RIDE
Il percorso del test racchiudeva tutte le condizioni d’uso, per dimostrare la versatilità della nuova CB1000R Black Edition. La partenza nel cuore di Roma, sul Gianicolo con vista della cupola di San Pietro, prometteva il duro impatto con il traffico cittadino della capitale, traffico che le limitazioni per la pandemia hanno mitigato impercettibilmente. Abbiamo percorso il raccordo per la A24, un tratto di autostrada e poi tante, tantissime strade statali e provinciali, inoltrandoci nei territori verdi e semi deserti dell’Abruzzo occidentale. La posizione di guida ha tutto per facilitare l’approccio: pedane sportive ma non troppo alte, sella comoda e ben conformata, manubrio della larghezza giusta. Manca, e si capisce al volo, la benché minima protezione dall’aria, che già a 130 km/h costringe a opporre resistenza, ma è il prezzo da pagare a un design che non concede nulla al superfluo. In autostrada si notano i rapporti sono tendenzialmente corti, compresa la sesta marcia, a beneficio della ripresa ma a scapito dei consumi e delle vibrazioni, ben avvertibili sulle pedane già a 5500 giri/min e in aumento man mano che ci si avvicina alla zona rossa.
Facile da subito
I primi chilometri evidenziano la buona maneggevolezza generale, il peso contenuto – 214 kg dichiarati con il pieno di benzina, cioè nelle condizioni d’utilizzo ideali -, l’erogazione molto lineare del quattro cilindri in linea. Colpisce piacevolmente la combinazione dei comandi al manubrio e della strumentazione con pannello TFT a colori: tutti i tasti e i deviatori sono a portata di dito, e persino muoversi tra le voci del menu di configurazione del cruscotto è operazione accessibile. Peccato per la leva della frizione, che a differenza di quella del freno anteriore non è regolabile nella distanza dalla manopola.
Meglio sul veloce
Passano i chilometri e cambia il contesto, siamo tra le curve dei nastri d’asfalto (consunto) che attraversano le montagne tra Lazio e Abruzzo. Nel misto stretto la CB1000R Black Edition si districa bene, senza eccellere: è intuitiva, questo sì, ma richiede un pizzico di impegno in ingresso di curva, diventando più efficace se si carica l’avantreno con una posizione in sella più sportiva. Una “tattica” che aiuta a far lavorare meglio la Showa BPF, forcella che tende sempre a restare un po’ alta e su strada non aiuta a chiudere le curve strette. Situazione rilevata anche su altre moto con la stessa forcella. Dotata di primo equipaggiamento degli pneumatici Michelin Road 5, appena mollati i freni in ingresso curva evidenzia un leggero sottosterzo, che fa perdere un po’ di confidenza e rende meno immediata e facile la guida. Difficile capire se questa tendenza dipenda dalle gomme o dalla moto. Va detto però che la Honda CB1000R guadagna molti punti quando i raggi di curva aumentano. Sui curvoni veloci la naked Honda sorprende per stabilità, percorrenza e ritmo, permettendo di tenere medie davvero sorprendenti e certamente illegali… Sul veloce viene facile snocciolare le marce una dietro l’altra, trovandosi subito in sesta, per poi dimenticare tutto e godere appieno dell’elasticità del motore quattro cilindri e di una ciclistica indubbiamente a punto. In quelle condizioni il pilota può dedicarsi esclusivamente alla ricerca della migliore traiettoria e del massimo piacere di guida.
Sa andare forte
Per chi volesse tirare le marce e guidare in modo aggressivo va detto che il quadricilindrico Honda non si tira indietro, regalando una sonorità di scarico decisamente aggressiva. Superati i 7.000 giri di strumento la progressione diventa rabbiosa e coinvolgente, da vera sportiva. Meno affine all’approccio estremo è la ciclistica, che per i più sportivi potrebbe comunque essere ottimizzata grazie all’intervento sulle sospensioni, che in configurazione standard vantano un piacevole equilibrio tra efficacia e comfort. Durante i quasi 300 chilometri di test, però, ho avuto l’impressione che la dinamica di guida più affine alle caratteristiche della CB1000R Black Edition sia quella che punta sulla fluidità di guida, sulla scorrevolezza, su raggi di curva ampi e su cambiate rilassate, senza eccessi.
Per chi?
Inquadrare la Honda CB1000RR Black Edition è difficile: non è una hypernaked, non tanto per le prestazioni quanto per l’impostazione meno estrema. Non è una modern classic, sia per stile sia per potenza. E in questo allestimento particolarmente curato costa più di altre naked giapponesi, con il rischio di una penalizzazione sui numeri di vendita. Eppure i contenuti tecnici sono di primo livello, fatta eccezione per l’assenza della piattaforma inerziale, una scelta coerente con l’impostazione funzionalista giapponese che non aggiunge nulla di (relativamente) superfluo. La qualità costruttiva è alta, superiore alla gran parte della concorrenza, ed è davvero difficile trovare punti critici sul fronte delle finiture. Questa è una Honda di primma classe, al vertice per stile, design e qualità dei materiali. Il rischio è che resti “schiacciata” tra le costose hypernaked, sempre più riservate a quelli che una volta venivano definiti “smanettoni”, e i modelli giapponesi ed europei che affollano i segmenti contigui, con proposte in numerosi casi più “classiche” e molto spesso più economiche. Si spiega così il ritocco al listino, 500 euro in meno per il modello 2021, che potrebbero dare una motivazione in più a chi questa moto la vorrebbe in garage ma è spaventato dal prezzo.