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BMW contro: S1000RR e HP4

Almeria, Spagna: abbiamo messo a confronto le due supersportive di Monaco, la S1000RR e la HP4, sul tortuosissimo circuito andaluso e ci siamo domandati se si avvertono i nove kg di peso in meno e l’elettronica più sofisticata della HP4. La risposta è…

Quando Stefano Cordara provò per RED la BMW HP4  (al cui articolo vi rimandiamo se volete conoscere tutti i segreti di questa moto) quattro mesi fa, scrisse che era una moto marziana: l’immensa ed efficace tecnologia impressionò persino lui, un pilota vero. Ma il punto è proprio questo: un motociclista amatoriale, uno che a grattare le saponette in pista ci va una volta ogni tanto come chi scrive, è in grado di accorgersi e apprezzare le differenze tra le due moto? E ancora, per un possessore dell’ottima S1000RR vale la pena sborsare qualche migliaio di euro (il prezzo base è di 17650 per la S1000RR e 21500 per la HP4) e concedersi l’upgrade verso la HP4?S1000RR, partenza softPersino in Andalusia, in gennaio al mattino l’aria è piuttosto fredda. E poi, non avendo mai girato su questa pista, non so minimamente quali sorprese possa riservarmi il circuito di Almeria. Dal muretto dei box si intravvedono qualche saliscendi e una miriade di curve e controcurve. Prevedo che sarà dura imparare le traiettorie e opto per una partenza soft: imposto la mappatura “Rain” (potenza massima limitata a 150 cv e controllo di trazione molto presente), attivo le manopole riscaldabili per non rischiare di arrivare “lungo” a causa della mano destra rattrappita dal freddo e con la mia S1000RR mi getto nella mischia.È il Turno A, il più veloce, e con le altre moto che mi sfrecciano da tutte le parti realizzo presto che prima di essere in grado di raccordare dignitosamente le curve triple e affrontare gli scollini in piega dovrò faticare ancora un bel po’.Al primo approccio la S100RR, a patto di dosare con attenzione il gas, sembra molto docile e “morbida”, nonostante il mio approccio sia tutt’altro che disinvolto: durante le (frequenti) correzioni di traiettoria non si scompone; è straordinario quanto l’avantreno sia stabile e preciso a ogni velocità. Anche sbagliare marcia non è un problema: in basso c’è tanta di quella potenza da far invidia a un bicilindrico e in più il motore non strappa mai. Insomma la S1000RR è cosi amichevole che vien vogli di forzare un po’…ma forse prima è meglio imparare le traiettorie.Aumenta il ritmoChiedo quindi di essere “retrocesso” al Gruppo B, capitanato da una guida d’eccezione, Dario Giuseppetti, pilota che vanta presenze nel Mondiale GP125 e che nel 2012 ha corso il Campionato Superbike tedesco in sella alla Ducati: insomma uno che conosce le complicate traiettorie di Almeria e che posso seguire con fiducia per provare a impararle. Fiducia è proprio la parola giusta, perché per affrontare ad esempio la terza curva a destra bisogna iniziare a piegare appena prima di uno scollinamento, completamente alla cieca.Ma Dario fa segno di restargli attaccato e di concentrarmi solo sul codino della sua Streetfighter 848: così dopo qualche giro alla ruota di Giuseppetti comincio a guidare con più disinvoltura. Aumentiamo gradatamente il ritmo fino ad andare piuttosto forte e, sgravato dal pensiero fisso di finire nella sabbia perché non mi ricordo una traiettoria, riesco finalmente a concentrarmi e “ascoltare” la S1000RR. Ha potenza da vendere: i 193 cv (disponibili con la mappatura “Sport” e poi con le successive “Race” e “Slick”) del quattro cilindri in linea danno una spinta entusiasmante. Il bello è che l’erogazione è molto regolare lungo tutto la scala del contagiri. I rettilinei di Almeria sono due, piuttosto brevi e ravvicinati: in fondo al primo si riesce a mettere la quarta; in fondo al secondo la quinta (solo una volta ho provato a tirare tutta la quinta e inserire la sesta a oltre 260 km/h indicati, arrivando peraltro leggermente lungo alla curva successiva). Tutto il resto del circuito si riesce a fare con una marcia sola: altri giornalisti, sempre in sella alle S1000RR, mi suggeriscono di tenere la seconda ma io preferisco la terza (praticamente due terzi del circuito si percorrono senza mai usare il cambio), marcia che mi consente di avere una guida più morbida. E comunque in basso c’è talmente tanta potenza che anche in uscita dalla variante più lenta il problema non è certo la mancanza di spinta.Il momento della HP4Galvanizzato dall’aver cominciato a capire qualcosa del circuito, balzo in sella alla HP4 e mi rimetto alla ruota della mia guida Giuseppetti. La posizione in sella è la medesima della S1000RR, piuttosto comoda per essere una superbike: le braccia sono abbastanza distese e i polsi non si affaticano mai (sono alto 180 cm).Stefano ci aveva già raccontato nella sua prova del rivoluzionario “gioiello” che equipaggia questa moto: il DDC (Dynamic Damping Control), sistema che, raccogliendo segnali dall’acceleratore, dal sensore di inclinazione, dai sensori dell’ABS, è in grado di adattare l’assetto della moto istantaneamente secondo lo stile di guida e il tipo di fondo stradale. In due parole stiamo parlando delle sospensioni attive, non più solo di sospensioni a regolazione elettronica ma in grado di variare praticamente in continuo e in tempo reale la regolazione idraulica della forcella (il sistema lavora solo su uno stelo, sull’altro c’è il precarico molla) e del mono posteriore.Guidando tra le curve di Almeria mi rendo conto che tutta questa tecnologia non limita minimamente la guida né la percezione della moto; non si avverte il filtro dell’elettronica ma anzi l’unica cosa che si percepisce è che la moto è sempre “a posto”, come se fosse stata preparata dal miglior tecnico in base alle mie esigenze e al mio stile di guida. I pur leggeri sbacchetii della S1000RR, frenando o accelerando con la moto inclinata, sulla HP4 sono completamente assenti. Oltre al miglior assetto si avverte anche il minor peso della HP4: i 9 kg in meno le consentono di essere sensibilmente più rapida e leggera sia negli inserimenti in curva, sia nei cambi di direzione.Rimonto sulla S1000RRIl maggior peso della S1000RR si avverte anche in frenata: le mie braccia, al sesto turno, cominciano a essere dure e stanche. Allora Dario mi suggerisce stringere le ginocchia in staccata per far sì che lo spostamento di carico sia sopportato anche dalle gambe. Dopo poco, però, anche le Metzeler Racetec Interact K3, fino a quel momento perfette, senza una sbavatura, non ce la fanno più e dopo due virgolone involontarie in uscita di curva, con il sole spagnolo ormai basso sull’orizzonte, decido di guadagnare la via dei box.

 

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