Charlie’s Angels. La rossa, la mora e la bionda. Decidete voi quale ruolo si addice alle tre novità di Ducati create dalla costola del concetto Hypermotard m.y. 2016. Già, perché le nuove Hypermotard sono sempre tre: la standard, la SP e, prossimamente, la Strada. Con prezzi franco concessionario che partono da 11.990 euro, passando dai 13.240 per Hyperstrada fino ai 15.590 della SP.Anno ricco. La novità della Casa Bolognese arriva in un momento di frizzante attività. La XDiavel e ancora prima la Panigale 959 hanno aperto le danze a gennaio, seguite a ruota dalla piccola Scrambler Sixty2, in attesa di sporcarci di fango con la Multistrada 1200 Enduro che aggiungerà una nuova base azotata nel DNA di Ducati. Concentriamoci sull’icona della guida fun, di traverso e mono ruota.Euro 4. Il progetto motoristico gravita intorno alla normativa, che impone restrizioni ancora più severe a livello di emissioni. Di conseguenza è sempre più difficile spillare cavalli a motori fortemente “soffocati”. La soluzione? Aumentare la cilindrata, nel caso della 939 maggiorando l’alesaggio, e ritoccando alcuni dettagli per non dover rinnovare il progetto da capo a piedi. Cilindrata da 821 cc del precedente Testastretta 11° a 937 cc, rapporto di compressione di 13,1:1; non cambia il diametro delle valvole e arriva il radiatore dell’olio per tenere sotto controllo le temperature di esercizio.Il valore di coppia ai medi regimi cresce di uno straordinario 10% in più fino al valore massimo di 97,9 Nm a 7.500 giri/min, benchè il motore sfrutti gli stessi corpi farfallati da 52 mm di diametro e lo stesso pacchetto elettronico – Ducati Safety Pack – che offre il funzionamento dell’ABS su tre livelli per la SP e due per gli altri due modelli. I riding mode sono tre Sport, Touring, Urban e 8 i livelli del Ducati Traction Control.DNA Ducati. Telaio a traliccio in tubi d’acciaio e motore bicilindrico a L di 90° non possono mancare. È come lo spaghetto alle vongole senza aglio… impossibile. E così il parallelismo con la cucina italiana, ci porta ad accomodarci a un tavolo dove le portate sono molto gustose. La Hypermotard, nonostante gli anni, resta un progetto bello, proporzionato e lezioso al punto giusto. C’è buona tecnica in vista a partire dal forcellone monobraccio e per la SP i cerchi forgiati oltre che una buona cura e attenzione per il dettaglio e sempre parlando della SP un pacchetto sospensioni color oro Pantone Öhlins che fa la sua bella figura.Gambe lunghe. Scelte diverse di sospensioni modificano la fisionomia e il carattere delle due protagoniste di questo primo test. La standard con la forcella Kayaba da 43 mm e il mono ammortizzatore della Sachs ha la sella a 870 mm mentre la SP full Öhlins cresce di altri 2 centimetri costringendo i meno alti a vere e proprie acrobazie non solo per raggiungere il piano della seduta e accomodarsi ma anche a chiudere il cavalletto in partenza.Barcellona e dintorni. La Spagna è una benedizione in questo periodo dell’anno perché offre un clima tendenzialmente mite, strade con un gran grip e, soprattutto, poco frequentate. La Hypermotard 939 mostra fin dai primi metri di essere cambiata solo nel motore. La sella sostiene, incavata appena, pedane non troppo basse e manubrio lì dove è sempre stato. La differenza di altezza tra manubrio e sella non dispiace e la distanza non sembra eccessiva soprattutto ora che la seduta ha una sorta di invito che impedisce di scivolare verso il posto del passeggero in accelerazione. Lì sei seduto e lì rimani: meglio.La virtù nei medi. Il motore ha più coppia, ha conservato lo stessa rapportatura del cambio ma è cambiato il numero di denti della corona, meno di prima. Si capisce in pochi metri che invece la birra è aumentata e non di poco. Fino a 3.000 giri il motore è pigro e poco emozionante, anche se non strattona e non vibra eccessivamente, dai 4mila il Testastretta si accende ed è un’altra storia. Forte dei 204 kg in ordine di marcia, la Hyper si fa addirittura più reattiva ed è pronta a rialzarsi nei cambi di direzione semplicemente giocando con l’apri e chiudi del gas, lasciando ai Nm di coppia il compito di divorare la strada e guadagnare rapidamente chilometri orari in accelerazione.Dai 4 ai 6.500 giri è un bel guidare. Poche vibrazioni sulle pedane, non percepite sul manubrio. Si frena morbido, complice un impianto Brembo con pinze monoblocco radiali e dischi da 320 mm flottanti e un ABS che non si fa mai sentire anche sull’asfalto freddo nelle zone d’ombra. Migliorabile il freno posteriore sotto tutti i punti di vista. Frena poco il disco da 245 mm, ma soprattutto ha il comando della leva troppo basso con una corsa lunga, troppo per avere la sensazione che dietro stia succedendo qualcosa.Ben altro succede giocando con le tre mappature che offrono differenti regolazioni pre impostate di ABS e Ducati Traction Control, e personalizzazioni per guidare sicuro. Si parte da “Urban” per arrivare a Sport, dove il carattere del bicilindrico si fa prepotente e deciso anche se salire troppo di giri non conviene. L’erogazione della potenza tende ad appiattirsi, l’allungo si spegne, emergono le vibrazioni che rendendo la guida meno confortevole.Respirare a pieni Termignoni. La SP è un capitolo a parte che merita di essere trattato come tale. La versione più accessoriata, parliamo di sospensioni e un’elettronica ancora più evoluta ci viene offerta come portata principale! Pneumatici Pirelli Diablo Supercorsa – di serie – terminale di scarico dedicato fanno il resto supportati da un palcoscenico perfetto. I 4.146 metri del circuito di Castellolì sono un piccolo trionfo di saliscendi, curve da percorrere in quarta e quinta marcia, staccate in discesa e rettilineo dove buttare la sesta e tenere il gas aperto per qualche secondo.La Hypermotard SP è un’altra moto. Dimenticatevi la Hypermotard 939. Le sospensioni più lunghe garantiscono maggiore luce a terra, la pompa radiale del freno anteriore una maggiore sensibilità in staccata, e il maggior feeling in piega è ovviamente merito delle gomme che “attaccano”. Ma il motore, con la scusa dello scarico, respira meglio si toglie tutti i fardelli omologativi e e mostra veramente di che pasta è fatto. Duemila giri e parte; 3mila e spinge, 4.000 l’anteriore punta il cielo.Meglio del Palio. I 113 cavalli sembrano aver fatto il pieno di energy drink. Imprimono un ritmo di guida impensabile con la standard. A moto piegata si cercano marce con stessa foga con cui divorerei un intero sacchetto di caramelle frizzanti dell’Haribo, al punto che nella chicane che anticipa la curva del traguardo il tachimetro indica sempre 200 km/h a moto piegata in quinta marcia.Emozioni genuine, che fanno da contraltare a una posizione di guida che ancora non convince nonostante il gusto che offre la SP nel divorare cordoli e curve. La sella piatta tiene lontano dal manubrio e non dà la possibilità di capire tutto quello che succede sotto la ruota anteriore che rimane distante e poco comunicativa: bisogna “fidarsi”. La forcella – ammorbidita nelle regolazioni – fa il possibile per dialogare, ma fatica a copiare l’asfalto del circuito spagnolo che è ondulato come un mare in burrasca; mi trovo spesso a tirare il manubrio per ritrovare una posizione avanzata innescando fastidiosi “sbacchettamenti”.Decisamente più appagante il comportamento del posteriore. La sospensione lavora e la ruota posteriore morde con decisione l’asfalto complice un traction control che se ha lavorato lo ha fatto nel più assoluto silenzio e un ABS configurato track che mi ha permesso anche qualche ingresso curva di traverso. Di fatto la SP mostra la vera anima di Ducati: pochi compromessi, un gusto sapido nella guida e belle emozioni ad un prezzo che, considerata la concorrenza è solo in parte giustificato.