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Suzuki celebra i 70 anni della Power Free, la sua prima moto

Era il giugno del 1952 quando la casa di Hamamatsu fece il suo ingresso nel mondo delle ruote con una bicicletta motorizzata. Ripercorriamo la sua storia, con qualche aneddoto.

Suzuki festeggia in questi giorni il 70° anniversario del suo debutto nel mondo delle due ruote. Il suo primo mezzo a motore, una bicicletta motorizzata chiamata Power Free, fu infatti lanciato sul mercato giapponese proprio nel giugno del 1952. In un’epoca di grande fermento e di rapide evoluzioni, la vita commerciale della Power Free fu molto breve, ma il suo valore simbolico è enorme: è con lei che è iniziato il cammino che ha portato Suzuki a essere quello che è oggi. E la sua curiosa storia merita senza dubbio di essere raccontata, partendo da lontano.Suzuki Power Free 1952

Questione di… stoffa

Un’esigenza da soddisfare e un’intuizione geniale che risolve il problema in modo vincente. I momenti chiave della storia di Suzuki sono legati a uno scenario del genere, anche la stessa nascita di Suzuki come azienda. Per migliorare le condizioni di vita di sua madre, che lavorava come tessitrice, Michio Suzuki inventò infatti nel 1909 un innovativo telaio capace di lavorare le stoffe in modo unico, più rapido e preciso, e che ebbe un successo enorme. Suzuki si specializzò così nella costrizione di telai per la tessitura, un’attività che crebbe in modo esponenziale fino alla seconda guerra mondiale. Dopo il conflitto, ci fu tuttavia una crisi del settore tessile e Suzuki iniziò a valutare l’ingresso in altri settori.

Tutto merito del vento

Il forte desiderio di mobilità da parte della popolazione giapponese portò nella fase post-bellica al fiorire di numerose fabbriche di biciclette a motore. Basti pensare che nella sola area di Hamamatsu c’erano circa trenta diversi costruttori di questi mezzi. A spingere Suzuki a buttarsi a sua volta in questo mercato fu il Direttore di allora, Shinzo Suzuki, stufo di tornare a casa pedalando – spesso controvento – dopo essere andato a pesca. Studiata per bene la concorrenza, nella seconda metà del 1951 Shinzo ebbe un’idea geniale: introdurre un sistema capace di disaccoppiare il motore dai pedali. Grazie ad esso sarebbe stato possibile usare la bici in modo normale a motore spento e utilizzare poi la stessa catena per applicare la forza del motore alla ruota.

Una gestazione molto rapida

Grazie all’esperienza maturata dai tecnici con i telai tessili, il passaggio dalla progettazione allo sviluppo di quella che sarebbe diventata la Power Free fu breve. Già nel gennaio del 1952 iniziarono i test del primo prototipo, battezzato Atom e dotato di un motore da 30 cc. La sua potenza, pari a soli 0,2 cv, apparve però subito troppo limitata. Il 3 di marzo scese quindi in strada un secondo prototipo, questa volta spinto dal motore definitivo, un monocilindrico da 36 cc con una potenza massima di 1 cv a 4.000 giri. Shinzo e lo stesso fondatore, Michio Suzuki, parteciparono alle prove per verificare di persona il comfort e la praticità. Sulla base anche delle loro indicazioni furono fatte tutte modifiche del caso. Il modello di serie fu quindi deliberato il 12 aprile. Per avviare in fretta la produzione, Suzuki scelse di impiegare vari fornitori esterni e di costruire internamente solo il motore e  i componenti che gli gravitavano attorno.

Un’accoglienza calorosa

La Power Free montò subito il meccanismo a doppia corona del buon Shinzo, che le permetteva di muoversi sia come bicicletta muscolare sia come mezzo a motore. Suzuki depositò il brevetto della meccanica, che aveva anche a un esclusivo sistema di trasmissione a due rapporti dotato di frizione multidisco a bagno d’olio. Questi accorgimenti permettevano alla Power Free di surclassare la concorrenza per prestazioni e facilità di guida. Un gruppo di 10 Power Free partecipò l’ 1 maggio alla parata del Festival di Hamamatsu, scatenando grande curiosità. Il 5 giugno la Power Free fu invece esposta in uno stand di fronte alla Camera di Commercio e dell’Industria sempre ad Hamamatsu, dove il pubblico poté per la prima volta anche acquistare e prenotare il mezzo. L’operazione si ripeté una decina di giorni più tardi a Tokyo e anche in quella occasione l’accoglienza del pubblico fu molto calorosa.

Una vera meteora

La Power Free sarebbe diventata sicura protagonista della motorizzazione di massa del Giappone, ma la sua carriera fu incredibilmente breve. Con l’aggiornamento del Codice della Strada dell’agosto del 1952 si aprirono nuovi scenari per motori di maggior cubatura, più prestanti e resistenti. La Power Free rimase in produzione ancora per qualche tempo, nell’ombra però della Diamond Free da 60 cc del 1953. Fu lei a raccogliere quanto seminato dalla Power Free: le sue vendite si attestarono inizialmente attorno ai 4.000 esemplari al mese per poi raggiungere quota 6.000 grazie all’eco del suo trionfo nella prima gara in salita disputata sul Monte Fuji, sempre nel 1953.

 

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