I segni della sua carriera travolgente se li porta addosso. Sono lì, nelle ossa rotte e riaggiustate e nella faccia segnata, ma non passano di certo attraverso l’insicurezza. Perché «quando corri per la paura sei già fuori».
I primi passi mossi nelle competizioni motociclistiche a quattro anni e una storia di gare che va avanti a ritmi vertiginosi da quaranta, passando tra campionati nazionali, titoli mondiali e tre vittorie alla Dakar, compresa quella conquistata lo scorso gennaio su un prototipo leggero Can-Am in Arabia Saudita.
Ma Francisco López Contardo, per tutti Chaleco – soprannome che è un omaggio al padre Renato, a sua volta pilota, che era solito correre con un gilet di lana confezionato dalla moglie Ana Maria – non si è fermato nemmeno durante le fasi più critiche della pandemia. Lontano dalle piste sabbiose del deserto – teatro sia di grandi soddisfazioni sia di memorabili cadute – il quarantaseienne cileno ha dato vita a un progetto tutto nuovo: El living de Chaleco, uno spazio espositivo che racchiude tutta la sua carriera.
La carriera
Dominatore dal 1989 al 2000 della scena del motocross sudamericano, una volta passato all’enduro López è stato il primo pilota cileno a conquistare una medaglia d’oro alla Sei Giorni Internazionale di Enduro. Dopo la vittoria al Rally Costa del Galo del 2001, il campione è approdato definitivamente ai rally nel 2005, partecipando al Patagonia-Atacama che ha vinto l’anno successivo. Il suo talento è esploso nel 2006, anno alla fine del quale, dopo i secondi posti ottenuti in Sardegna e Marocco, è diventato il migliore pilota del mondo nella classe fino a 450 cc e, l’anno successivo, è arrivata per lui la prima partecipazione alla Dakar, dove ha registrato il miglior risultato nel 2010 grazie a un terzo posto assoluto, poi replicato nel 2013. È in quel periodo, infatti, che, insieme con Marc Coma e Cyril Despres, Chaleco è stato uno dei fuoriclasse della disciplina rally raid.
Quando ripensa a ciò che ha fatto nel corso degli anni, il pilota dice di sentirsi appagato, e che rammentare le esperienze in cui corre, vince, cade e si ferma generano in lui felicità continua. Lo stesso sentimento che potrà provare chi si recherà al Museo del Automóvil di Santa Cruz, nella regione cilena di O’Higgins, dove il museo è appena stato inaugurato.
Chaleco – che una decina d’anni fa, per un breve periodo ha fatto parte del team italiano Bordone Ferrari (fallito in pochi mesi) – ha, quindi, curato la rassegna che mostrerà la sua storia sportiva di pilota di due ruote.
Curiosità
In un Paese come il Cile, dove figure come López sono venerate dal popolo come idoli nazionali, il progetto nasce con lo scopo di raggruppare moto, giacche, trofei e materiale vario che hanno accompagnato Francisco verso il successo, sia come regalo ai fan, sia perché la sua storia possa ispirare le nuove generazioni verso un modo pulito e corretto di praticare sport (caratteristica a lui attribuita per due volte dal Circolo dei Giornalisti Sportivi tramite i riconoscimenti Miglior Atleta di Motorsport e premio Fair Play).
Lo spazio – che si trova tra le auto del pilota Eliseo Salazar e le moto dell’attore Coco Legrand – vede esposta una decina moto di Chaleco, dalla prima utilizzata da bambino all’ultima con cui ha corso la Dakar nel 2014, molte delle quali recuperate nel corso del tempo. Quella usata da piccolo, infatti, Chaleco l’ha ritrovata a 18 anni, mentre un modello del 1996 è tornato nelle sue mani per caso solo nel 2012, dopo un incontro per strada con una persona a cui lui stesso l’aveva venduto.
Un’altra moto, invece, è stata rinvenuta addirittura spulciando i siti di auto e moto usate: si tratta di una Honda CR 125 del 1991, che López ha riconosciuto dallo scarico, lo stesso che suo padre gli aveva portato dagli Stati Uniti. E fa un appello: «Colgo l’occasione per invitare chiunque fosse in possesso di qualcosa di mio – una foto, una moto, un oggetto – a scrivermi per vedere se riusciamo a far crescere la collezione».
Naturalmente, nelle teche non mancano i sette Dakar Touareg vinti dal campione, nonché giacche, foto del padre, roadbook, oltre a un libro che ripercorre la sua vita. Tuttavia, non c’è spazio solo per i trionfi, ma anche per i ricordi spiacevoli e i momenti difficili della carriera, come il casco indossato durante il gravissimo incidente in Tunisia del 2011, dove ha riportato 12 fratture multiple a braccia e gambe, e la perforazione di un polmone.
In evoluzione
Per il momento, la collezione contiene solo le moto di Chaleco, competizioni che ha lasciato dopo la Dakar 2014, dove è tornato solo cinque anni dopo nella categoria side-by-side, con una rinnovata carriera. Sebbene non pensasse di gareggiare nuovamente al Rally Dakar – che definisce la sua specialità – il cileno ha già ottenuto tre vittorie, grazie a una strategia molto coerente e poco dirompente.
Con il tempo, comunque, verrà allestita anche una parte dedicata ai veicoli a quattro ruote, per un’esposizione in continua evoluzione che andrà di pari passo con le gare e i nuovi trofei che il cileno conquisterà in futuro.