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E poi ci siam trovati come old stars…

L’estate è più vicina di quanto sembri e, diciamolo, vista la situazione, tra contagi alle stelle e ritardi nel piano di vaccinazione, i live del 2020 rimandati al prossimo giugno non si terranno neanche quest’anno. A meno che non si sia stati immunizzati. Ma, quale sarà la fascia d’età che per i mesi estivi avrà tali requisiti? Quella degli over 65. Così abbiamo voluto fantasticare, ipotizzando un live di Vasco con accesso consentito a soli vaccinati. T’immagini… una stagione concerti 2021 così?

Vasco concerto live

Altro che ristori. Per salvare il sacro spettacolo e tutto il suo indotto, compresa la grande fonte dell’Autodromo, in zona Imola si stanno ingegnando in ogni modo pur di non lasciare morire tutto nel pandemico declino: l’ultima ipotesi proposta, che arriva da Elena Penazzi, assessore del Comune di Imola, è di organizzare eventi e concerti con accesso consentito ai patentati. Cosa c’entrano i patentati? Sì, non quelli che possono guidare, ma quelli con il patentino del vaccino. Così tutti sani, zero pericolo e due, anzi tre vantaggi in uno: risollevi il settore artistico, fai sopravvivere l’impianto e dai un bell’incentivo a chi ancora non è così convinto di farlo (e purtroppo c’è ancora troppa gente che non vuole capire che senza vaccino non ne usciamo).

Allora, immaginiamo sia tutto a posto, proposta passata, attività concessa. Anno venti ventuno, come usano scrivere le nuove generazioni. Facciamo che Vasco Rossi sia il primo artista che crede nel fare un concerto nel rispetto della legge, cosa credibilissima, tra l’altro, dato che da anni manda messaggi positivi, pur senza mai rinnegare il passato, anzi. Lui che è stato così forte da rimanere coerente agli ideali anche durante il suo cambiamento; lui che ha attaccato apertamente i negazionisti del Covid dedicando loro la strofa di Nessun pericolo… per te: «Vai a fanculo te e chi non te l’ha mai detto!»; lui che, al contrario di tanti altri personaggi pubblici, in questi mesi di lockdown, pandemia e teorie del complotto, ha promosso l’uso della mascherina e il rispetto delle regole dando per primo l’esempio, è l’artista perfetto per aprire questa era di concerti solo per immunizzati. E allora via alle vendite dei biglietti. 

Unico problema (ma oramai l’operazione è partita): il ritardo della consegna dei vaccini al mercato italiano da parte dei colossi produttori ha fatto posticipare la vaccinazione alla popolazione attiva – giovani e mezza età – e ora di giugno, data del primo concerto, le uniche fasce d’età completamente vaccinate contro il Covid-19 saranno gli over 65… in pratica i pensionati. Che poi sarebbero, anzi sono, i coetanei della nostra rockstar. Poco male, quindi, il rischio di fare flop è esiguo, chi ama Vasco lo fa per sempre, e infatti ai concerti coesistono volentieri oramai tre o quattro generazioni in contemporanea: gli unici seguaci che ha perso sono quelli non più in circolazione, perché gli altri non mancherebbero di certo, come sempre è successo ai concerti del Rossi cantautore. Unica differenza con il 2019 – ultima stagione di concerti tradizionali – è che i nonnetti non sarebbero più mischiati con figli e nipoti, ma solo fra loro. E acclamerebbero un loro coetaneo, quindi ci sta tutto; sarebbe uguale se seguissero lo stesso esempio star come i Rolling Stones, i Pink Floyd e tutti gli altri sopravvissuti. Quelli che sono arrivati «vivi, sani e lucidi al 2021», per citare Vasco.

Cosa potrebbe succedere? Proviamo a immaginarlo

Il grande giorno è arrivato, anche agli accrediti stampa c’è accesso solo per i vaccinati, perciò si presentano solo giornalisti che hanno vinto il vaccino per età, tipo i Red Ronnie e i Vincenzo Mollica. E avercene di gente spessa così.

All’ingresso scene surreali: il mondo sottosopra, con la fila di pubblico dai capelli d’argento; l’organizzazione ha previsto qualche panchina laterale per chi fatica a reggersi in piedi a lungo alla coda controllo vaccini. La cosa più bella e impressionante allo stesso tempo è la schiera di giovani accompagnatori: non tutti quelli che vanno al concerto sono rimasti indipendenti e possiedono ancora l’auto, così sono nipoti e figli ad averli accompagnati: alcuni di loro hanno occhi lucidi, altri si disperano, ma non per la preoccupazione: è che trovano ingiusto non poter entrare anche loro. 

Non mancano scene tragicomiche come alcuni giovani accompagnatori che raccomandano al proprio parente di fare attenzione, di riguardarsi e di non fare cavolate. Quasi tutti rimarranno fuori per quattro ore ad attenderli per riaccompagnarli a casa. 

Noi siamo ancora qua… eh già!

C’è Guido che ha rispolverato il suo chiodo di pelle degli anni Ottanta e la sciarpa di Vasco sbiadita legata in fronte. Il giubbotto non si allaccia più causa giro vita raddoppiato, ma l’emozione non cambia. Patetico? Chissene. Anche la sciura Silvia, vedova, senza figli, si è messa giù da gara, anzi da concerto, ma per lei è normale routine, non ha mai smesso di andare ai concerti e le canzoni se le ricorda meglio dello stesso autore. Non come Alfredo, che si è trovato in mezzo, portato da lei, ma è lì come un vecchietto completamente fuori dal giro degli storici fan. Poi alla fine riferirà di essersi divertito un botto, anche se l’obiettivo finale sarà di concludere in bellezza la serata con Silvia: gli uomini non cambiano. 

C’è un gruppetto di irriducibili che si è dato appuntamento all’ingresso: sono quelli che ai concerti degli anni Novanta emulavano, come look e anche come stile di vita, il Blasco, e ne uscivano camminando a quattro arti. Loro sono I soliti… che in quelle notti non avevano (oggi non si sa) niente da perdere, perciò si rovinavano tra birra e fumi di ogni tipo. Uno di loro non è in formissima e si vede proprio, ma non è voluto mancare; l’ha portato sua figlia che è visibilmente preoccupata. Alla biglietteria gli dice: «Pa’, non fare lo scemo eh, ma poi proprio con quei disgraziati dovevi venirci al concerto? Guarda che quando finisce ti controllo se sei sano».

Ci sono delle belle ex milfone, che oramai sono della categoria over and over, che fanno schiattare dal ridere perché, pur conoscendosi e avendo deciso di venire al concerto insieme, hanno outfit completamente differenti: dal jeans slavato che nel fare lo squarcio rock le è scappata la mano al punto che si intravedono le vene gonfie, all’altra che non ha più nulla del passato e si presenta con un improbabile, e per questo irresistibile, look da nonna malcelato dal giubbotto jeans della nipote a cui ha attaccato la collezione di spillette conservata dall’epoca. Giorgio arriva in Vespa, ci va ancora, ma quella nuova monomarcia non la PX pluri adesivata ed elaborata di un tempo: i tatuaggi sono l’unica impronta rimasta del suo passato, seppur sbiaditi e sulla pelle raggrinzita; ma sono d’epoca pure loro, ha la linguaccia degli Stones sul braccio, le iniziali VR sull’altro, ed è inequivocabile a chi si riferiscono, perché Valentino all’epoca andava con le minimoto, e la V non era ancora riconducibile al noto 46 nazionale. Per mostrarli indossa un gilet di pelle nero, che fa look maranza-rock-nostalgia, il capello lungo ce l’ha ancora, ma è solo ai lati e sfila dietro con la coda: il tattoo del chitarrista vagabondo di spalle che cammina verso l’orizzonte è sul polpaccio, si vede perché indossa degli inguardabili pantaloni a pinocchietto. Lui uscirà sicuramente senza voce, ma non per aver cantato a squarciagola: perché ha preso un colpo di freddo con la brezza serale. E la sgridata a casa non gliela toglie nessuno.

Poi, tutti felicemente assembrati, si inizia a saltellare durante i brani rock: a ogni canzone sono sempre meno; chi ha il fiato corto, chi ha il cuore che va troppo veloce e chi si sloga una caviglia per la troppa enfasi. Poi arriva Rewind e il rituale delirio delle ragazze è irrinunciabile: ci sarà qualcuna che lancerà l’intimo sul palco? Forse. Ma avrà, speriamo, il buongusto di limitarsi a sfilarlo mantenendo addosso un minimo di vergogna. E se così non fosse… va bene lo stesso, sono tutte bellissime e felicissime. Quello conta.

Come nelle favole. La canzone più acclamata è quella dell’anti-Vasco, l’inno ai family man, ai bambini, alla banalità e tutto il resto. In altri contesti farebbe innervosire e provocherebbe la malinconia dei Siamo solo noi, ma qui, oggi, ci sta bene e cantata dal pubblico funziona. È allegra. Da famiglia allargata, appunto. Anche perché quei bambini sono fuori ad attenderli…

Al Trivulzio Bar

Siamo al gran finale del concerto, Vasco è appeso la microfono, ma guai a dare la colpa alla stanchezza per l’età, perché lo faceva anche a trent’anni. Un atteggiamento. Ma ora è sobrio, perché ha più o meno cambiato stile di vita. Prima di chiudere con Albachiara è il momento della Vita spericolata del… Roxy Bar che diventa: «Poi ci siam trovati come old stars a bere ginseng al Trivulzio bar».

Ci sono tutti, quelli della band, anche il leggendario chitarrista Maurizio Solieri della Steve Rogers Band, che con Vasco non suona più da anni ma per l’occasione è tornato a esibirsi sul palco. Dopotutto questo è un evento unico, forse alla stregua del record mondiale Modena Park del 2017. Tutti tranne uno: all’appello manca Massimo Riva, l’unico della combriccola blaschiana che è si presentato al concerto ancora trentenne. Ma ci è arrivato in formato cartonato; come a ogni concerto, da quando la sua presenza viene invocata nella canzone… Canzone. È rimasto imbrigliato nella subdola magia; l’unica magia vera del pianeta, che da bianca diventa nera, perché ha mantenuto la promessa di lasciarlo giovane per sempre, anche a costo di una vita. Spericolata. Troppo?

Ho perso un’altra occasione buona stasera

Uno che è rimasto fregato dalla reunion degli over anta è Gino il bagarino (ora in pensione). Era riuscito, come ai tempi, a procurarsi un centinaio di biglietti da piazzare ai last minute, ma ha scambiato l’8 col 9 sul calendario perché non trovava gli occhiali. Si è presentato la sera dopo solo, a luci spente; passa il guardiano dell’autodromo, è il figlio del suo compagno di bisbocce al bar: «Ma Ginooo, sempre il solito smemorato, il concerto era ieri!».

Poi, il Fronte del palco chiude e tutti a casa, i nonnetti, alcuni dritti qualcuno storto, uno e una si sono ritrovati a un concerto trent’anni dopo; all’epoca dopo lo show si erano pure infrattati, ma stavolta no, non si fa, lei è separata ma lui no, e ha fuori la figlia bacchettona che lo aspetta. La colonna che defluisce semi-claudicante è arzilla più che mai nell’anima, oggi, e ha ben poca voglia di far finire la notte. Trovano uno scenario desolante dei parenti in attesa tutti mezzi addormentati fra panchine e macchine. Toccherà ai più maturi, ancora una volta, riportare a casa la gioventù di oggi che, in tanti casi, ha meno scorza dei giovani degli anni Ottanta. Sono dunque ancora loro le rockstar più strong? A guardare Vasco si direbbe di sì. Facile che sia tornato allo Stupido Hotel a piedi, in bici o magari anche in moto. È così che si muove oggi, il Blasco salutista. Quello che anche il primo gennaio, sotto la pioggia, ha fatto una story su Instagram mentre si allenava nel centro di Bologna. Un contenuto leggero nello spirito ma denso nel significato. Gira che ti rigira, nel bene e nel male, da VR c’è sempre da imparare. 

Edit: la cronaca riferisce che una del pubblico è dovuta tornare a casa in taxi perché il Gallo è andato via con sua figlia, sua mega fan, che era fuori ad aspettare sua madre dopo il concerto. Come diceva quel tale? Tuo nonno è più rock di te.

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