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Kawasaki J300 vs motociclista

Sei (giorni) per uno (motociclista). Abbiamo sottoposto il Kawasaki J300 a un test un po’ speciale: il nuovo scooter di Akashi ha scorrazzato un motociclista che mai avrebbe pensato di acquistare uno scooter, per una settimana degna di un reality show. Sarà riuscito a convincerlo?

Kawasaki ha debuttato nel segmento scooter. E i sentimenti dell’appassionato popolo verde non sono stati esclusivamente positivi. Come sempre c’è chi giudica un “tradimento” uscire dal seminato, e tra i motociclisti che amano le moto Kawasaki, molti rimarcavano il fatto che, fino a pochi mesi fa, producesse con orgoglio solo ed esclusivamente motociclette. Eppure per una azienda come Kawasaki, che progetta e costruisce superpetroliere e treni veloci, quella dello scooter non rappresenta altro che l’ennesima sfida tecnologica. Una sfida che parla di mobilità urbana individuale e che è già un tassello fondamentale nel presente delle nostre città. La moto non basta, ci vuole (anche) altro: il J300 non è che il primo componente di una famiglia destinata ad aumentare. E poi, a dirla tutta, il mondo che cambia impone che si guardi in altri segmenti. Non sarebbero mai nati modelli come la Porsche Cayenne o la Ducati Diavel se le rispettive Case fossero rimaste fossilizzate sulla loro nicchia. Ma il punto è: usare uno scooter per un motociclista “vero” è davvero poco gratificante come si dice? Lo abbiamo provato sulla nostra pelle, offrendo per una settimana il Kawasaki J300 a un motociclista. Non un tester o un giornalista specializzato, ma un motociclista comune, che usa la moto 365 giorni l’anno e che, anzi, ne ha addirittura due, una motard per spostarsi in città e una maxi per muoversi fuori dalle mura urbane. A lui abbiamo affidato il nuovo scooter Kawasaki, chiedendogli di tenere un diario per una settimana, seguendolo negli spostamenti e cercando di capire le sensazioni e le impressioni di chi, motociclista da sempre, approccia un mondo a lui filosoficamente lontano come quello degli automatici. Giorno per giorno Mirko, il nostro tester per una settimana, terrà il diario, annotando quelli che per lui sono pregi e difetti del J300. Il diario si aggiornerà giorno per giorno. A lui la parola.GIORNO 1 – LUNEDÌDomenica ricevo una telefonata. Il nome che appare sul mio smartphone è quello di Stefano Cordara, rispondo con piacere e con altrettanto piacere ascolto la sua proposta. Io, motociclista da sempre, dovrò “testare” uno scooter.Accetto con entusiasmo, anche perché il modello che mi propone il “Corda” è il nuovissimo J300 della Kawasaki, nome, questo, che mi regala un piccolo tuffo al cuore e una spolverata ai ricordi. Anche io sono stato Kawasakista: anni fa guidavo con piacere e passione una Ninja 636 blu metallizzato e anche se non sono un pistaiolo le moto sportive le ho sempre amate. Avrò la fortuna di usare il Kawascooter tutta la settimana.Fortuna? Dopo aver salutato Stefano, l’esaltazione passa in fretta e i primi pensieri non sono particolarmente positivi. So che sono comodi, ma gli scooter non mi hanno mai attratto più di tanto, al punto che per muovermi in città (e per il mio lavoro lo faccio molto spesso) ho comprato un’altra moto, la mia amata DRZ400SM. Una “bicicletta” motorizzata, tanto è leggera e maneggevole nel traffico milanese, che però per questa settimana resterà parcheggiata nel box della redazione di RED.Ma tant’è, ormai ho accettato: non ho mai guidato uno scooterone in città e sono curioso di capire come si comporta anche fuori. Quindi questa mattina mi sono presentato puntuale dai ragazzi di RED, per parcheggiare la mia supermotard e iniziare la settimana in sella al J300 della Kawasaki. Di questo scooter avevo visto solo una foto di sfuggita e non mi era affatto dispiaciuto. Visto dal vivo, però, è tutta un’altra storia. Si presenta molto bene il J300, la linea è bella e filante. Le grafiche con gli inserimenti del classico verdone Kawasaki lo rendono molto racing. Mi ricordano parecchio i modelli da corsa, anzi per i puri potrei dire che richiamano le colorazioni delle Superbike!Qualche spiegazione, qualche raccomandazione di Stefano, qualche battuta… Come sempre ci scappa un “la prima in giù e tutte le altre in su?” e poi infilo giubbotto, casco e guanti e via in sella. Il serbatoio è pieno e ormai il traffico dell’ora di punta è un po’ scemato, quindi posso concentrarmi sulle sensazioni che provo con il repentino passaggio da moto a scooter. La prima cosa che noto è la sella estremamente comoda: quella del mio SM è stretta e dura, anche se qui mi sembra di stare un po’ rannicchiato e avere le ginocchia molto alte, ma penso sia più che altro questione di abitudine.Anche la sensazione che i piedi abbiano poca libertà di muoversi in avanti svanisce presto, anche perché vengo assorbito completamente dalla piacevole rotondità del motore. Da Rho per tornare in ufficio entro in tangenziale e la voglia di assaggiare le prestazioni del J300 prende il sopravvento. Non lo dite alla Polizia, ma un pochino il limite di velocità l’ho superato… Solo per provare il motore, lo giuro: in fin dei conti è il mio primo giorno di test! L’accelerazione è estremamente fluida e progressiva e ho raggiunto in un attimo i 130 km/h indicati. Lo scooter Kawa è stabile in velocità e, nonostante il parabrezza sia basso, offre una buona protezione dall’aria. In breve rientro in Milano città e mi fermo sotto l’ufficio. Per ora il test è finito… si riprende a lavorare sul serio!GIORNO 2 – MARTEDI’Ieri sono uscito tardi dall’ufficio e dopo aver slegato il J300 parcheggiato sotto la redazione “mi sono portato a casa”… Ero troppo stanco per pensare. L’ho chiuso in box e via a dormire. Questa mattina, uscendo di casa dopo aver aiutato mia moglie nella “colazione-lavaggio-vestizione” dei bambini, non ricordavo del cambio di mezzo, ma quando ho aperto il box sono rimasto di nuovo piacevolmente colpito dalla linea del Kawa.I due fari filanti che salgono alti verso l’esterno e il triangolo verde al centro mi ricordano una moto da strada e come dicevo ieri, le grafiche alternate bianche e verdi ricordano la colorazione racing della SBK. Uscendo dal box mi sono sentito molto più a mio agio rispetto a ieri, sia in sella sia in movimento. Esteticamente l’unica cosa che non mi convince molto è il doppio ammortizzatore posteriore… Sarà una reticenza da motociclista, ma il posteriore pulito mi piace molto di più. Ieri mattina, quando ho parcheggiato lo scooter sotto l’ufficio, senza pensarci ho portato il casco in redazione, lo faccio sempre, perché con la moto non ho un posto dove lasciarlo. Non ho pensato di sfruttare il sottosella che il J300 mi offre. Oggi me ne sono ricordato: dopo aver lavorato un po’ con la chiave sul blocchetto, dato che non ricordavo più come far scattare la sella, ho “comodamente” lasciato casco e guanti nel vano portaoggetti, una pratica per me totalmente inusuale visto che sono abituato ad avere sempre le mani piene. Tra l’altro non ho “parcheggiato” un caschetto qualsiasi, ma l’integrale che uso solitamente. Non avrei mai pensato che ci potesse stare. Invece si “incastra” perfettamente e oltretutto avanza pure posto. Sulla comodità del vano niente da dire davvero; inoltre trovo molto comodo il pistoncino che tiene sollevata la sella come il baule di un’auto. Che comodità salire in ufficio con solo lo zaino in spalla e tutte e due le mani “libere”!!GIORNO 3 MERCOLEDI’Oggi, sono uscito dal lavoro un po’ in anticipo rispetto al solito per partecipare a un evento. Ovviamente mi sono mosso con il J300, moto o scooter che sia, per girare in città, soprattutto in una città come Milano, le due ruote sono estremamente comode. A essere sincero però, inizio a sentire la differenza (in positivo) tra la moto “classica” e lo scooter, soprattutto per come lo sto utilizzando in questi giorni. Stento a crederlo da solo, ma mi sto convincendo che non dover cambiare marcia ogni attimo è estremamente comodo oltre che utile… se mi sentissero i vecchi amici del motoclub… GIORNO 4 GIOVEDìGiornata bella piena anche quella odierna. In pausa pranzo sono andato al lavaggio a dare una ripulita al J300, che sinceramente mi sorprende. Pensavo che per affrontare il traffico ci volesse uno scooter piccolo, in realtà considerando la maneggevolezza che dimostra in mezzo alle auto in colonna, il J300 sembra molto più compatto di quello che è, l’angolo di sterzo è esagerato il baricentro basso, la maneggevolezza incredibile e non mi fa rimpiangere la mia motardina… Sembra compatto, quindi, ma credo però che lo stesso effetto non lo sortisca verso moscerini e zanzare, loro devono vederlo gigante… perché ho fatto una vera strage!Aveva proprio bisogno di una lavata, e poi questa sera avevo appuntamento con un’amica per un aperitivo, non potevo presentarmi con il Kawa in quelle condizioni. Quando sono arrivato sotto casa sua, l’ho trovata in strada che chiacchierava con un amico comune, al quale ho dovuto raccontare per filo e per segno tutte le sensazioni che avevo finora provato guidando il nuovo J300 di Kawasaki.Lui ha uno scooter che usa per lavoro e del quale non è per nulla soddisfatto. Ha visto il Kawascooter e, mi ha fatto, letteralmente, il terzo grado. Alla fine del racconto, sembravo un perfetto venditore… sono quasi certo di averlo convinto ad acquistarlo, data la lista di pregi che ho elencato durante la spiegazione. Tutte le volte che ci penso, oltretutto, sorrido da solo. Se mai qualcuno mi avessero detto che un giorno, avrei preferito lo scooter alla moto, l’avrei preso per pazzo.

GIORNO 5 VENERDÌIl venerdì è la giornata dedicata a una “sosta” in palestra. Normalmente, quando guido il mio Suzuki DRZ400SM, devo far stare tutto l’abbigliamento che uso per l’attività fisica e il computer nello zaino o in un borsone che devo portare a tracolla. Con il J300, invece, posso usare il vano sotto sella per il borsone, così da poter portare a spalle lo zaino con il portatile.

Inutile dire che in questo lo scooter segna un punto fondamentale rispetto alla moto. Anche perché, tra accappatoio, scarpe e cambio vario, la borsa risulta veramente voluminosa e muoversi tra le auto diventa difficoltoso.Il borsone di solito scivola su un fianco e si rischia di agganciarsi allo specchietto retrovisore di qualche macchina in fila. Vero, esistono i bauletti ma, per me una moto con il bauletto è come l’auto con il portapacchi, inguardabile. Lo scooter invece riesce ad essere capiente senza elementi aggiuntivi. Insomma, il ”portatutto” sotto la sella lo trovo veramente utile. Una volta parcheggiato lo scooter, tolgo la borsa, metto al suo posto il casco e via a faticare in palestra come un criceto sulla ruota. Mentre sudo e fatico inizio anche a trarre qualche conclusione. Ho fatto qualche km ormai con il J300 e lo sento un po’ mio, l’agilità resta la sua miglior dote, ma mi piacciono anche i freni potenti e con comandi molto modulabili. Soprattutto apprezzo l’impianto ABS che non ho sulle mie moto e che in un paio di occasioni in città (dove con il traffico che c’è una frenata brusca al giorno non te la toglie nessuno) mi ha fatto capire tutta la sua utilità. E poi ha entrambe le leve regolabili, roba che nemmeno certe mie moto del passato potevano vantare. Ho una cosa da segnalare: quando ci si avvicina alla riserva l’indicatore del carburante sul cruscotto non è così preciso (oscilla tra le due tacche e la riserva…)Uscito dalla palestra rinfilo la borsa al posto del casco e poi via verso casa. Domani è l’ultimo giorno che avrò a disposizione il nuovo J300 di Kawasaki e, compatibilmente con gli impegni familiari, vorrei svegliarmi presto e fare qualche cosa di speciale per chiudere questa settimana da tester.GIORNO 6 SABATODevo confessarlo, sono un po’ dispiaciuto. Questa sera sono tornato in redazione per riconsegnare il J300 nelle mani di Stefano. Con la scusa dell’ultimo giorno in sella… oggi ho fatto un giretto “lungo”. Sono prima passato dal benzinaio perché volevo riportare lo scooter come me l’avevano consegnato, e quindi con il pieno o quasi. Ed ecco qui un’altra nota piacevole e da non sottovalutare. Il motore è scattante ai semafori, fluido e veloce nei tratti di tangenziale e consuma veramente poco. Dopo una settimana di scorribande in giro per le vie meneghine, l’indicatore della benzina non era sceso nemmeno a metà serbatoio. Il consumo è sicuramente un punto a favore di questo scooter, l’altro è il comfort che riesce ad offrire che è davvero degno della prima classe.Pian piano ci ho preso la mano, mi sono abituato alle reazioni delle ruote piccole e mi sono messo a guidarlo anche in modo un po’ più sportivo, scoprendo che, in effetti, uno scooter come il J300 non sarà una moto, ma non è nemmeno un semplice mezzo di trasporto come potrebbe essere l’automobile. Con le dovute differenze rispetto a quella della moto, la guida dello scooter è comunque attiva e divertente. Insomma un mezzo come il J300 non si limita a “portarti in giro” da un punto A a un punto B ma ti ci porta senza toglierti il sorriso. Non ho molta esperienza in merito ma penso che alla fine la formula degli scooter da 300 cc sia il compromesso perfetto per chi come me si sposta in moto tutti i giorni in città ma affronta spesso anche strade a scorrimento veloce come le tangenziali. Nel Kawasaki J300 ho trovato prestazioni più che sufficienti una velocità massima che non mi aspettavo, freni ottimi per potenza e gestione e una praticità che con la moto mi sogno. Certo se ti fai prendere troppo la mano su qualche curvone oscilla un po’, ma per il resto la dinamica di guida mi ha sorpreso.E’ vero non ho mai pensato allo scooter, ma dopo averci vissuto per una settimana credo che quando pensionerò la mia motardina potrei davvero prendere in considerazione un mezzo come questo Kawasaki.Nel mio girovagare, ho toccato un po’ tutti i punti di Milano. Praticamente ho fatto il turista in scooter. So che sembra un controsenso, ma, girando senza l’assillo di dover andare in ufficio, o con il pensiero di arrivare in ritardo a qualche appuntamento, sono passato nelle zone di Milano nelle quali giro spesso, ma che normalmente non osservo. Il Duomo, i Navigli, la zona vicino a Corso Como, mi sono letteralmente goduto sia la città, sia soprattutto il J300 della Kawasaki che si è rivelato un ottimo alleato in tutti i contesti, compreso l’odiato pavé e i tanto temuti binari del tram. Insomma è stato un lento e prolungato addio o forse solo un arrivederci.

 

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