retrotreno, laddove l’impianto frenante si avvaleva di dischi autoventilanti. Trovarne oggi un esemplare in buone condizioni equivale a scovare il classico ago nel pagliaio.