Ora la famiglia è al completo. La piccola Scrambler 400 affianca la sorella da 800 cc (declinata in sei versioni) e si propone come oggetto dei desideri della nuova generazione di urban rider. Lo fa grazie a un look e a uno spirito che si ispirano al mondo della street culture e della pop art, che proprio negli Anni 60 stava dilagando negli States e che, anche allora, influenzò Ducati nella realizzazione di quelle motociclette che avrebbero dato vita a una stirpe gloriosa. Il risultato del lavoro svolto a Borgo Panigale è un mix di storia, tradizione, avanguardia e lifestyle. Già divenuto un brand a sé nel marchio Ducati, Scrambler grazie alla nuova Sixty2 si sdoppia e crea una nuova identità. Il suo nome è un tributo all’anno di nascita della prima Scrambler e le quattro stelline sul serbatoio, icona della cultura old school del Motocross e del Bmx, simboleggiano i 400 cc di cubatura del suo motore. A proposito di serbatoio, è realizzato in acciaio (è lo stesso della Flat Track Pro) e richiama il materiale in cui sono ricavati il telaio e il forcellone, all’insegna della essenzialità e della veracità, due delle caratteristiche che raccontano il progetto insieme a stile, qualità e immediatezza.La base dell’ultima arrivata è quella della Scrambler 800, ma il bicilindrico Desmo ha in questo caso una cilindrata di 399 cc ed è capace di erogare 41 cv di potenza a 8.750 giri e 34,3 Nm di coppia a 7.750 giri, numeri ai vertici del segmento. Il 400 è un motore storico per Ducati e quello della Sixty2 è un’unità completamente nuova, che mantiene la peculiarità della distribuzione desmodromica ma sfrutta un unico corpo farfallato da 50 mm per rendere ancora più fluida l’erogazione. Cambia anche lo scarico, che ha un giro dei tubi completamente differente rispetto a quello della Scrambler 800, per lasciare ancora più in vista il bicilindrico Ducati.La ciclistica riprende quella della sorella maggiore, a cambiare sono la forcella (qui con steli tradizionali da 41 mm invece che rovesciati ed escursione di 150 mm), il forcellone (in acciaio anziché in lega), l’impianto frenante (pinza assiale e non radiale, con disco da 320 mm invece che da 330) e la sezione della Pirelli MT60 posteriore, che da 180/55 passa a 160/60. A caratterizzare l’identità della Sixty2 sono anche i gruppi ottici full LED (i medesimi – belli – della 800), il silenziatore con cover nero opaco, gli specchietti tondi, il portatarga alto e i cerchi in stile flat track con razze in lega incrociate… Una chicca, che sottolinea la cura nella realizzazione e l’attenzione al dettaglio, sono tutti i rimandi al modello originario come il design del tappo del sarbatoio (con la scritta “born free-1962”), le modanature sotto la sella e la chiave, che una volta inserita nel blocchetto di accensione sul supporto del proiettore, richiama il vecchio commutatore luci.Anche il capitolo accessori è ispirato dalla stessa filosofia. Quasi ottanta (per la maggior parte abbinabili anche alla 800), sono belli e ricercati. Dalle manopole logate, al porta skate, ai comandi regolabili, alle borse super cool, ai caschi by Bell, per arrivare addirittura alle Blundstone personalizzate, cosa mai successa negli 80 anni di storia del marchio australiano…La conclusione? L’operazione Sixty2 non solo è riuscita (e nel Drive vi daremo altre motivazioni) ma ha anche dimostrato che Ducati è riuscita a trovare la sua pietra filosofale, quella che permette di trasformare l’essenziale in Premium. Una Barcellona dal traffico straordinariamente congestionato e dall’asfalto inusualmente umido e scivoloso è stata il banco di prova della nuova Scrambler Sixty2. Se, per un verso, questa poteva essere una condizione azzeccata per valutare una motocicletta dalla forte connotazione di commuter, d’altro canto poteva rischiare di non svelarne il lato del carattere più gustoso e divertente… Per fortuna, però, la prima pioggia catalana dopo cento giorni di sole a un certo punto ha cessato di cadere e così il mitico Beppe Gualini (nostro capogita) ha deciso di regalarci una ventina di chilometri fuori città, salendo prima la strada che porta al Mirador e poi snocciolando le curve di un percorso poco trafficato e tutto da guidare.Se imbottigliati nel traffico avevo apprezzato il motore per la sua erogazione quasi da scooter, lineare e dolce, quando il ritmo è salito e le pieghe si sono accentuate, ecco uscire l’altro volto della Sixty2. Ai 5.000 giri arriva una prima spinta, seguita circa duemila giri più in alto da un’altra progressione, senza mai perdere in gestibilità. Anche spalancando il gas da centro curva, infatti, la risposta non è brusca e la potenza arriva con gradualità. La ciclistica è in perfetta sintonia con il motore e le sue caratteristiche. Il telaio e le sospensioni, con forcella, a steli tradizionali, riescono a offrire buona maneggevolezza e il giusto comfort quando si ha a che fare con pavé, tombini e rotaie, ma non pagano pegno quando gli si chiede sostegno e rigore. La scramblerina è precisa e gustosa, rapida nei cambi e, soprattutto, sempre prevedibile. Non ci si trova mai spiazzati e anche chi è meno smaliziato non si troverà in imbarazzo. La posizione in sella aiuta molto nella sua gestione: la seduta è bassa e permette di appoggiare entrambi i piedi a terra, il manubrio largo e con una piega che favorisce una postura rilassata ma sempre in controllo, sia fra le auto sia fra le curve. E l’idea che ci si fa leggendo le quote del telaio (le medesime della 800) è confermata sull’asfalto: i 24° del cannotto e i 112 mm di avancorsa conferiscono agilità, mentre l’interasse di 1.460 mm garantisce stabilità e precisione.Se la sorella maggiore Scrambler 800 (vai alla prova di RED) è stata pensata per un pubblico adulto che cerca nella motocicletta un mezzo e un’occasione di evasione, la Sixty2 ammicca invece ai giovani e alla loro voglia di divertimento. Alle ragazze, a chi si avvicina per la prima volta alla moto e vuole feeling immediato, a chi vive l’evoluzione delle città, della cultura e dello stile. A chi è disposto a staccare un cospicuo assegno per potersi sedere su una nuova icona pop…