Se i francesi non avessero inventato le motard, i modelli protagonisti di questa prova probabilmente non esisterebbero. Di moto con ruote da strada, propulsori ad alte prestazioni, sospensioni a lunga escursione e freni sportivi ne esistono da lustri, ma l’evoluzione della specie che ha portato praticamente all’estinzione delle motard così come sono nate, ha negli anni plasmato quelle che probabilmente sono le stradali più complete sul mercato. Complete perché quelle che oggi chiamiamo “crossover” (termine che sta a indicare qualcosa a cavallo tra più segmenti) e che hanno nella Yamaha TDM la “madrina”, riescono a racchiudere molte facce del gusto motociclistico. Moto stradali, dicevamo, perché a dispetto di mappature off road che lasciano intendere un utilizzo più “avventuroso”, sono e restano grandi moto da strada. Capaci di viaggiare con il comfort di una vera touring, di curvare con efficacia pari a quella delle naked, di garantire prestazioni degne di una sportiva, offrono un mix che è quasi imbattibile.Non c’è da stupirsi, quindi, che stazionino ai piani alti della classifica: in effetti riescono ad accontentare molti tipi di motociclisti, incarnando la new age di quelle che un tempo erano le sport touring stradali, segmento fortissimo negli anni passati e ora ridotto al lumicino proprio in favore di questi modelli.Come spesso accade ciascun produttore dà la propria interpretazione del segmento, proponendo motorizzazioni e soluzioni tecniche specifiche. Come nel caso delle protagoniste di questo Duel, che spaziano dai tre cilindri in linea 800 cc della MV Agusta Turismo Veloce al bicilindrico a L desmodromico 1.200 cc della Multistrada, passando per i 1.000 cc e i quattro cilindri in linea della BMW S 1000 XR. Tecnica molto differente per un risultato più vicino di quel che si possa pensare.Moto scariche, niente borse e una giornata di pura guida: questo il programma, con un passeggero e lungo itinerari che vanno da veloci autostrade a contorti percorsi di montagna, lasciando la calura insopportabile della città alla spalle per andare a respirare in altura. Una giornata intera in sella “no stop”, che ci ha permesso di sviscerare le caratteristiche di ciascuna moto. Una curiosità: motori differenti, serbatoi differenti ma la spia della riserva a fine giornata si è accesa nello stesso momento. Ecco come vanno le moto nel dettaglio. BMW S 1000 XR – 16.200 euro (prezzo moto in prova: 18.530 euro)Saliteci, avviate il motore e partite. Scoprirete come il mondo attorno a voi può diventare molto lento. Con la S 1000 XR, BMW ha portato tutta la rabbiosa sportività del progetto S 1000 su una moto con cui è bello anche viaggiare. Un abbinamento formidabile che sposa perfettamente il concetto di crossover. In effetti, come del resto vale anche per le altre due moto del servizio, questa BMW sa offrire un gusto e un’efficacia di guida da sportiva autentica. Bastano un paio di curve per rendersi conto di ciò che questa “turistica” è in grado di fare. BMW ha spinto forte sulle prestazioni: i cavalli sono gli stessi della Multistrad ma la sensazione e che sulla BMW ce ne siano molti di più. Il polso destro comanda tramite un Ride by Wire (tipologia di comando comune alle tre moto) molto a punto un motore eccezionale per potenza e spinta a tutti i regimi. Spinta aiutata dal cambio elettronico che funziona sia in salita sia in scalata, una specie di “droga” di cui dopo pochi chilometri non si riesce a fare a meno.Qualsiasi sia la mappatura scelta per il motore (tre a disposizione: Rain, Road e Dynamic, le ultime due full power). La “schiena” che i tecnici BMW sono riusciti a tirar fuori da questo quattro cilindri è eccezionale, così la S 1000 XR si regala bassi corposi – e un’elasticità esemplare visto che si esce dai tornanti in terza marcia con una fluidità impressionante -, medi più che robusti e un allungo da far accapponare la pelle. Delle tre è quella che paga di più in termini di agilità: normale, visto nelle travi del telaio lavora un quattro cilindri in linea (l’albero motore è il più largo di tutti). Dire, però, che la BMW è “pesante” da far voltare sarebbe un’eresia. Complice il manubrio molto largo la maneggevolezza resta di alto livello, e in compenso l’avantreno “scava” l’asfalto come poche altre moto del segmento, infondendo al rider un feeling che ne MV né Ducati (più agili) riescono a offrire.Il rigore direzionale resta immutato qualsiasi mappatura si decida di utilizzare per il sistema di sospensioni attive DDC (Dynamic Damping Control), tarato fondamentalmente sul rigido, fin troppo in certe situazioni, soprattutto il monoammortizzatore che tende a “scalciare” sulle asperità più accentuate, come se il sistema “chiudesse” con troppa solerzia l’idraulica alle alte velocità. Questa è uno dei pochi nei che abbiamo da segnalare sulla S 1000 XR: l’altro è costituito dalle vibrazioni che arrivano al manubrio dai 5.000 ai 7.000 giri, regime che in sesta coincide proprio con la velocità Codice autostradale. Ok, della sportività abbiamo detto, ma con i viaggi come se la cava? I 400 km che più misti non si può in una sola giornata certificano che con la S 1000 XR si viaggia eccome. Dopo essersela fatta passare di mano più volte nel corso della giornata, tre tester ne hanno gradito l’ergonomia giudicata la migliore del gruppo.L’animo sportivo si rivela anche nelle imbottiture delle selle, più rigide che morbide, tuttavia in questa (e in altre giornate passate interamente in sella) la BMW dimostra di essere un’instancabile passista anche per come riesce a non far stancare il suo pilota, che viaggia ben protetto dall’aria con il compatto ma efficace plexiglas (che abbiamo usato sempre nella posizione più bassa). Anche il passeggero – il fotografo ha fatto da tester su tutte le tre selle – la piazza al primo posto come comfort.Tema finiture: BMW non ha mai brillato e sulla S 1000 XR mancano certe ricercatezze presenti su Ducati e MV, come ad esempio il cruscotto TFT a colori connesso con lo smartphone o soluzioni di design particolari. Tutto sulla tedesca è un po’ più “grezzo” e non manca qualche caduta di stile come l’orrenda molla di richiamo del cavalletto centrale in bella vista. Però poi la guidi… e le perdoni tutto. Ducati Multistrada 1200 S Sport – 19.540 euroMai avremmo pensato di dire che una Ducati è più comoda di altre moto. Eppure nell’evoluzione della specie della crossover italiana è accaduta anche questa metamorfosi. L’ultima release della Multistrada (release è il termine esatto vista la quantità di elettronica che porta a bordo) ha effettivamente subito una metamorfosi, trasformandosi da motardona similturistica molto aggressiva in una moto che si presta effettivamente a un utilizzo più ampio. Il lavoro che i tecnici Ducati hanno riversato su quello che una volta era il burrascoso Testastretta è davvero encomiabile. Un lavoro che ha portato a un motore mai così trattabile ai bassi regimi, mai cosi bello da usare quando con la moto si vuole passeggiare e non correre, mai così gustoso quando si guida su una stretta strada di montagna e si vuole uscire da un tornante in un’unica soluzione e non a strappi.Non che si sia trasformata da leone a pecorella, intendiamoci: la cattiveria c’è ancora, ma è tutto più “spalmato”, smussato. Risultato ottenuto mixando tanta elettronica (con così tante scelte possibili tra Riding Mode, controlli e sospensioni da mettere in imbarazzo), con il sistema meccanico di variazione di fase delle valvole di aspirazione e scarico (DVT) che riesce effettivamente a cambiare il carattere del motore secondo il tipo di utilizzo che se ne vuole fare. Sistemi che insieme lavorano per dare alla nuova Multi tanti caratteri diversi, ma che a volte si prendono del tempo per trovare la quadra dell’erogazione che il rider sta cercando. Il risultato è una risposta un po’ “elastica” alle sollecitazioni del gas: la potenza non arriva sempre lineare, come se Ride by Wire, DVT e controlli elettronici impiegassero qualche istante per trovare il punto di incontro ideale.La sensazione, guidando la Multistrada fianco a fianco con la BMW che dichiara la stessa potenza ma la eroga in modo completamente diverso, è che il motore sia meno rabbioso e che i cavalli siano meno di quelli dichiarati. Una caratteristica questa della risposta al gas che avevamo riscontrato (e segnalato) già al press test e che abbiamo ritrovato anche sulla Multistrada S in prova, più evidente agli alti carichi (ossia quando si spalanca il gas a basso regime, magari con una marcia lunga) che quanto si viaggia a fil di gas, situazione quest’ultima che ora la Multistrada affronta decisamente meglio che in passato. Agilità e leggerezza erano e restano i punti di forza della Multistrada, che oggi propone anche una guida più “tonda” che in passato ma non meno rapida nell’azione. Quanto a inserimenti in curva la Multi se la gioca con la “piccola” MV: il manubrio larghissimo fa sì che sia possibile timonarla con un’efficacia notevole.Tra le curve la Ducati vola, richiedendo pochissimo lavoro di corpo; se la strada è particolarmente tortuosa si muove agile e sveltissima, confortata da sospensioni attive ottimamente regolate, capaci di essere comode o sostenute quando serve. Sul veloce (e intendiamo curvoni molto veloci), invece, l’avantreno sembra essere un po’ leggerino, non altrettanto rigoroso di quello di BMW e per certi versi nemmeno di MV. Lato comfort la Multi merita il punteggio massimo: la protezione dall’aria è eccellente, al pari di BMW; la sella del pilota riesce a fare anche meglio della tedesca (e di MV) e, anche se sembra un paradosso, una volta a regime autostradale il bicilindrico della Multi è quello che vibra meno in assoluto (anzi non vibra quasi niente), rendendo il viaggio decisamente piacevole. Però la frizione resta dura da azionare. Anche quella della BMW non è un burro, con una differenza: sulla S 1000 XR il quickshifter fa sì che della frizione ci si dimentichi una volta partiti; sulla Multistrada, invece, il quickshifter non c’era. MV Agusta Turismo Veloce – 15.990 euroLa Turismo Veloce svolge molto volentieri il ruolo di terza incomoda. Incomoda perché effettivamente questa moto è di difficile collocazione. Se si guarda a cilindrata e dimensioni, infatti, la MV Agusta andrebbe collocata tra le ottocento; se si prendono in considerazione prezzo, dotazioni e prestazioni ecco che la Turismo Veloce si trova molto a suo agio insieme alle altre protagoniste del nostro Duel, mostrando oltretutto una attenzione al dettaglio e un livello di ricercatezza che le altre possono solo avvicinare ma non eguagliare. Non lasciatevi ingannare dai numeri delle schede tecniche: la Turismo Veloce cede una cinquantina di cavalli alle altre due ma se BMW e Ducati mettono in gioco la potenza, la MV sfrutta la carta della leggerezza.Cavalli (in più) contro kg (in meno): l’equazione è più equilibrata di quello che si possa pensare. Sta di fatto che la Turismo Veloce è la sorpresa di questa prova, perché durante tutta la giornata chiunque l’abbia guidata non si è mai sentito in difetto rispetto alle altre due protagoniste su nessun tipo di percorso. I tecnici MV Agusta hanno fatto un gran lavoro su motore e ciclistica. Chi conosce il tre cilindri made in Varese e tutta la sua rabbia stenterà a riconoscerlo in questa configurazione meno potente ma estremamente “pastosa” e piacevolmente piena ai regimi medio bassi. Il risultato è un comportamento più da mille che da ottocento, complice anche il poco peso che il tre cilindri ha da portarsi dietro. La risposta al gas è decisa, il tiro ai bassi convincente e l’allungo da sportiva, con una velocità di punta di 240 orari indicati che non è molto inferiore a quella delle altre due protagoniste del servizio.Quando sali sulla Turismo Veloce scendendo da una delle altre due sembra una “motoretta”, tanto tutto è più piccolo e compatto. Il manubrio soprattutto, largo 2/3 di quelli di Multistrada e BMW, ha anche le estremità leggermente rivolte verso l’alto, una scelta quanto meno inconsueta. La Turismo Veloce è compattissima, ma il bello è che resta comunque abitabile: le selle sono ampie e ben conformate e anche viaggiando con il passeggero quest’ultimo non è troppo addosso al rider. Passeggero che tuttavia lamenta una sella fin troppo orizzontale, poco inclinata in avanti e che anzi in accelerazione dà la sensazione di lasciar cadere all’indietro. Lavoro eccellente sul motore, dicevamo: la Turismo Veloce è molto reattiva nel rispondere ai comandi del gas, le mappature sono azzeccate e il motore è aiutato dal cambio elettronico, che come sulla BMW funziona sia in salita sia in scalata e rende la guida gustosa oltre che efficace.Guida efficace confortata da una ciclistica molto a punto perché per la prima volta nella sua storia MV è riuscita a proporre sospensioni scorrevoli e al tempo stesso ben controllate, anche se, non essendo dotata di sospensioni attive (unica delle tre, sulle MV arriveranno a breve), la Turismo Veloce trasferisce parecchio i carichi. Unico intervento che ci siamo sentiti di effettuare è stato l’aumento di un paio di giri del precarico del monoammortizzatore (operazione comoda con il pomello sul lato destro) per evitare che la Turismo Veloce fosse fin troppo seduta sul retrotreno. Inarrivabile per agilità, la Turismo Veloce riesce a fare la differenza dove la strada si fa realmente tortuosa, tuttavia resta stabile e direzionale anche alla massima velocità: insomma se la gioca senza timori reverenziali con le sua concorrenti, fuori quota ma solo sulla carta. A livello di protezione dall’aria il risultato è buono, anche se le altre due in virtù di dimensioni più generose riescono a fare leggermente meglio. A non convincere del tutto è il controllo di trazione, meno preciso negli interventi di quello delle altre due protagoniste. In questo settore MV ha ancora un po’ di strada da fare.