Far amare la trazione anteriore agli alfisti? Missione impossibile. Fino al 1997, quando nasce la 156. Auto ancora relativamente giovane ma già “di diritto” una youngtimer. Ok, magari amare fino in fondo no, ma accettare sì, senza dubbio. Il “miracolo” è opera dell’avantreno, delle sospensioni a quadrilatero che non solo regalano un controllo sopraffino dei movimenti ruota, ma fanno arrivare una gran quantità di informazioni al volante, alle mani di chi guida. Non è tutto, perché un avantreno tanto raffinato permette di ottenere un comportamento sportivo senza dover irrigidire troppo molle e ammortizzatori. Anche per questo, la 156, ma anche la 147 e la coupé GT (figlie dello stesso progetto), verranno ricordate per sempre come tre fra le migliori trazioni anteriori di sempre. Il retrotreno? McPherson evoluto. Il tutto, montato su una piattaforma che, di base, è quella della Fiat Tipo del 1988. Onore dunque agli ingegneri Alfa Romeo.
Una firma d’autore
Puoi avere la meccanica migliore del mondo, ma se il design è sbagliato, non vai da nessuna parte. Per fortuna in Alfa Romeo di talenti non ne mancano, in questo ambito, a metà degli anni Novanta. A tracciare le linee della 156 è la mano di Walter De Silva, che grazie anche alla presenza della 156 sul suo curriculum viene assunto prima in Seat, per poi, dopo un passaggio in Audi, andare a guidare il Centro Stile del Gruppo Volkswagen.
Quattro porte che sembrano due
Ma torniamo alla 156: il merito più grande di De Silva è quello di riportare lo scudetto, orgoglio Alfa Romeo, dove si merita, e cioè al centro della scena. Sulla 155 (modello precedente alla 156) era quasi nascosto, sulla 156 inizia invece dove finisce il cofano motore e si insinua nel paraurti, fino a costringere a spostare la targa di lato a destra, guardando frontalmente la macchina. Altre chicche sono le maniglie delle portiere posteriori occultate nei montanti, per conferire un effetto coupé e la parte posteriore molto sfuggente, forse anche troppo, dal momento che la 156 è una delle berline di segmento D più piccole per chi siede dietro e per i bagagli.
La prima al mondo con il diesel del common rail
La 156 è la prima auto al mondo dotata di motore turbodiesel con iniezione diretta common rail. Soprattutto, per gli alfisti, è una delle ultime a poter vantare il leggendario V6 Busso, in verisone 2.5 da 190 CV e 3.2 da 250 CV della GTA. Ma torniamo al common rail, cioè la tecnologia di iniezione ormai universale sui motori a gasolio. Si tratta di un sistema che basa il proprio funzionamento su un condotto comune nel quale si accumula carburante, che viene poi immesso ad alta pressione nei cilindri mediante gli iniettori ad esso collegati. I vantaggi che portano tutti ad adottare questa tecnologia (sviluppata e industrializzata poi da Bosch) sono il contenimento della rumorosità e delle vibrazioni, rispetto alla soluzione della pompa rotativa e dell’iniettore pompa.
Dal turbodiesel alle piste
La 156 ha anche un bel curriculum sportivo, anche se a dir la verità è la tanto “odiata” 155 che l’ha preceduta a essere ben più vincente: basti pensare che si è aggiudicata il Campionato DTM nel 1993. In ogni caso, la 156 tiene alta la fama del Biscione nei campionati turismo. Dal 2000 al 2004, infatti, vince per ben quattro volte il Campionato Europeo Turismo, prima con Fabrizio “pedone” Giovanardi e poi con Gabriele “cinghio” Tarquini. Di altro tipo, ma forse ancor più importanti i successi in concessionaria: al 2001, sono mezzo milione le 156 vendute. Numeri che consentono ad Alfa Romeo di toccare una quota di mercato, quell’anno Europa, pari al 3,2% nel 2001, contro il misero 0,7% del 1996.
Una station wagon come si deve
Che la 156 sia un’auto su cui Gruppo Fiat punta più che mai lo dimostra anche un particolare che conta: le portiere posteriori della familiare, la Sportwagon, sono specifiche. Il risultato estetico e pratico è migliore, ma ciò comporta maggiori investimenti per la progettazione e l’industrializzazione; una cosa non scontata in quegli anni all’interno del Gruppo Fiat.
Qualità non sempre al top
Detto dei tanti pregi della 156, non si possono però dimenticare le pecche: se abitabilità e capacità di carico sono una scelta, è imperdonabile la trascuratezza della qualità, che non è al livello della migliore concorrenza. Dopo pochi km, plastiche e tessuti mostrano già i segni del logoramento. Esempi? Il rivestimento della leva del cambio si “sfoglia”, il coperchio dell’airbag del passeggero tende a sollevarsi all’altezza degli angoli e qualche scricchiolio di troppo mette in evidenza un assemblaggio fatto al risparmio.