I contrasti di sapore non sono tipici solo della cucina. Nel mondo delle auto, per esempio, vanno forte da molto tempo. Almeno dagli anni Sessanta, periodo nel quale, fra le altre, nasce la protagonista di questo sabato youngtimer: la A112 Abarth. Prima di affrontare il discorso Abarth, però, vale la pena leggersi l’analisi degli esperti di marketing dell’epoca (quando ancora la parola marketing, da noi, la usavano in 3) in merito al lancio sul mercato di modelli piccoli nelle dimensioni ma molto ricercati nel look e nelle finiture, proprio come l’Autobianchi A112. Un nuovo filone che nasce in seguito all’emancipazione della donna conseguente al boom economico: fino a pochi anni prima non guidava, ora aspira legittimamente a un prodotto a sua immagine e somiglianza. Da qui – e dall’esigenza di non lasciare campo libero alla Mini – si comincia il lavoro in casa Fiat. Un lavoro che porterà appunto alla A112, che poi torna a essere prettamente maschile nella sua versione più cattiva. La Abarth, appunto.
Un po’ di carattere in più, ma sempre con eleganza
Abarth entra nell’orbita Fiat nel 1971, l’anno dopo che Karl Abarth presenta la A112 preparata per le competizioni. Un’auto estrema, quest’ultima, con testa radiale e accreditata di oltre 100 CV. La versione stradale, ben più mansueta con i suoi 58 cv, è pronta già nell’ottobre del 1971. Costa leggermente meno della Mini, ma ha la stessa capacità di conquistare al primo sguardo e, soprattutto, esalta gli smanettoni. Gli interventi principali sono l’aumento di cilindrata – da 905 a 982 cc, in virtù dell’allungamento della corsa – i freni anteriori a disco più grandi e l’adozione del servofreno. Rimane invece invariato il telaio: molle e ammortizzatori sono già abbastanza duri. Dentro, da segnalare sedili più contenitivi, volante con impugnatura più spessa e di diametro ridotto. A incorniciare il tutto, tre strumenti: manometro e termometro del lubrificante e voltmetro della batteria, mentre il contagiri ha la zona rossa più in alto.
Nel 1975 la potenza sale a 70 cv
Quattro anni dopo il lancio, Abarth dà una rinfrescata alla A112, con la consulenza proprio di Karl Abarth. Come prima cosa, l’alesaggio viene portato da 65 a 67,2 mm, con conseguente aumento della cilindrata da 982 a 1.050 cc. Viene rivista anche la testata, col risultato che la potenza sale di 12 cv, per un totale di 70. La velocità massima è pari a 160 km/h e, sopratutto, lo scatto da fermo è davvero brillante, almeno per l’epoca. Esteticamente, le differenze rispetto alla 58 hp si concentrano nei fari posteriori, più grandi e con una cornice nera che li circonda, oltre che comprensivi di luci di retromarcia.Viene inoltre ingrandita la griglia sui montanti posteriori, mentre dentro la differenza più grande la fa il volante, a due e non più a tre razze, insieme all’omologazione per cinque posti (non più quattro). Dal 1971 al 1984: tanto dura la carriera della A112 Abarth. Il merito è della validità del progetto di base, ma anche dei continui aggiornamenti. Nel 1979, per esempio, arriva il cambio a 5 marce. Per soli 18 mesi fra il 1978 e metà del 1979, si ricorda l’adozione del telaio B, con padiglione rialzato di 20 mm. Nulla di particolare da segnalare sulla penultima serie, se non la nuova impostazione stilistica, meno sportiva e non apprezzata all’unanimità, mentre la settima e ultima Abarth viene giudicata fin troppo carica di plastica all’esterno. Sarà anche quella che durerà meno: la Y10 è in rampa di lancio.
Sottosterzo o sovrasterzo, nessuna via di mezzo
Si è scritto sopra del carattere vivace della A112 Abarth. Nel concreto, se si dà gas troppo presto, l’avantreno traccia una “riga” dritta sull’asfalto. Se invece il gas lo si solleva mentre l’auto è in appoggio, bisogna stare pronti a correggere un sovrasterzo. Il motivo di tanta reattività è da ricercarsi prima di tutto nel passo corto, nelle gomme strette e nel baricentro non esattamente rasoterra. Detto ciò, le reazioni non sono impossibili da gestire, anzi. Lato competizioni, la A112 trova largo impiego nei rally, nelle corse in salita e negli slalom; ieri come oggi. La prima omologazione per le competizioni è datata 1972, l’ultima 1990. E non si pensi che la sua carriera è terminata: ancora oggi si arrampica indomita per qualche gara in salita per auto storiche.